Dopo aver visto Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, abbiamo potuto scambiare quattro chiacchiere con l’attore protagonista dell’opera, Timothée Chalamet, per altro candidato all’Oscar per questa mirabile interpretazione.
Nella meravigliosa cornice dell’Hotel De Russie di Roma, a due passi da Piazza del Popolo, l’attore ci ha svelato alcuni interessanti aspetti riguardanti il film e la sua performance.
Guadagnino ha detto che Chiamami col tuo nome è sostanzialmente un film dedicato alle famiglie, e per certi versi, estremizzando, è un’opera un po’ sul canone disneyano, volendo in questo modo affermare che ha rappresentato un contesto familiare in cui si cerca di migliorarsi a vicenda. Sei d’accordo con questa definizione?
Beh, di certo in questa affermazione c’è del vero. A me, comunque, sopra ogni altra cosa mi ha attirato l’idea di lavorare con Luca Guadagnino. È raro alla mia età partecipare a film del genere da protagonista, e lo è ancora di più avere a che fare con registi di questo calibro. Ciò che ha detto Luca sulla famiglia è importante, ed io in quanto attore avevo il compito di rendere giustizia al ruolo ed essere il più veritiero possibile. Il libro ha avuto enorme successo in tutto il mondo, quindi questo passo per me era fondamentale.
Non è un film che affronta soltanto la scoperta dell’omosessualità, ma anche della sessualità in generale, e c’è molta carnalità. Come ti sei approcciato a tutto questo?
Sì, sono d’accordo con questa analisi.
Devo dire che per me il discorso del padre, verso la fine del film, è una chiave di lettura per come affrontare l’amore e ci indica come dovremmo rapportarci al nostro istinto. Qualche giorno fa parlavo con un regista proprio di quel passaggio del film, e lui mi ha detto che invece, a suo modo di vedere, in quel frangente il padre parla del dolore, e ripensandoci devo ammettere che probabilmente aveva ragione. Ho ritrovato la copia del libro che comprai 5 anni fa, e indovina un po’? Avevo sottolineato proprio il passaggio del discorso del padre di Elio. È di sicuro il momento più toccante di tutta l’opera.
Aver lavorato su una storia così forte e particolare, ti ha arricchito nel tuo rapporto con l’amore?
La cosa che mi fa un po’ sorridere, quando ripenso a me e il mio personaggio, è che non ricordo di aver avuto mai una storia d’amore così intensa e con tutte queste tappe. Per me questa esperienza ha significato il cercare di andare oltre, anche come attore. Non è un amore gay, etero o un amore per le pesche (sorride n.d.R.): è totalizzante. Ci permette di esprimere il senso vero che dovrebbe avere l’amore, al di là delle definizioni e dei confini. Se siamo in grado di andare oltre tutto questo, siamo liberi.
Il nostro dovere è quello di impegnarci a fondo nei confronti dell’amore e della sofferenza.
Che cosa si prova ad essere candidato agli Oscar?
Ancora non riesco a crederci. Stamattina al risveglio non ero sicuro fosse vero, ma devo dire che sono fiero di me stesso, e questo per un giovane è un grande incoraggiamento, è un segnale importante che ti fa capire che quella che hai intrapreso probabilmente è la strada giusta. So bene come ci si possa sentire quando si sbaglia un provino, e siccome nella carriera di un artista ci sono alti e bassi, ora la mia responsabilità è quella di godere di questo piacevolissimo momento.