Il metodo Castello e Pipolo: i due storici registi della commedia italiana ci hanno consegnato “capolavori” cult come Grand Hotel Excelsior e Grandi Magazzini
astellano e Pipolo, al secolo Franco Castellano e Giuseppe Moccia, sono stati una storica coppia di registi italiani, che ci hanno consegnato negli anni una serie di fantastici cult della commedia nostrana, attuando un sodalizio con alcuni stori attori, tra tutti Adriano Celentano.
I due cineasti si conobbero nella seconda metà degli anni cinquanta nella redazione del Marc’Aurelio, noto giornale satirico dell’epoca. Proprio qui, in quello stesso giornale che vide formarsi registi come Federico Fellini ed Ettore Scola, Castellano e Pipolo si ritrovarono a disegnare vignette umoristiche, stringendo dapprima una grande amicizia e poi uno storico sodalizio professionale destinato a durare oltre 40 anni, che li vide affermarsi pian piano, a partire dalla fine degli anni ’50 e poi all’inizio dei ’60, dapprima nella sceneggiatura, firmando gli script di alcune pellicole memorabili come i film di Giorgio Simonelli ma soprattutto alcuni con Totò, ad esempio Tototruffa 62 o Totò, Fabrizi e giovani d’oggi, per poi farsi largo già dal ’64 anche nella regia.
L’esordio dietro la macchina da presa avvenne nel ’64 con l’esperimento I marziani hanno 12 mani, una stravagante commedia satirico-fantascientifica con Panelli tra i protagonisti, ma dopo di questo – pur proseguendo le attività di sceneggiatura – si presero una lunga pausa per la regia, di ben 14 anni, che permise loro tuttavia di attuare pian piano uno stile tutto loro, con ulteriori tentativi come Zio Adolfo in arte Führer o Sabato, domenica e venerdì, prima di arrivare ad affermarsi definitivamente con Mani di velluto e soprattutto con Il bisbetico domato. Fu in questi anni che iniziò peraltro il già menzionato sodalizio con Celentano, presente da quel momento in poi in quasi tutti i loro film da registi.
Dopo aver messo in cantiere altri cult come Innamorato pazzo e Asso, i due tentano una nuova strada, quella della commedia corale, con Grand Hotel Excelsior, nel 1982.
L’esperimento funziona a meraviglia, perché al netto di un cast vasto e di spessore, in cui figurano – oltre al solito Celentano, anche Enrico Montesano, Diego Abatantuono, Carlo Verdone, Eleonora Giorgi e numerosi altri, è il luogo il vero protagonista, silenzioso ma imponente.
All’interno dell’hotel prende vita il racconto incrociato della vita e delle avventura vissute dai protagonisti, che spesso si influenzano l’un l’altro, portando a colpi di scena (si fa per dire, chiaramente) e gag spassose, coadiuvate dalla bravura dei componesti del cast artistico.
C’è il bislacco e burbero direttore dell’hotel, Taddeus, impersonato da Celentano, che riprende caratterialmente un po’ alcuni suoi vecchi e iconici personaggi, quale ad esempio l’Elia de Il bisbetico domato; poi c’è Egidio, il cameriere interpretato da Montesano, che fa credere alla propria figlioletta di essere un ricco uomo d’affari e che l’hotel per lui è un alloggio, non un luogo di lavoro; e poi ancora Abatantuono che veste i panni del Mago di Segrate, che sembra dotato di poteri paranormali, e molti altri.
Questo mix tra la coralità di un gruppo eterogeneo e la staticità di un racconto che avviene quasi tutto nello stesso luogo, crea una miscela vincente, che potremmo davvero definire come il metodo Castellano e Pipolo, infatti ripreso quattro anni dopo (1986) nel film Grandi Magazzini: un’altra pellicola che ha fatto la storia della commedia italiana.
A differenza di un hotel, ambientare la storia e le (dis)avventure di un cospicuo gruppo di personaggi in un contesto come i grandi magazzini è più complesso, data la vastità di location che un posto del genere può vantare, ma è al contempo più stimolante.
Inoltre, il concetto di “Grandi magazzini” è perfettamente emblematico degli anni ’80, trattandosi di uno dei luoghi chiave di quell’epoca e simbolo del benessere.
Riguardarlo adesso, lascia un velo di malinconia che copre un po’ il senso di comicità di cui è pervaso il film. Ma al di là di questo, il metodo Castellano e Pipolo qui trova davvero un completamento, anche grazie al solito cast di spessore che sebbene veda l’assenza del fedele Celentano, ritrova nuovamente Montesano, oltre a nuovi innesti importanti, come Christian De Sica, Massimo Ciavarro, Paolo Panelli, Heather Parisi, Ornella Muti, Alessandro Haber, Lino Banfi, Renato Pozzetto, Paolo Villaggio, Massimo Boldi e tanti altri, ma soprattutto… la partecipazione speciale di Nino Manfredi.
La filmografia dei due registi prosegue poi con film un po’ diversi, alcuni potremmo definirli anche di “nicchia”, come Mia moglie è una bestia o Occhio alla perestrojka, ma purtroppo l’asse Castellano-Pipolo si interruppe per la morte di Franco Castellano nel 1999.
Il sodalizio tra i due ci ha però consegnato film che tante generazioni non scorderanno mai, e soprattutto un metodo rodato e impeccabile, che tuttavia in pochi hanno saputo imitare.