Non ci siamo Kate, non ci siamo proprio.
Quando il primo Syberia uscì nel 2002, fu quasi un fulmine a ciel sereno. Le avventure grafiche erano ormai, e già da tempo, sul viale del tramonto, e quelle poche che si avvicendavano in quegli anni erano, a voler essere buoni, delle schifezze del tutto dimenticabili. Parliamo di titoli come Curse: The Eye of Isis o Schizm: Mysterious Journey, e anche riferendosi alle migliori uscite di quegli anni, come lo stra-convertito Dracula: La Risurrezione, è evidente che il genere non sembrava più in grado di tornare ai fasti dei primi anni ’90. In questa situazione, tuttavia, il primo Syberia si distinse in modo netto, creando un caso mediatico che trascese i limiti di quella che, come immaginerete, non era una fan base particolarmente vasta. Sviluppato dal team francese di Microids con al fianco la penna e le idee del talentuoso fumettista belga Benoit Sokal (che abbiamo avuto l’onore e il piacere di intervistare, trovate tutto qui), Syberia si presentava come un titolo pieno di limiti tecnici e con qualche leggerezza, ma che nonostante tutto riuscì ad avvinghiare e appassionare un numero vastissimo di giocatori. Oggi le cose sono diversissime e, complice il revamp delle avventure grafiche, il presentarsi non propriamente al passo con i tempi sembra, già di per sé, lo scoglio contro quale il terzo capitolo è destinato ad infrangersi. Ricevuto un codice Steam e partiti di nuovo alla volta del gelo siberiano, dunque, abbiamo ritrovato la nostra cara e affezionata Kate, uscendone pronti a confermarvi un dubbio che da un po’ serpeggiava nelle nostre teste: Syberia 3 è un fallimento totale.
Un po’ di storia
Nato dalla penna e dal talento del fumettista belga Benoit Sokal, Syberia aveva l’impagabile vantaggio di avere dalla sua una trama avvincente e ben costruita, capace di unire un mondo realistico e plausibile ad una certa iconografia steampunk fatta di macchine senzienti, strumenti a vapore e soluzioni meccaniche particolarmente fantasiose. Il primo Syberia non era un masterpiece del confezionamento grafico ma nonostante tutto si fece apprezzare e si stagliò, più di tanti altri, sulla vetta delle avventure grafiche dell’epoca diventando, forse, uno dei giochi più convertiti di sempre, tanto da finire persino sul formato DVG. La soluzione al “mistero” di Syberia era in realtà molto semplice: Kate è una protagonista granitica, dall’aspetto delicato ma dal carattere fortissimo, che annovera dalla sua un talento innato per il problem solving ma anche una certa sfiga archetipica. Già solo nel primo capitolo si ritrova a viaggiare da New York alla Francia, per poi finire nella Siberia che dà il nome al gioco. Sokal, che non è, e non era, un signor nessuno, dimostrò con il gioco un talento che gli era stato attribuito già con il suo Ispettore Carnado, personaggio delle sue storie con una forte dipendenza dai vizi e forse proprio per questo dotato di una certa apprezzabile umanità. Syberia, in tal senso, con le sue stravaganze tecnologiche e le sue popolazioni inventate di sana pianta, era, in fin dei conti, una storia estremamente umana.
Una storia di persone con delle vite al margine, di famiglie che si spezzano per i motivi più futili e di personaggi che combattono contro una società che non sembra in grado di permettere loro di inserirsi. Oltre ai celeberrimi Mammuth o a Oscar l’automa, Syberia parlava ad esempio, e ben prima di tanti altri, della disabilità, in anni in cui il videogame non aveva “il permesso” di affacciarsi ad alcuna tematica che non fosse nel campo della facezia. Mentre, insomma, il mondo dei punta e clicca si rivolgeva all’horror o magari al paranormale, Syberia sceglieva problemi di tutti, e di tutti i giorni, novellizzandoli quel tanto che bastava affinché fossero solubili in un videogioco dell’epoca. Era una forza, innegabilmente, ed è il motivo per cui la stragrande maggioranza di noi oggi è qui, a parlare di Syberia 3.
Un altro po’ di storia
Avevamo lasciato Kate ancora nelle lande siberiane, sola dopo aver perso il suo fidato e meccanico amico Oscar. Di quel che è stato in Syberia 2 (capitolo, peraltro, non eccezionale) non vale la pena parlare, anche perché il gioco è disponibile più o meno ovunque e in virtù di questo Syberia 3, chi è a digiuno della serie potrebbe eventualmente decidere di giocarci. Quindi, come da costume, non vi facciamo spoiler. Sappiate solo che, come detto, Kate è un’avvocatessa americana, sempre a metà tra il voler abbandonare la Siberia o il restarci ancora un po’. Il gioco si apre con la nostra eroina in balia del clima siberiano, salvata fortuitamente da una ben nota popolazione locale dedita alla vita erratica, gli Youkol. Syberia 3 parte più o meno da qui, senza però ripercorrere, anche solo con un recap, quello che è stato il passato della storia. Un canonico “spiegone”, nelle idee di chi vi scrive, quantomeno doveroso, visto l’enorme lasso di tempo passato tra la precedente pubblicazione e questa.
