Un tuffo nella storia di The Binding of Isaac
In attesa dell’arrivo della nuova (e probabilmente ultima) espansione dedicata, abbiamo deciso di esaminare la storia di The Binding of Isaac un po’ più da vicino nel tentativo di districare il gomitolo di ipotesi e interpretazioni che lo circondano.
Ovvero, scandagliare il tessuto narrativo per risalirne la storia e cercare di illuminare gli angoli bui per acciuffare gli indizi, parziali e lacunosi, di una lore affascinante quanto libera da vincoli di significato. O, per meglio dire, aperta a molteplici forme di significazione.
Una trama dalla premessa semplice, ma che, come vedremo, non manca di portare avanti una specie di indagine multidisciplinare intorno all’essere umano e al suo rapporto con il mondo.
Presupposto ciò, sconsigliamo la lettura a chi vuole evitare qualsivoglia spoiler.
Per iniziare: Il sacrificio di Isacco
L’incipit narrativo della storia di The Binding of Isaac sembra prendere le mosse da quanto scritto da Erich Auerbach nel capitolo d’apertura del famosissimo (e importantissimo) saggio Mimesis: Il realismo nella letteratura occidentale.
Il filologo tedesco, infatti, nel presentare l’episodio del sacrificio di Isacco mette in evidenza una serie di ellissi e asciuttezze dal punto di vista stilistico che ben si accordano con quanto la creatura di McMillen decide di fare. Anche qui, come nel racconto biblico da cui si ispira, sono quasi nulle le informazioni che ci vengono fornite: quello che sappiamo è che Isaac è un bambino che vive insieme a sua madre (di cui non conosciamo il nome) in una piccola casa sopra una collina chissà dove.
La loro è una esistenza semplice ma felice: Isaac trascorre le sue giornate come farebbe qualsiasi bambino, giocando e disegnando, mentre la madre si gode il canale cristiano davanti la tv.
Questa situazione di tranquillità perdura fino al giorno in cui una voce (a quanto pare appartenente proprio a Dio) si rivolge alla madre affermando che suo figlio è un peccatore e necessita di essere salvato dal male che lo sta corrompendo.
Da qui una serie di richieste da soddisfare come prova della propria fede: nel primo caso, la voce chiede alla donna di togliere tutto il male che c’è in Isaac e per questo viene privato di tutti i giocattoli e spogliato dei vestiti; nel secondo, la voce afferma che il bambino deve essere salvato dal male del mondo e in risposta viene chiuso a chiave nella sua stanza ormai vuota; l’ultima richiesta, seguendo un climax ascendente, è la più terrificante: la voce, come ultimo atto di devozione, chiede alla donna il sacrificio di Isaac.
Il bambino, grazie a una fessura sulla porta, assiste alla scena. Intimorito dalla visione della madre che brandisce un coltello e che corre da lui, cerca di nascondersi. In preda al panico nota un botola nascosta sotto al tappeto: la apre e ci si tuffa dentro senza pensarci due volte.
Un cambio di inquadratura ci permette di vedere il vero Isaac che raccoglie da terra un foglio di carta su cui è stata disegnata la scena appena descritta (così come tutte le precedenti di questa introduzione), per poi trasformare la stessa pagina nel menù di gioco.
La storia di The Binding of Isaac: cosa sta veramente succedendo a Isaac?
L’introduzione alla storia di The Binding of Isaac, nella sua essenzialità e povertà di contenuti, ci permette in realtà di ricavare un’informazione dirimente per l’ingresso e la spiegazione della lore di gioco. Ovvero, di fissare che quello che abbiamo visto potrebbe non essere mai accaduto, ma essere, invece, lo sfogo dell’immaginazione e della fantasia di Isaac.
Isaac si presenta, dunque, come un narratore inaffidabile creatore di un piano finzionale come interpretazione alternativa di una realtà forse troppo difficile da accettare e comprendere fino in fondo. Il gioco, in effetti, nei brevi ma significativi momenti narrativi, mette di proposito a confronto scene riconducibili alla “vera” realtà con quelle proprie della dimensione del racconto come a voler sottolineare questo inganno mentale. L’Isaac-narratore-autore, in poche parole, opera una riscrittura del reale che trasforma la madre in un mostro, che tace molte cose sul suo passato e che lo costringe a scappare per trovare rifugio da un destino di morte.
