Su Prime Video è arrivato Samaritan, il nuovo film di Julius Avery con protagonista Sylvester Stallone, nei panni di un supereroe in un adattamento di un fumetto
ylvester Stallone nei panni di un supereroe, o meglio, di un personaggio dotato di superpoteri lo avevamo già visto. Se pensate a un riferimento a Dredd, siete ovviamente dalla parte giusta, ma in fin dei conti Sly per noi è sempre stato un real hero.
Gran parte di noi è cresciuta con Rambo, con Rocky, ha sognato di essere entrambi, imitandone battute ed espressioni, da piccolo ha indossato la fascia rossa in testa oppure i guantoni, ma soprattutto ha sognato di essere Sylvester Stallone.
Quel volto da buono, ma con la scorza dura, difficile da mettere a tappeto, impossibile da battere rappresenta un mito per generazioni e generazioni. Per un attimo abbiamo pensato tutti di poter iniziare a osservarlo con occhi diversi, in ruoli differenti e più maturi, come in Creed di Ryan Coogler, dove peraltro ci stupì tutti con una delle migliori performance di tutta la sua carriera (che infatti gli valse un Globe e la nomination agli Oscar), ma questo esperimento è durato ben poco.
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Su quegli iconici personaggi Sly ha infatti costruito il suo nome e la sua carriera, e pure in ulteriori occasioni lo abbiamo visto vestire i panni di personaggi erculei, con la forza come principale prerogativa.
A 76 anni, senza stupirci affatto, torna allora a calarsi ancora una volta in un ruolo simile, e stavolta – come detto – lo fa impersonando un personaggio dotato di superpoteri.
La storia di Samaritan, diretto da Julius Avery (su Prime Video dal 26 agosto), è tratta dall’omonimo fumetto di Bragi F. Schut, ed è quella di un eroe ormai caduto in disgrazia, dopo un’epica battaglia con il suo gemello cattivo Nemesis.
Il mondo sembra ormai aver rimosso l’eroe e il villain, ma il giovanissimo Sam (Javon Walton) è letteralmente ossessionato da questa leggenda e determinato a ritrovare Samaritan. E alcuni recenti fatti avvenuti in città sembrano dargli ragione…
A dirla tutta, nonostante tutto il bene e la stima per Stallone (qui anche nelle vesti di produttore), le aspettative per il film di Avery non erano così elevate. E, col senno del poi, non ci sbagliavamo.
I demeriti ovviamente non sono del grande Sly, che ce la mette tutta nel riciclare gli stilemi dell’ex combattente ormai invecchiato e stanco, costretto però a rimettersi in gioco e menar di nuovo i pugni, quanto di un plot un po’ scialbo e banalotto che poco aggiunge alla storia di base, non dandoci mai l’impressione di provare a fare qualcosa di nuovo e originale ma dandoci una perenne sensazione di già visto.
La Granity City ripresa da Avery, spinta da una fotografia fumettistica ad opera di David Ungaro, ci porta in un mondo a tratti distopico, che sembra ammiccare a molti cult di genere e in alcune occasioni non può non ricordare anche la saga di The Purge.
In questo contesto ben si inserisce un villain stereotipato come il Cyrus interpretato da Pilou Asbæk, carismatico leader che accoglie sotto la sua ala orfani e criminali, che per certi versi fa tornare un po’ alla mente il Testacalda di Borghi, nel nostrano Mondocane.
Per il resto, niente in Samaritan riesce a stupire in modo particolare. Intrattiene discretamente, e lo fa grazie al solito meccanismo generato dallo stupore nel prossimo al cospetto della forza di un eroe, ma oltre a questo c’è davvero poco altro.
Nemmeno il plot twist finale sa dare eccezionale brio alla pellicola, forse perché in fondo non così inaspettato.
Tra i pregi potremmo segnare il fatto che ancora una volta abbiamo modo di vedere Sly fare a pugni (e qui le dà davvero di sana ragione), ma non serviva certo Samaritan a ricordarci che quell’eroe con cui siamo cresciuti abbia davvero i superpoteri.