Con Spriggan, Netflix continua l’opera di riesumazione nostalgica anche in ambito anime
priggan è il nuovo adattamento anime di un manga pubblicato dal 1989 fino al 1996 prodotto da Netflix e realizzato da uno degli studi di animazione più prolifici dei nostri tempi: David Production. Si tratta di un anime degno di nota? Secondo me e senza girarci troppo attorno, pur con qualche riserva, la risposta è sì. Nonostante le evidenti differenze, gli amanti di Metal Gear Solid noteranno delle piacevoli similitudini tra i due prodotti, si passa da reference palesissime come il personaggio di Fatman e la sua omonima controparte in Metal Gear Solid 2, molto vicina ad esso anche in termini di design, a tutto il contesto fatto di riferimenti alla guerra fredda e operazioni belliche tra nazioni ed agenzie militari che si muovono all’insegna di cospirazioni e misteriose ricerche fanta-scientifiche.
Abbiamo anche l’agente speciale protagonista indiscusso delle vicende, se proprio dobbiamo elencare tutte le vaghe vibes con l’opera di Kojima, che come detto non dispiacciono, ma finiscono qui. Anche perché parlando di protagonisti, troviamo già il primo disappunto: i personaggi non sono sviscerati un granché, né godono di chissà quale caratterizzazione, a cominciare dallo stesso Yu Ominae, invero a mio parere sin troppo giovane per essere totalmente credibile nel suo ruolo di super soldato dal cervello fine e dai riflessi levigati da una lunghissima esperienza sui campi di battaglia.
Ma si sa che soprattutto negli anni ’90 andava di moda mettere gli adolescenti sotto i riflettori sempre e comunque, ergo questo ci teniamo. Non è in fondo un gran problema. D’altro canto i meriti di Spriggan sono altri. Il format della serie è curioso ma secondo me, se devo dirvi la verità, azzeccato. Sono puntate da 45 minuti che raccontano storie verticali autoconclusive che si traducono in missioni impossibili per il nostro ragazzo soldato dotato di tuta cybernetica in grado di amplificare le capacità muscolari, struttura narrativa che poi di fondo aveva anche il manga. Ebbene, per me il minutaggio generoso degli episodi riesce a dare respiro e tridimensionalità a questi racconti autonomi, al di là di quanto possano essere interlocutori nel grande arazzo narrativo. Inoltre l’azione prende piede subito e si è scelto di approfondire il background dei personaggi quando vengono introdotti in maniera non invasiva ma con qualche breve riferimento qua e là durante la progressione della storia che non perde mai il focus su quello che effettivamente racconta l’episodio, che di conseguenza ha ampio spazio per svilupparsi in modo articolato.
Non sono mai stato grande fan delle serie anime verticali probabilmente proprio perché spesso gli episodi durano 25 minuti e non riescono ad esprimere un arco narrativo completo che lascia realmente soddisfatti. Almeno per i miei gusti. Questo format e questo ritmo invece, devo dire che fanno un gran bene a Spriggan. Anche perché diciamocelo, il word building che vede fazioni provenienti da tutto il mondo, contendersi artefatti, reliquie e tecnologie spesso avanzatissime ma provenienti da un misterioso mondo antico, è abbastanza affascinante, come è interessante la commistione tra elementi fantascientifici e fantasy, in cui convivono e si scontrano entità mistiche, robotiche, licantropi, e chi più ne ha più ne metta. Sì, per certi versi è un po’ un “mappazzone” immaginifico che non sempre dà una sensazione di coerenza interna così solida, ma in fin dei conti permette anche parecchia varietà e imprevedibilità nelle atmosfere e nelle minacce con cui lo Spriggan Yu Ominae dovrà vedersela.
Chiaramente, in background è accennata anche la linea narrativa orizzontale della storia, che chiama in causa l’ambiguità morale di tutte le parti che si scontrano tra loro, non delineando mai nettamente la differenza tra buoni e cattivi, nemmeno quando si tratta della stessa agenzia per cui lavora lo Spriggan, l’Arcam. Questa nota misteriosa può sicuramente rendere intrigante il futuro della serie, ma è anche vero che rende un po’ inconsistente il pathos delle battaglie giacché è difficile avere un gran trasporto nei riguardi delle varie pedine in campo e del protagonista che gode di una plot armor abbastanza evidente, la quale raramente ci permette di temere per il suo destino.
Ma parliamo del comparto tecnico. Devo dire che lo stile grafico è discreto ma non eccezionale. Si fa un gran uso della Computer Grafica, che io normalmente, salvo rarissimi casi in cui non sia in qualche modo funzionale all’estetica del prodotto, come in Hi-Score Girl, detesto abbastanza. In fondo, basta dare un’occhiata velocissima al film animato del 1998 di Spriggan per rendersi conto di come la tecnica di animazione tradizionale sia tutt’ora insuperabile in termini di plasticità, dinamismo ed espressività del tratto. Dovendo scendere a patti quindi con una “evoluzione” stilistica che a mio dire, farà bene al processo produttivo dell’opera ma è un passo indietro dal punto di vista qualitativo, consoliamoci con il fatto che Spriggan la utilizzi in maniera quantomeno non distruttiva. Gli inserti 3D sono ben amalgamati con i disegni classici che fortunatamente rimangono tali almeno nelle scene più statiche, e la colorazione applicata ai modelli riesce tutto sommato a miscelare gli elementi bidimensionali e tridimensionali egregiamente, anche se ci sono elementi nella serie come il Berserk della quarta puntata, che invece stonano parecchio. Le scene d’azione, che nella serie sono prevedibilmente tantissime, sono gestite con una regia abbastanza standard ma sicuramente bella dinamica, in fondo uno dei pochi reali valori aggiunti della computer grafica è quello di poter ruotare intorno alle coreografie in maniera disinvolta, ed è giusto a questo punto che venga sfruttato.
Per chi ama combattimenti a base di piombo, mazzate, e un discreto quantitativo di violenza, Spriggan è divertente. Al momento non c’è tutta sta sostanza dietro la superficie, e quest’ultima è discreta ma si ferma lì. Si può dire che il più grande merito di Spriggan è quello effettivamente di non darti il tempo di interrogarti troppo su queste cose con una narrazione concisa e un ritmo bello sostenuto. Insomma, io l’ho trovato un anime con delle buone idee, realizzato con un piglio un po’ ingenuo, ma comunque decisamente intrattenente. C’è di meglio, ma c’è anche molto, molto di peggio. Io di sicuro, sono uno di quelli che non mancherà all’appuntamento con la seconda eventuale stagione.