Un recap forse avrebbe reso almeno più digeribili certi personaggi e certe necessità di trama, come quelle relative ad un detective intenzionato ed estradare la nostra beniamina in America per motivi che sono la diretta conseguenza degli eventi del primo gioco. Invece no, Syberia 3 va diritto per la sua strada, il che può essere un bene o un male a seconda del giocatore, ma darà comunque un certo innegabile senso di fastidio e mancanza di informazioni cui persino il giocatore navigato, volente o nolente, dovrà sopperire (magari chiedendo all’amica di sempre… Wikipedia). Detto ciò, la nostra Kate si ritrova chiusa in una struttura di igiene mentale particolarmente fatiscente, dalla quale uscire costituirà il nostro primo compito.
Come prevedibile le cose si complicheranno sempre di più, ma il punto è che la trama nella sua sostanza non avrà mai alcun guizzo o alcun colpo di coda. Gli eventi di Syberia 3 sono sconclusionati, raffazzonati e si susseguono senza cognizione di causa, quasi come aggiunte posticce. Un qualcosa che, nonostante i limiti tecnici (che pure vedremo), non ci saremmo mai augurati. L’impressione, ma magari è colpa nostra, è che si siano presi i personaggi e si sia fatto il possibile per costruirci un gioco attorno, senza quell’attenzione che invece era stata riservata in passato alla fase di scrittura. Non bastasse ciò, i limiti tecnici non fanno in alcun modo guadagnare punti né al cast né agli ambienti. I personaggi sono poveri, mal modellati, limitati da texture che sembrano copiate da titoli di almeno due generazioni fa. Nel complesso siamo dinanzi ad un set di pupi, le cui articolazioni richiamano tutto il “lusso” degli snodabili anni ’80, senza nemmeno alcuna cura per animazioni o, per dirne un’altra, il lip-sync.
Non bastasse la trama in sé a gettarci nella disperazione, da contorno ci sono anche situazioni ai limiti del parodistico. I cattivi, di una pochezza rara, sono così stereotipati da far ridere. Il senso di minaccia che dovrebbero incutere è inesistente, e anche le loro motivazioni sembrano dettate dall’idiozia. Syberia 3 ci prova pure a costruire qualcosa intorno a certe tematiche (una su tutte il razzismo) ma non ci riesce, traballa continuamente e finisce per fare accenni velati e sconclusionati senza avere neanche memoria del mordente di un tempo. Disastroso sotto tutti i fronti.
Quel che però più ci ha frustrato in questa terza avventura è stata la rigidità del gameplay, non tanto espressa dai movimenti della protagonista ma dal modo in cui è stata costruita la meccanica degli enigmi. In Syberia 3, come da tradizione, ci sono enigmi semplici e altri più complessi. Alcuni che richiedono poco intuito, altri che invece incorrono in lunghe macchinazioni o nel reperimento di determinati oggetti. Fin qui tutto bene, il punto è che il gioco non chiede, ma pretende, che il giocatore passi attraverso un iter molto definito per la soluzione di ogni puzzle. Mettiamo che dobbiate ottenere un oggetto e che per fare ciò vi occorra una chiave. Pur essendoci arrivati da soli, dunque prima di ogni possibile dialogo, e magari conoscendo anche l’ubicazione della chiave, il gioco vi impedirà di accedervi, a meno che non siate passati per una serie di dialoghi con una determinata sequela di personaggi. La chiave è lì, in mano a qualcuno, e dovreste solo chiedergliela, ma non potete, vi tocca fare un giro di parole assurdo che, specie considerata la qualità dei dialoghi e le possibilità che offrono (talvolta le opzioni a vostra disposizione sono a dir poco senza senso) si trasforma semplicemente in tedio.
Tank? WTF?!
