Cosa definiamo arte e cosa no? Un problema che con lo sviluppo di media non tradizionali è diventato sempre più grande, controverso ed importante.
Se state leggendo questo articolo ci sono direi ottime possibilità che siate anche voi appassionati di tutte quelle nuove forme di espressione artistica e/o di intrattenimento quali videogiochi, fumetti, animazione ed affini. Tralasciando film e serie TV, che ormai da tempo sono sdoganati come prodotti dalla affermata valenza artistica anche e soprattutto a livello sociale, è probabile che anche voi vi siate ritrovati più di una volta a dover convincere qualcuno della profondità o del valore di ciò di cui siete appassionati, arrivando magari perfino a discutere animatamente, per non dire litigare, pur di difendere la dignità del fumetto, ad esempio. In effetti il problema di cosa si possa definire arte e cosa no è tutt’altro che banale ed è senz’altro reso ancora più fumoso e confuso a causa dei molti pregiudizi e superficialità quando lo si applica a tutti quei media tipici della pop culture di cui Stay Nerd si occupa. Può un videogioco essere considerato arte? Se sì in tutti i casi o solo in alcuni? Un fumetto può essere paragonato ad un libro come valenza culturale?
TABULA RASA
Partiamo con una cosa che può risultare banale e che cionondimeno è spesso ignorata. Il problema è prima di tutto sociale, nel senso che prima che qualcosa sia universalmente riconosciuto come prodotto artistico deve passare del tempo affinché questo venga, in un certo senso, normalizzato come tale. Un esempio chiaro e noto a tutti è senz’altro quello musicale: il jazz, il rock, il metal, il rap sono tutti accomunati dal fatto che alla loro nascita “non erano considerati vera musica” né dalla gran parte del pubblico, né da molti colleghi. Sfido invece chiunque a dire oggi che il jazz non sia vera musica. Questo discorso si applica a qualsiasi nuova forma artistica o, stando più sul generico, culturale. La lettura di fumetti, i videogiochi, l’animazione in genere sono stati per anni associati o all’intrattenimento per bambini o a roba da asociali e disadattati, se non addirittura incolpati di istigare alla violenza o in generale di portare sulla “cattiva strada”. Insomma non hanno mai goduto di ottima luce a livello sociale e solo ultimamente si stanno lentamente e non senza fatica affermando come hobby come tanti altri. Esiste ancora, inoltre, una certa resistenza nell’affermare che un videogioco possa essere definito arte nel vero senso del termine, qualunque esso sia, resistenza che è eredità di quell’idea di videogioco come prodotto per ragazzini e quindi non degno dell’altisonante titolo di opera d’arte (tralasciando il fatto che un prodotto può essere arte a discapito dell’età di coloro per cui è pensato). Quindi ancora prima di entrare nel merito dei prodotti in sé, prima di giungere ad una conclusione è necessario liberarsi di tutti questi veri e propri pregiudizi che aleggiano attorno ai prodotti della pop culture per valutarli per quello che sono e non per quello a cui sono associati.
IL MERITO: QUALITÁ, PRODUZIONE DI MASSA ED INTRATTENIMENTO.
Un altro punto che può essere oggetto della discussione è la natura della produzione di videogiochi e fumetti, che sì avrete capito essere un po’ il focus dell’articolo anche se il discorso vale in generale, sia a livello commerciale, in quanto produzioni di massa destinate ad un pubblico molto ampio e con una richiesta altissima, sia a livello di finalità, poiché destinati perlopiù all’intrattenimento del consumatore. Il mercato videoludico, con la sua altissima richiesta ed il suo pubblico enorme, o ancora meglio la folle produzione di manga in Giappone, serrata all’inverosimile, sono esempi lampanti ed innegabili di come spesso in questo genere di contesti si possa facilmente sacrificare la qualità in favore di una produzione più celere o per assecondare una certa moda, portando anche ad una standardizzazione dei prodotti. In ogni caso non si tratta di un problema del medium in sé quanto del mercato a cui appartiene, autori sia nel mondo dei videogiochi, che in quello dei fumetti o dell’animazione, sia indipendenti che non, che portano nel mercato prodotti di qualità, magari anche osando e prendendosi dei rischi, ce ne sono sempre stati e ce ne saranno sempre, perché per moltissimi autori, prima che di merci, si tratta di modi per esprimere se stessi, le proprie idee ed il proprio talento, che è secondo me il cuore del tutto il discorso.
E anche questo è indubbio, basta giocare un Metal Gear Solid, leggere un fumetto di Takehiko Inoue o Frank Miller o vedere un film di Satoshi Kon per rendersi conto di come certe opere appartenenti al mondo nerd possano essere complesse, profonde e realizzate con cura. E seppur vero che la maggior parte di queste produzioni, videogiochi in particolare per ovvi motivi, nasca con l’intento di divertire e che quindi magari molti di questi non cerchino di andare oltre al “semplice” intrattenimento, ciò non esclude a priori in nessun modo la possibilità di trovare qualcosa che effettivamente si spinga aldilà di questo, ancora una volta basta provare per credere.
IL NOCCIOLO DEL DISCORSO
Affrontati questi punti un po’ a contorno del vero problema, ma che resta comunque di vitale importanza chiarire, ritengo che in realtà la risposta sia piuttosto semplice. Non importa che si tratti di libri, film, fumetti, musica o altro, ciò che conta alla fine sono le persone che stanno dietro le produzioni: un genio, che si esprima attraverso un mezzo piuttosto che un altro, rimarrà sempre tale e il modo in cui trova più congeniale esprimersi, per quanto importantissimo nel processo di comunicazione, non deve sminuirne le capacità in virtù di questo elitarismo che si vuole costruire attorno alla parola arte. E attenzione non sto dicendo che ogni videogioco o film d’animazione sia un’opera d’arte, non bisogna neanche commettere l’errore opposto, semplicemente ritengo che ogni forma di espressione debba stare alle stesse regole delle altre, senza sciocchi pregiudizi a tapparci gli occhi e le orecchie. Così come non tutti i quadri sono arte, nemmeno tutti i videogiochi lo sono. Ancora una volta, si tratta di un’affermazione banale ma che spesso a livello sociale sembra non venga applicata a tutti i media.
Bisognerebbe dunque tenere sempre la mente aperta, non abbandonando mai una sana vena critica, per quanto possibile, così da non cedere al fascino di ogni novità e allo stesso tempo da non precludersi nessuna possibilità in campo artistico a priori. Perché d’altronde è solo un danno a noi stessi lasciarsi scappare delle opere così belle come si possono trovare tra i videogiochi, i fumetti, l’animazione, i film solo per dei preconcetti o per paura di essere giudicati dagli altri.