Nell’epoca dei meme e della critica superficiale, spesso si sorvola su quello che potrebbe sorprendere
e c’è una cosa che mi ha annoiato abbastanza in fretta negli ultimi tempi, è il meme su Chaos relativo a Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin. Non tanto perché condanno l’ironia su una scrittura dei dialoghi che definirei…pigra, per usare un eufemismo, ma piuttosto perché questo meme, consolidato e legittimato in qualche modo da altri problemi nel titolo che saltano subito all’occhio, ha totalmente offuscato qualunque altra analisi sull’ultima fatica di Team Ninja, come se tutto sommato non ci fosse molto altro da dire a riguardo. E allora, tagliamo la testa al toro sulle ovvietà, sì, Stranger of Paradise è pessimo sia sul lato narrativo che grafico. Di difetti ce ne sono tanti andando nello specifico dei due settori: il tono del gioco pare cercare un compromesso tra il serio e il faceto alla Devil May Cry, ma fallisce miseramente. Il protagonista vorrebbe essere un bad ass alla Kratos, ma insomma, se vuoi fare una cosa del genere devi avere lo stile di un Asura’s Wrath, devi avere una messa in scena alla God of War appunto. E invece Jack è moscio e banale anche nel suo essere prepotente.
L’estetica del gioco è impalpabile a livello di design, ha evidenti problemi cromatici con ambientazioni troppo scure, o troppo luminose, e con colori saturi spesso fastidiosissimi. Le aree da visitare sono così anonime e ridondanti che molte volte ci si perde solo perché non si riesce a distinguere una zona dall’altra. Si potrebbe andare avanti molto a lungo criticando Stranger of Paradise, eppure vi assicuro che dietro tutto questo, c’è anche un grande gameplay, timidamente chiacchierato in sordina in forum e social tra i giocatori che hanno voluto scavare un po’ oltre la poco lusinghiera superficie, ma totalmente annichilito dalla molto più rumorosa “shitstorm” generale causata e amplificata in gran parte anche dal pesante nome che porta: Final Fantasy.
Sì perché la community di super appassionati del brand ha talvolta un’idea idealizzata e distorta della sua saga preferita: viene associata spesso a grandissimi valori produttivi in termini di grafica e narrativa perché i migliori capitoli principali ci hanno abituato bene, ma la verità è che per Square Enix Final Fantasy è prima di tutto un marchio da vendere e uno dei franchise che più ha sposato la causa del marketing tra tutti quelli più celebri, senza guardare troppo in faccia all’integrità degli stilemi della serie che i fan si aspettano, e non so quanti giochi come Final Fantasy VII The First Soldier, Advent Children, Chocobo Racing, Final Fantasy X-2 devono uscire ancora perché lo capiscano.
Quindi è così sconvolgente che un action GDR tamarro porti il nome Fina Fantasy nel 2022? Per me assolutamente no. Quindi mettendo da parte questo e i meme, cosa si nasconde dietro la superficie di Stranger of Paradise? Beh, uno degli action più belli degli ultimi tempi se si considera il puro gameplay, tra l’altro nemmeno così tanto decontestualizzato dall’ambito “GDRistico” che appartiene alle origini della saga. Perché declinare la versatilità ruolistica e strategica ad una formula super action che dia valore a reattività ed esecuzione, è puro appannaggio di Team Ninja ad oggi, e lo ha dimostrato ampiamente con i due Nioh, di cui questo Stranger of Paradise riprende la macro struttura per darcene una versione che potremmo definire “lite”.
Questo perché più ancora che nella serie sugli yokai -e ad anni luce di distanza dall’approccio di FromSoftware– in cui la build costruita ha una progressione lenta e ragionata, Stranger of Paradise propone una crescita veloce e costante del vostro personaggio. Non ci sono punti esperienza persi o da recuperare, bastano una manciata di missioni per completare tutto lo skill-tree di una classe. E quante ce ne sono è veramente sorprendente. Stiamo parlando di 8 classi base, come assassino, cavaliere, lottatore, mago; 10 classe avanzate e altre dieci per esperti. È vero che alcune di queste sono in qualche misura varianti di altre con qualche differenza, ma è altrettanto vero che a conti fatti parliamo di 28 playstyle diversi, e scusate se è poco! Se poi dovessi stare a considerare come le stesse siano a loro volta malleabili e personalizzabili tra equipaggiamenti, tecniche ausiliarie e addirittura possibilità di modificare manualmente le abilità nelle nostre combo in perfetto stile God Hand, ne potremmo parlare fino a domani. Ma la cosa importante è che questa quasi eccessiva complessità contenutistica si sposa con scelte di combat design che riguardano le meccaniche base del gioco, che lo rendono non arzigogolato ma bensì sempre divertente e piuttosto intuitivo.