Ovviamente a tutto ciò si aggiunge una serie di problemi tecnici del tutto inaccettabili anche per una piccola produzione odierna. I primi due Syberia si caratterizzavano per il tipico uso dei fondali disegnati e pre-renderizzati, che davano al tutto un tocco affascinante e caldo, decisamente d’atmosfera, nonostante gli anni in cui i giochi uscirono non fossero più molto avvezzi a tale soluzione. Con il terzo capitolo il team di sviluppo ha dunque optato per un più moderno uso di ambienti in 3D, interamente modellati in poligoni. Il problema è che anche qui le intenzioni si scontrano con una realizzazione povera e scarna, del tutto incapace anche solo di competere, lontanamente, con il lavoro svolto in passato. I fondali di Syberia 3 sono sguarniti, tristi, poverissimi di interattività. Il che, in un titolo che punta su analisi e investigazione, non è proprio il massimo. E dire che data la lunghezza dell’avventura la nostra Kate visiterà una moltitudine di diverse location, tutte contraddistinte da mancanza di mordente, realizzazione goffa e, fondamentalmente, dalla mancanza di punti di interesse che si tradurrà, come intuirete, in nulla più che una serie di luoghi da attraversare continuamente per necessità di trama e poco più.
I modelli, come detto, non si comportano meglio. Pochissimi sono quelli che esprimono un qualche potenziale. Siamo dinanzi ad una modellazione poligonale datata e perlopiù scarna, cui si accompagnano non solo delle animazioni oggettivamente brutte, ma anche una texturizzazione povera e in bassa risoluzione. Abbiamo giocato il gioco su PC, con codice Steam e al massimo dei settaggi, e nonostante questi siano molto vaghi (non è chiaro cosa dovrebbero migliorare e perché), abbiamo sperimentato le tre diverse configurazioni possibili. Il risultato? Non pervenuto. Le texture sono scadenti all’origine e nulla può arginare il problema, se non una patch. Non solo: il gioco è del tutto privo di effetti di post-produzione, illuminazione dinamica e particellari, e ciò, se si considera la bruttezza della palette cromatica di base (invero mai stata tra i punti di forza della serie) non vi restituirà altro che un meraviglioso quadro grigio.
Dulcis in fundo: Syberia 3 soffre di un’interfaccia di gioco e di un sistema di controllo ai limiti del frustrante. Nonostante la scelta consigliata sia il pad (sì, anche su PC), il sistema di controllo è stato evidentemente messo su giocando a perle della generazione tank come Tomb Raider o, per restare in tema di punta e clicca, Grim Fandango. Kate è legnosa, scoordinata, incapace di passare per una porta al primo colpo. Il risultato è un autentico tuffo nel passato, con un personaggio che il più delle volte va dove non dovrebbe, e che combatte inutilmente con le inquadrature della telecamera, bizzosa ed “eclettica”, sempre pronta a farci inciampare in qualche ostacolo. Nel mentre starete lottando con l’assurdo sistema di puntamento offerto dal pad, quasi sempre non all’altezza della situazione, praticamente incapace di mettere in evidenza i pochi punti di interesse offerti dagli ambienti. Occorre a volta stare così vicini ad un oggetto affinché si apra il menu di interazione da finire per girare su se stessi. Una sensazione bellissima, che non vivevamo dai tempi del primo Resident Evil.
Come se ciò non bastasse, il gioco è anche doppiato in modo imbarazzante. Pur soprassedendo all’inspiegabile assenza della lingua italiana (e, credeteci, sono molte le lingue selezionabili), nella sua versione inglese Syberia 3 è aberrante. Le voci sono prive di inflessioni, le parlate dialettali sono ridicole, il lip-sync annesso atroce. Un peccato per chi, come noi, era stato ben abituato con i primi due episodi che, come ricorderete, erano perfettamente doppiati. Inoltre, visto l’inserimento di un vago sistema di scelte di dialogo atte a dare un tono emotivo alla discussione, ci si sarebbe almeno aspettati delle intonazioni all’altezza. Invece no, anche stavolta siamo dinanzi a un lavoro alle soglie dell’amatoriale. Di tutt’altro andazzo è la colonna sonora, non sempre calzante rispetto alle situazioni (più che altro, parte un po’ quando gli pare) ma ancora evocativa e bellissima, non a caso ad opera per la terza volta dell’assodato genio di Inon Zur.
Verdetto
Syberia 3 è un gioco rotto, su cui è stato incollato un modo di concepire il videogame terribilmente fuori tempo massimo. Quest’ultima questione sarebbe anche, almeno in parte, glissabile se almeno tutto funzionasse come si deve o se, perlomeno, il gioco fosse sorretto da quello spirito che lo aveva animato nella sua prima uscita. L’avventura, la presenza di dialoghi avvincenti, la costruzione di personaggi memorabili sono invece al di là delle possibilità di questo gioco, che dimostra più di tanti altri cosa possa succedere quando un videogioco soffre di uno sviluppo travagliato e sin troppo lungo. Tornando indietro, se Syberia 3 fosse uscito a ridosso del secondo episodio avrebbe sicuramente ottenuto un consenso diverso, quantomeno sufficiente. Oggi come oggi è solo un titolo brutto, che ci ricorderà come, talvolta, sia consigliabile vivere di ricordi e non di ritorni.