Un cammino tutto interiore che, sfruttando l’espediente della botola come punto di accesso simbolico a un mondo sotterraneo, non solo ne giustifica la struttura ludica (la serie di dungeon procedurali che dovremo affrontare livello dopo livello) e ne esplode le scelte estetiche (stanze colme di creature e materiale cropolalico e riferimenti religiosi), ma arriva a porsi come corrispettivo virtuale di un luogo tutto fisico come quello della cesta dei giocattoli. Perché è lì, al suo interno, che Isaac si è realmente nascosto: uno spazio familiare in cui allontanare il reale, isolarsi e lasciare libero sfogo all’immaginazione creativa.
Uno stratagemma che potrebbe risultare normale: usare l’arte e la fantasia come strumenti positivi da contrapporre alla solitudine e all’instabilità emotiva. Tuttavia, andando in profondità, ecco fuoriuscire le storture e le devianze che, nella storia di The Binding of Isaac, stanno mettendo lo stesso Isaac in grave pericolo.
Perché è possibile che Isaac, un bambino fragile e solitario, abbandonato dal padre, bullizzato, con l’ombra di un fratello o di una sorella prematuramente scomparsi (forse è per questo che ha familiarità con le malattie e i medicinali), una madre persa nel fanatismo religioso (da qui spiegato l’immaginario ebraico/cristiano che pervade il titolo e ne costituisce l’ossatura mitologica di riferimento), si è lasciato influenzare negativamente sviluppando una qualche forma di tendenza paranoide unita a un fortissimo senso di colpa e ad allucinazioni.
Isaac, arrivato a sentirsi colpevole per la condizione della propria famiglia, ha letteralizzato dei comportamenti del tutto normali (come la tristezza materna, semplici rimproveri e le parole delle sacre scritture) dandogli dei significati ambigui e sinistri e ha deciso di autoproclamarsi capro espiatorio e vittima sacrificale. Poiché corpo e spirito corrotto da un non meglio precisato male, è giunto a desiderare l’odio della madre nei suoi confronti e la necessità di essere punito per i propri peccati. Da qui, la realizzazione di un percorso di espiazione (o di condanna secondo le diverse speculazioni) che lo porterà ad affrontare i propri nemici e a camminare all’interno della propria madre: un vero ritorno all’utero in una condizione pre-natale e quindi in assenza di peccato.
Se questo è ciò che Isaac immagina, smarrito nell’instabilità dei suoi pensieri e dei suoi deliri, quello che sta vivendo presenta un contraltare meno affascinante ma altrettanto inquietante e fatale: nella realtà, chiuso nella cesta, in compagnia del cadavere del suo amato gatto Guppy, sta soffocando in attesa di morire asfissiato senza che la madre (che nel frattempo lo crede fuggito di casa, come due dei finali indicano) riesca a trovarlo in tempo per riuscire a salvarlo.
La storia di The Binding of Isaac: i tanti Isaac e le sue nemesi
Una delle caratteristiche più amate del gioco è sempre stata la possibilità, fin dalla primissima versione del 2011, di utilizzare altri personaggi al di fuori di Isaac – DLC dopo DLC siamo arrivati a quindici in totale. Analizzarli ci permetterà di aggiungere ulteriore carne al fuoco in termini di lore.
Partiamo dal principio: ogni personaggio rappresenta una personalità di Isaac (una delle teorie vuole che Isaac sia affetto da disforia di genere e/o da disturbo dissociativo dell’identità, come uno dei finali sembra suggerire), che ne incarna un peccato o una qualche forma di rinascita in chiave positiva:almeno da un punto di vista metaforico, perché sappiamo benissimo quale sarà il suo fato.
