Sweet Home, un nuovo virtuoso adattamento seriale dall’Asia dopo Alice in Borderland
Sweet Home è un K-drama horror in 10 episodi tratto dal webtoon (fumetto online) di Kim Carnby e Hwang Youngchan e diretto da Lee Eung-bok. Si tratta di una serie che ricorda inevitabilmente tanta roba: dal recente zombie movie coreano Alive a certe scelte stilistiche nella composizione dell’immagine del giapponese Miike; da una versione molto più intrigante di Tokyo Ghoul a The Walking Dead, nell’esplorazione antropologica delle reazioni personali di ogni diverso individuo in condizioni estreme.
Il soggetto si riassume in pochi ingredienti base: un condominio, un gruppo di inquilini dello stesso, una pandemia globale che trasforma in mostri dalle più disparate fattezze e caratteristiche, ovviamente tutti assetati di sangue che credetemi, sarà in grosse quantità. È quindi una serie che parla di sopravvivenza, ma anche di rapporti umani tra persone; di umanità nella mostruosità e di mostruosità nell’umanità; di personaggi così meravigliosamente diversi tra loro. E l’offerta di caratteri eterogenei si estende anche alla fazione mostruosa.
Le creature sono sempre diverse, grottesche, pericolose in modo unico. C’è il pseudo golem gigante, il simil goblin, il ragnone antropomorfo, solo per citarne alcuni. La loro natura misteriosa si cela dietro contagi dalla causa indefinita e si sviluppa attraverso i più reconditi desideri delle persone, che muovono il processo di “mostrificazione” in direzione molto personale per ciascun individuo. Questo li rende molto affascinanti, e in qualche modo spaventosi. Perché dove c’è ignoto mistero e non prevedibilità, come dico spesso, si nasconde la capacità di generale tensione. Anche se è difficile parlare di vera paura perché c’è sempre una tale esplosione di sangue e azione che non c’è occasione di maturare emozioni troppo viscerali. Anche perché diciamocelo, il design dei mostri è sicuramente molto figo e ricercato, ma la scarsa computer grafica sostiene poco la credibilità di queste creature.
Poco male quando però la messa in scena è di questo livello: la fotografia è fantastica, la scenografia polverosa, sporca, sempre coperta di sangue e detriti. La location in cui si svolgono gli eventi è quindi densa, curata, carica di atmosfera, non stanca nonostante sia praticamente la stessa per tutta la serie e si presta perfettamente ad un racconto di sopravvivenza, in un ambiente che ti fa sentire intrappolato nel terrore ma rimane abbastanza ampio per permettere di creare molte situazioni tutte studiate per valorizzare al massimo la tensione e l’azione. Al netto di qualche sporadico passaggio un po’ confuso, la regia è sempre notevole se consideriamo che parliamo di un prodotto televisivo, ed è capace di adattarsi con un certo estro a tutti i cambi di ritmo che si sviluppano durante i 10 episodi di questa stagione, non solo nei momenti più al cardiopalma, ma anche quelli più introspettivi.
Sweet Home, pur considerando che non gli manca una vena un po’ sopra le righe, è una serie molto tragica nonostante il contesto così assurdo, e la morte fa parte dello show, sin dai primissimi istanti, che ci presentano il protagonista Hyun-Su sul punto di compire l’estremo gesto, gettando da subito la serie in un mood molto drammatico. Inoltre le relazioni tra i sopravvissuti, resi in maniera talvolta macchiettistica ma estremamente tridimensionale, sono molto importanti al fine del racconto. Qualcuno di essi è più di contorno e irrimediabilmente lasciato da parte nella caratterizzazione, ma generalmente si è fatto un ottimo lavoro.
Forse Hyun-su, tra le figure principali, è quello più “moscio” da sto punto di vista, ed è più importante per quello che rappresenta rispetto che per la sua personalità. È l’ago della bilancia in quanto “persona speciale” nella risoluzione di molti eventi, ma non è troppo carismatico. Diciamo che nel racconto asiatico di matrice “fumettosa”, è a volte una modalità molto comune di caratterizzare il protagonista.
Ma Sweet Home rimane un racconto corale, in cui tutti hanno occasione di brillare, e se cercate carisma tra gli individui che popolano il fatiscente condomino infestato, lo troverete di sicuro in questo o quel personaggio. E credetemi non è mai facile valorizzare bene tutti i personaggi a livello di sceneggiatura quando le dinamiche di gruppo sono al centro della scena. Sweet Home ci riesce. C’è così tanta sostanza in questa storia di sopravvivenza che non ha cali di ritmo bensì cambia registro, si concentra su tematiche diverse: il confronto con i mostri, con le risorse sempre più scarse, con la necessità di trovare una chiave di convivenza e risolvere in qualche modo i contrasti interni.
Anche quando ci si allontana quindi dai frangenti horror e più spettacolari, che spesso si risolvono in ingenti costi di sangue, tutto sommato la visione rimane godibile proprio in virtù di un contorno interessante, con personaggi, forse stereotipati talvolta ma ciò non di meno interessanti.
Il melodramma tocca spesso livelli epici, è tutto molto caricato, difficile provare angoscia, o tristezza, o chissà quale terrore. Siamo troppo dentro il surreale per avere un sussulto di emozioni così profonde. Quello che Sweet Home genera è, per chi ama l’horror in tutte le sue forme, un divertimento concreto. Magari non ci immedesimiamo nei personaggi, ma di certo ci coinvolgono nelle loro vicende e nel loro destino.
Il crescendo della narrazione è ben gestito e nonostante queste “diverse velocità” della serie, è ben percepibile il contesto di una situazione che peggiora sempre di più, ogni minaccia è portata all’estremo e il senso di pericolosità è sempre alto. Una situazione che porterà ad un finale catartico e che sbloccherà in modo definitivo e con conseguenze tangibili, l’intero contesto in cui sono racchiusi i protagonisti, salvo poi aprirsi su un inevitabile nuovo sviluppo degli eventi. Non c’è insoddisfazione e percezione di interruzione però nei confronti di un arco narrativo che ha la sua rotondità ed è trattato con una certa completezza.
Sweet Home è una serie intensa e spettacolare che sarà sicuramente apprezzata da tutti gli amanti dell’horror e di quei prodotti asiatici eccentrici esteticamente e nella scrittura, ma curati, appassionati, e frutto di un lavoro creativo assolutamente ispirato.