Non è il tie-in di Point Break (e noi non siamo Keanu Reeves)
Il surf è uno di quegli sport che vivono, oltre che dell’effettivo valore dell’attività stessa, anche dell’immagine che ci siamo fatti di esso, e tutti lo pensiamo praticato in un ambiente dove il sole splende sempre, con i ragazzi che surfano in Australia tutti alti, belli e muscolosi (possibilmente anche coi capelli biondi e lunghi) e gli squali che non fanno quasi cento attacchi in un anno, sei di essi letali.
Per fortuna poi ci siamo noi spaparanzati sul divano, col ventilatore puntato in faccia a soffrire per questo caldo che attanaglia il nostro bel paese e a cercare refrigerio nel gioco più fresco dell’estate: SURF World Series.
In realtà questo gioco mi ha dato la stessa sensazione che mi diede all’epoca Table Tennis di Rockstar, dove uno sviluppatore crea un titolo su qualcosa che in pochi conoscono bene e cerca di fare il botto. Solo che col capolavoro della casa di Bully ci sono riusciti alla grande, qui qualcosa non funziona come dovrebbe.
All’inizio della nostra partita il gioco ci proporrà un esaustivo tutorial, in modo da farci prendere confidenza coi controlli, che ho trovato reattivi al punto giusto, un’ottima cosa visto che qui si vive di trick.
Fondamentalmente si controlla come un Tony Hawk qualsiasi, con lo stick si muove la tavola e il nostro avatar (fatto abbastanza male e con animazioni leggermente legnose) e i tasti dorsali e frontali adibiti ai vari trick.
La “mossa base” del sistema di gioco è la presa della tavola, che può però essere eseguita solo quando ci si alza leggermente in aria una volta raggiunta la sommità dell’onda; la particolarità è che i tasti con cui si eseguono i trick vanno premuti prima di raggiungere la già citata sommità e non in tempo reale come in qualsiasi altro titolo simile. Il sistema è ingegnoso e permette di effettuare combo in maniera semplice e spettacolare, a patto di spenderci parecchie ore.
Infatti la curva di apprendimento risulta un po’ troppo ripida e familiarizzare soprattutto col tempismo di esecuzione mi ha portato via tempo ben oltre il tutoral, che è comunque ben fatto.
SWS ci porta in giro per il mondo con la nostra tavola e si passa per il Portogallo, il Brasile, gli USA, la Russia (non sapevo si surfasse anche in Russia prima di giocare) e ovviamente l’immancabile Australia.
Tutti scenari bellissimi ma che mi aspettavo riprodotti meglio, tenendo conto che ci sono i cavalli dell’Unreal Engine a tirare. Le onde sono visivamente tutte uguali e visualizzate in serie, non c’è il minimo realismo nella loro forma o distanza. Le texture sono abbastanza slavate e in lontananza quelle dell’acqua sembrano piene di puntini neri sfarfallanti. Di contro ho apprezzato la possibilità di affrontare gli scenari anche di notte, un’idea simpatica e non troppo scontata.
La vera differenza di gameplay tra uno stage e l’altro (oltre all’ambientazione e al giorno/notte) è rappresentata dalle onde, che possono essere basse e lente, alte e veloci, che creano tubi d’acqua con maggior facilità o magari più larghe per surfare a destra e sinistra senza problemi, il tutto che ovviamente cambia e influenza il nostro stile di gioco.
I personaggi selezionabili (personalizzabili in un apposito menù a parte) sembrano usciti dritti da The Sims 1 e possono “vantare” delle animazioni rigide e poco naturali, giusto per spezzare ancora di più l’atmosfera, ma almeno man mano che si procede si sbloccano pattern e disegni per tute e tavole.
Il gioco non nasconde di certo la sua anima “chill out” da siamo tutti amici nello sport che pervade l’immaginario collettivo del surf e le descrizioni delle modalità sono tutto un programma: “Solo tu e le onde. nessuna gara, zero pressione“, giusto per far capire di cosa stiamo parlando.
Le musiche dei menù sono soft e calde ma una volta in acqua il gioco suona molto school punk di bassa qualità, peccato questo perché rovina l’atmosfera.
Menzione d’onore per il filtro giallo di Instagram, qui presente sempre a schermo per simulare le surfate alle sei di pomeriggio, tuttavia ciò non riesce assolutamente nel suo intento ed anzi molto presto ci si stanca di vedere tutto tinta senape.
Gli scenari giocabili sono più di 40, ovviamente ci sono quelli più facili e quelli più impegnativi (tranquilli, niente squali poligonali in questo gioco) per ogni tipo di giocatore.
Il problema è che non esistono tornei o manifestazioni o qualsiasi altra cosa di simile, qui si surfa semplicemente per il punteggio in uno degli scenari ma dobbiamo ammettere che qualche torneo non avrebbe certo guastato.
Oltre alla campagna in single player esiste anche la modalità online, per giocare con amici e sconosciuti e vedere chi surfa meglio. Peccato che non abbia trovato nessuno con cui giocare e la cosa non mi ha effettivamente sorpreso, vista la natura prettamente di nicchia del gioco e dello sport che tratta.
Verdetto:
I Climax ci hanno provato e il loro gioco vive di alti e bassi. Graficamente poteva essere di gran lunga migliore ma alcuni tocchi di classe (come la possibilità di giocare in notturna) alzano leggermente l’asticella verso la sufficienza. Il gioco riesce a intrattenere sia ad un livello basso di bravura sia quando si affinano le proprie skill, e in tal proposito il lavoro svolto dai programmatori nella gestione del surfing tramite i tasti del controller è ben fatto.
Uno dei problemi principali è la mancanza di modalità (senza contare il desertico online); potrete giocarci per ore e ore ma alla fine della giornata avrete semplicemente cavalcato onde virtuali per migliorare il vostro punteggio precedente. Davvero un peccato.