Fra i più significativi, all’interno della storia di The Binding of Isaac, troviamo: Magdalene, chiaro riferimento a Maria Maddalena, è Isaac con indosso una parrucca – alcuni credono che si tratti della sorella scomparsa di Isaac fonte di gelosia e una delle cause della sua follia a seguito della sua morte per annegamento, forse proprio a causa del fratello; Cain, anche qui un personaggio biblico, primo assassino della storia; Judas, traditore per eccellenza; ???, rinominato come Blue Baby, ovvero l’innominabile corpo di Isaac morto per asfissia che si mostra allo stesso in uno dei finali suscitandogli terrore; Eve/Eva, su cui non c’è tanto da aggiungere; Azazel, figura che assume il ruolo dell’esemplare capro espiatorio, lo stesso titolo che Isaac si attribuisce come incarnazione del peccato; Eden, personaggio che richiama il Giardino dell’Eden e uno dei pochi che si presenta, almeno nella finzione simbolica, con delle fattezze simil angeliche; Apollyon, letteralmente “il distruttore”, personaggio del Nuovo Testamento che nasce con due cuori e l’oggetto “Void”, attraverso cui possiamo distruggere e assorbire gli oggetti trovati: probabile deflagrazione del concetto di colpa e visione di sé come centro gravitazionale delle disgrazie familiari; e The Lost e The Forgotten, caratterizzati dall’assenza di cuori rossi o dall’impossibilità di possederne di ulteriori, possono rappresentare, a seconda delle varie interpretazioni, l’anima perduta di Isaac e/o la “voce di Dio”.
Ulteriore strumento di questa narrativa indiretta, importante per fare chiarezza fra le varie suggestioni che il gioco ci propone, lo troviamo nei boss finali: dai simbolici quanto psicologicamente espliciti, Mom, Mom’s Heart, It Lives, ??? e lo stesso Isaac; alle immancabili icone religiose come Satan, Mega Satan e The Lamb (in un emblematico rovesciamento in chiave anti-salvifica: un’ulteriore spia dell’interpretazione personale e deformante di Isaac nei confronti di un giudice morale e spirituale che elargisce sentenze capitali); per arrivare a deformità come il didascalico Delirium e Hush, il cui design e colore possono raffigurare il momento del soffocamento come una sorta di monito/avvertimento per la coscienza di Isaac: per qualcun altro, invece, indicherebbero una qualche forma tumorale o un evento silenziato poiché troppo doloroso, che si collegherebbe alla perdita dell’ipotetico figlio/figlia: ulteriore colpa attribuita da Isaac a se stesso.
Quale futuro per Isaac?
McMillen ha più volte affermato di provenire da una famiglia disfunzionale, composta da ex alcolisti e dipendenti dalle droghe, rinati sotto l’egida di un’ossessiva e ortodossa vicinanza alla fede.
La storia di The Binding of Isaac, potrebbe essere letta, allora, come l’intromissione del proprio vissuto biografico in una storia di finzione con lo scopo di raccontare i disagi e i problemi nel vivere in un contesto umano degenerato; o dell’immaginazione come veicolo di fuga dal perturbante e dall’incomprensibile, ma anche dei pericoli che un distacco e un’immersione totalizzante nei mondi immaginari possano comportare: il reale, con il suo portato esistenziale e significativo, invade ogni interstizio e reclama un confronto. Pena lo smarrimento.
McMillen, in aggiunta, getta uno sguardo intelligente intorno alle religioni sì come un’isotopia del peccato e del dolore, senza però lasciarsi andare a una lettura superficiale e dicotomica; attribuendogli, invece, la funzione di un immenso pozzo di storie e strane figure orrorifiche, il cui effetto sulla psiche dipende anche dalla qualità del filtro intellettuale utilizzato (cosa impensabile per un bambino come Isaac).
In attesa di Repentance, in ritardo causa Covid-19, possiamo concludere affermando che quella che vi abbiamo appena descritto è una delle tante possibili interpretazioni che possiamo dare alla storia di The Binding of Isaac, al suo non racconto e alle informazioni disseminate al suo interno. Detto ciò, qualunque punto di vista si voglia utilizzare, il viaggio di Isaac non sarà comunque a lieto fine e nessun ariete verrà sacrificato al suo posto.
Non male per un gioco pieno di cacche. Vero?