E parliamo dell’eliminazione della classica stamina o vigore, del recupero -sempre più importante negli action di questo genere- di un elemento come la postura o equilibrio che dir si voglia (a cui lo stesso team Ninja aveva già riservato un ruolo importante nell’economia di gioco in Nioh2) e di una ripostulazione veramente interessante della dinamica del parry. Più permissiva, semplice da eseguire ma direttamente correlata ad una fetta fondamentale del moveset visto che è indispensabile eseguirla per avere abbastanza punti mana necessari alle abilità speciali. Stranger of Paradise vuole farti cambiare stile di frequente, vuole farti sperimentare con le classi e scoprire sinergie tra di esse. Non si rimane piantati sulle scelte iniziali per tutta la run, si può riformulare il ritmo e le dinamiche del gioco all’infinito e grazie ad un’ottima armonia tra tutte le componenti del combat system, difficilmente ci si stancherà di questa giostra tra schiaffi e switch tra una moltitudine di diversi jobs.
Vorrei parlare velocemente anche del fattore sfida: diversamente da molti altri giochi dell’ultimo decennio e oltre, che trovo totalmente sviliti nell’anima dal livello difficoltà normal, come ad esempio il buon vecchio Ninja Gaiden 3 che se non si saliva di difficoltà poteva essere totalmente frainteso e interpretato come un titolo a base di puro button mashing, in Stranger of Paradise trovo che un giro alla difficoltà standard non sia cosi sbagliato, perché permette volendo di vivere un’esperienza più snella ed arcade, ma comunque divertente.
Non ci si deve così ammorbare nella gestione ed ottimizzazione attentissima dell’equipaggiamento derivante dalla solita tonnellata di loot ereditata da Nioh: si cerca un equilibrio più o meno sensato tra livello dell’armatura e affinità della stessa con la propria classe senza pensarci troppo e ci si butta nella mischia. I compagni aiutano molto, è vero, ma una run più “rilassata” e meno frustrante a questo gioco, da neofiti, ha molto più senso che in casi analoghi perché risulta propedeutica all’inevitabile scalata al livello di difficoltà maggiore in una seconda partita e all’end game. Il motivo è presto detto, anzi ridetto: si può, anzi si deve SPERIMENTARE. Ci sono così tante diverse tecniche e classi da masterare, così tante variabili con cui prendere la mano, che fa bene alla fruizione del titolo, per una volta, avere modo di assimilarle senza troppi fastidi. E lo fa come detto grazie ad una progressione del personaggio che avviene in modo concreto e serrato oltre che appunto, grazie ad un selettore della difficoltà più che gradito.
Attenzione, ovviamente tutto questo ha senso se aumentate la sfida una volta finita la vostra partita a Normal, altrimenti significa fermarsi quando comincia il bello, soprattutto se siete fan dell’elemento RNG legato al loot ,che quando è sostenuto da una componente ludica che acchiappa, crea sempre una bella e soddisfacente assuefazione. Un gioco ripetitivo e sterile dal punto di vista stilistico deve compensare con tantissima ciccia di gameplay e profondità infinita per salvarsi dall’oblio e per fortuna Stranger of Paradise lo fa. Credetemi anche io l’ho guardato molto storto sulle prime questo prodotto, però la diffidenza si è trasformata in breve in tanta voglia di giocarlo ancora e ancora ad ogni sessione, oltre che in delusione perché le brutture sviliscono un titolo che poteva essere davvero una perla se curato sotto tutti i fronti.
Chiaramente non voglio ridimensionare quello che non funziona in questo gioco: da guardare è un pugno in un occhio, la storia è una supercazzola che scricchiola da tutte le parti, ma se amate gli action fatti bene, vi intriga l’idea di una declinazione così cafona ma anche super entusiasmante dei classici jobs di Final Fantasy, siete disposti a mettere da parte i pregiudizi e chiudere un occhio su questi aspetti… Beh allora chi se ne frega della grafica, chi se ne frega della storia, chi se ne frega del nome Final Fantasy e di Chaos. Stranger of Paradise si rivolge al videogiocatore che vuole divertirsi con solida sostanza ludica piuttosto che con un meme. Detto questo ognuno ha le sue priorità, sapete solo voi che peso dare ad ogni caratteristica di un’opera secondo i vostri gusti. Assicuratevi però semplicemente di conoscerle tutti prima di sentenziare inamovibilmente la bocciatura di un prodotto.