Molto più di un semplice remake
Non sarà facile guardare, capire e forse neanche apprezzare “Suspiria” di Luca Guadagnino. Il più à la page dei nostri registi, adorato dalla platea internazionale dopo il magnifico Call Me By Your Name si cimenta in uno dei remake più difficili che si possano immaginare. Prende un classico del cinema di genere, uno dei film che ha consacrato Dario Argento come Maestro dell’Horror e lo reinventa, facendolo e disfacendolo a suo piacimento.
Un plauso va quindi al coraggio del regista (certamente supportato dal successo del suo ultimo film), che gli permette di virare completamente sui temi e di applicare il suo stile sempre più riconoscibile a una storia estremamente complessa da raccontare oggi, 41 anni dopo la sua prima comparsa al cinema.
Suspiria di Guadagnino, molto più dell’originale, è un prodotto che basa il suo valore più sull’estetica che sul contenuto. La costruzione della storia, anzi, ribalta i canoni classici di un film del genere e mostra la natura delle streghe sin dai primi capitoli (in tutto sono sei, ognuno dei quali è introdotto da un cartello), spostando l’effetto a sorpresa e il depistaggio del primo film su tutt’altro finale.
Seguiamo Susie Bannion (Dakota Johnson) arrivare in una Berlino divisa, sconvolta dalla Banda Baader-Meinhof, e cimentarsi in un suggestivo provino per entrare nella Markos Tanz Company. La coreografa della compagnia, M.me Blanc (Tilda Swinton) resta immediatamente colpita dall’energia della giovane ballerina e intreccia con la ragazza un rapporto sempre più stretto e intenso. Nel frattempo, l’ex componente della compagnia Patricia Hingle (Chloë Grace Moretz) in un allarmato atteggiamento da fuggiasca, vaneggia col suo psichiatra Jozef Klemperer della presenza di una crudele e potente congrega di streghe all’interno del dormitorio della Markos Company.
Parliamoci chiaro: probabilmente Suspiria di Guadagnino non vi piacerà. Se siete fan di Argento, poi, è molto plausibile che lo detesterete. Ma ciò non toglie che sia un’esperienza che vale la pena fare, se non altro perché diversa da ogni altra cosa che vedrete o che avete visto al cinema.
Partiamo dalla durata: due ore e mezza. Sembra un dettaglio, ma da quanto tempo un film mainstream non dura così tanto (ovviamente tralasciamo Roma di Cuarón, per cui dovremmo aprire tutto un altro capitolo)? La concentrazione del pubblico, anzi, sembra essersi calibrata su standard molto più brevi, di cui questo film eccede di almeno quaranta minuti. Ci saranno momenti in cui si fremerà per arrivare a una definizione, una conclusione, ma il finale non deluderà alcuna aspettativa o, se non altro, non castigherà alcun desiderio di esplosione, spettacolarità, e sapore gore.
I primi commenti di Venezia 2018 ci hanno anticipato un particolare gusto per la rappresentazione della violenza. Vero. Possiamo ormai codificare come “poetica di Guadagnino”, quello sguardo tutto particolare – e insistente – sulla fisicità dei suoi protagonisti. Dalla centralità della danza (molto più che nel film originale) alla sofferenza che le villain infliggono ai corpi delle loro vittime sacrificali, tutte le partite più importanti della storia si giocano sulla pelle, con le ossa, attraverso il sangue delle ragazze. Guadagnino non lesina alcun dettaglio: abbiamo, anzi alcune delle sequenze gore più sorprendenti, esteticamente appaganti e disturbanti del cinema degli ultimi anni.
Queste scene sono distribuite con una certa sapienza, dosando trama, sequenze di pura estetica e ultraviolenza. La storia che Guadagnino riprende è solo un ricordo di quella che Argento ha raccontato nel 1977, ma attenzione a non valutare un film solo in virtù dei propri riferimenti: “Suspiria” del 2018 è semplicemente un altro film (così come ha ribadito lo stesso Argento in maniera secca e sdegnosa). È un omaggio, così come Guadagnino ha sempre dichiarato, a un film che ha segnato l’infanzia e tutta la vita artistica del regista siciliano, contribuendo in modo importante al suo immaginario.
Senz’altro ritroviamo il modo noto e sublime di Argento di descrivere la donna e il legame inscindibile tra maternità e sangue, tra vita e morte, che si tratti di decadenza dei corpi o di fiori recisi prematuramente. Il gusto iconoclasta di Guadagnino, però, prende corpi perfetti e li sevizia, mostrando esattamente cosa accadrebbe a una persona reale torturata da forze soprannaturali: è segno, questo, di un modo di fare cinema assolutamente personale, che guarda al canone e si sforza ripetutamente di superarlo, alzando la posta in gioco scena dopo scena.
Colto, raffinato, autore a 360 gradi, Guadagnino attinge a piene mani al mondo della Video Art, accostando elementi di estetica del disturbo (googlate “Floria Sigismondi”) alla fisicità aliena di Matthew Barney. Le immagini che tormentano gli incubi della protagonista sono pura visione, ed entrarci in sintonia, per un pubblico abituato a capire il senso esatto di tutto ciò che guarda, non è affatto pacifico e immediato.
Quello di Guadagnino è un gioco anarchico e feroce, un’arte che ride di qualunque imposizione. Al suo fianco, in questa operazione tanto magnifica quanto rischiosa, alcuni dei nomi più geniali della scena: da Tom Yorke che si dedica alla meravigliosa colonna sonora a quel mostro sacro (e se non lo è ancora, lo diventerà dopo questo film) di Tilda Swinton che interpreta due personaggi fondamentali, le due forze di supporto del percorso esplosivo della protagonista. Con quella sua aria aliena, la Swinton trionfa nei gesti minimi, dando a lezione a tutti di trasformismo e interpretazione. Gli altri attori o – meglio – le altre attrici, funzionano (anche loro) soprattutto in virtù dei loro volti, pazzeschi. Le streghe sono maschere tragiche, femmine tremende, evoluzioni grottesche dei donnoni felliniani. Le ragazze sono corpi puri e innocenti, corrotti e violentati per alimentare il delirio collettivo di cui sono entrate – loro malgrado – a far parte.
Verdetto
Suspiria di Luca Guadagnino o si ama o si odia. Consigliamo di far sedimentare la visione per qualche ora – meglio una notte intera – e assaporare le sensazioni che regala a mente fresca. In ogni caso, abbandonate qualsiasi aspettativa, voi che entrate e pensate solo a godervi lo spettacolo.
Il film uscirà al cinema il 1° gennaio 2019.
Se vi interessa Suspiria…
Sicuramente è interessante andarsi a recuperare l’originale del ‘77, diretto da Dario Argento. Se il film vi ha convinti o, meglio ancora, se vi ha entusiasmati vi consigliamo un Maestro del cinema che amerete, pur nella totale confusione: David Lynch. Qui un bellissimo cofanetto con alcuni dei suoi migliori film. Infine, se apprezzate la regia di Guadagnino, vi suggeriamo la visione di Call me by your name.