Taiyo Matsumoto è un autore di culto, sempre in bilico tra sogno e realtà
Taiyo Matsumoto non appartiene di sicuro al jet set del manga mainstream. L’appassionato medio difficilmente lo conosce o ha mai letto una delle sue opere. Il mangaka originario di Tokyo, però, va sicuramente inserito nel novero degli autori di culto, capaci di innovare a livello narrativo e figurativo. Il suo stile è difficilmente confondibile con quello di qualsiasi altro collega e tenta continuamente di conservare il flebile legame che unisce realtà e sogno. Se non lo conoscete, in questo articolo troverete tutto ciò che vi serve sapere per iniziare a leggere e apprezzare i suoi lavori. Non ve ne pentirete, promesso!
Taiyo Matsumoto: i temi ricorrenti
La produzione narrativa di Taiyo Matsumoto spazia tra molti generi diversi, ma mira sempre a coinvolgere un pubblico adulto. Questa scelta è resa evidente non tanto dai contenuti forti o espliciti (l’uso della violenza e la vista del sangue non sono usuali), ma dal tono riflessivo e introspettivo che pervade le tavole. Uno dei temi più cari all’autore è l’evasione dalla realtà, perseguita attraverso lo stile di disegno denso di sfumature e l’inserimento di elementi surreali all’interno delle storie. Non è raro, per esempio, imbattersi in personaggi capaci di volare o di entrare all’interno dei dipinti di una galleria d’arte. La volontà di fuggire dalla quotidianità è spesso frutto della solitudine e dell’emarginazione che molti dei protagonisti devono affrontare: gli orfani sono figure ricorrenti nei lavori di Matsumoto. Il maestro di Tokyo ama inoltre infondere nelle proprie storie una certa nostalgia dell’adolescenza, il periodo della vita in cui sogno e realtà si confondono per eccellenza.
Andiamo ora a scoprire l’autore attraverso alcuni dei suoi manga, in ordine cronologico.
Tekkon Kinkreet, il primo capolavoro di Taiyo Matsumoto
Tekkon Kinkreet è la prima opera di rilevanza internazionale di Taiyo Matsumoto e viene pubblicata nel 1994. Quattordici anni più tardi, nel 2008, essa vince il prestigiosissimo premio americano Eisner come miglior pubblicazione straniera. Tekkon Kinkreet è ambientato nella città immaginaria di Treasure Town, in cui agiscono due vigilanti molto particolari. Shiro (Bianco) e Kuro (Nero) sono due fratelli orfani dotati di strani poteri, come la facoltà di volare e una forza sovrumana, che spaventano in ugual misura sia i cattivi che la polizia e i cittadini comuni. Il fumetto presenta tutti i semi della poetica di Matsumoto: Treasure Town combina elementi molto reali come la Yakuza, la solitudine e l’emarginazione degli abitanti, la lotta per il potere con incursioni del fantastico quali animali mai visti e persone capaci di volare. Il vero focus è però centrato sui due ragazzini e sulla loro interdipendenza, sull’incapacità di separarsi essendo complementari come Ying e Yang. Shiro è il più riflessivo, si perde nei suoi pensieri filosofici e scrive canzoni; Kuro ha un grande senso pratico e prende la maggior parte delle decisioni. Lo stile figurativo è in linea con i protagonisti: il tratto tremolante che renderà famoso l’autore è qui arricchito dal netto contrasto tra nero e bianco, entrambi pieni e pesanti.
Ping Pong: Taiyo Matsumoto alle prese con lo spokon
Com’è possibile rendere spettacolare uno sport tutto sommato lineare e ripetitivo come il ping pong? Nel 1996 Taiyo Matsumoto cerca di rispondere a questa domanda con Ping Pong, un’opera che riprende alcuni dei canoni del genere spokon e li declina nel suo peculiare stile di disegno. La storia è abbastanza semplice e gira attorno a due personaggi dai tratti classici: Peco sogna di diventare un campione e non ha paura di sacrificare tutto per il suo obiettivo; Smile, chiamato così dal coach perché non sorride mai, non ha ambizioni né voglia di allenarsi ma possiede un talento naturale. Peco e Smile sono quindi amici, compagni e rivali allo stesso tempo e sul loro rapporto di amore/invidia si basa l’intera storia. Non mancano elementi di spettacolo come l’incursione di altri personaggi, ciascuno con una storia personale, la presenza di altri club di ping pong e l’irrinunciabile torneo finale. Matsumoto rende interessanti i match di ping pong grazie a una tecnica che prende in prestito dal cinema: il close-up. I primi piani durante le fasi di gioco sono molto frequenti e permettono allo spettatore di vedere da vicino le espressioni dei giocatori, vivendo insieme a loro lo sforzo del momento e la tensione agonistica. A livello visivo gli sfondi scompaiono quasi del tutto, lasciando spazio solamente al tratto frastagliato e vivo di Matsumoto.
La predilezione di Taiyo Matsumoto per gli “sfigati”: Gogo Monster
Il calderone in cui cuoce a fuoco lento la società civile che verrà, con tutte le sue crudeltà e contraddizioni, è la scuola. Proprio qui è ambientata Gogo Moster, opera del 2000 che pone l’attenzione sulla condizione di tre alunni particolari e non proprio popolari. Makoto è l’unico che mantiene qualche relazione con i compagni di classe, ma vive le sue giornate tra la repulsione e l’attrazione per gli altri due. Yuki è l’elemento surreale del trio, sempre perso in strane visioni. Ciò che dice di vedere è una realtà alternativa, che in qualche modo si sovrappone a quella quotidiana, creata da qualche essere soprannaturale. IQ è il più grande dei tre, un vero genio della matematica. Cerca una spiegazione logica per le visioni di Yuki e gira sempre con una scatola di cartone in testa per coprirsi il volto. I tre ragazzini hanno l’unica colpa di essere un po’ strambi e poco convenzionali, ma tanto basta per allontanare tutti i coetanei, facendo dell’emarginazione il tema principale della storia. Il disegno a mano di Taiyo Matsumoto si arricchisce di tratti incerti e sfumature che, unite alle visioni di Yuki, contribuiscono a creare un’atmosfera sempre sospesa tra sogno e realtà.
Sunny, l’opera più autobiografica di Taiyo Matsumoto
Nelle interviste con i siti e le riviste di settore Taiyo Matsumoto ripete spesso quanto disegnare situazioni che ha vissuto in prima persona lo porti dentro l’opera, tanto da confondere la propria personalità con quella dei personaggi sulla carta. Sicuramente gli sarà successo questo anche durante lo sviluppo di Sunny, uscito nel 2010. Il manga parla di bambini e ragazzi che, come lo stesso autore, crescono in una casa famiglia con tutte le difficoltà materiali e soprattutto psicologiche che ne conseguono. Sebbene gli adulti che si prendono cura di loro siano capaci e amorevoli, l’innato bisogno di sentirsi importanti e di avere una vera famiglia si fa sentire e spinge alcuni dei personaggi a tentare spesso la fuga.
La situazione, poi, è complicata dal fatto che molti dei genitori non sono morti, ma semplicemente non hanno abbastanza soldi o tempo per badare ai figli. Così c’è chi finisce per affiliarsi alla Yakuza, chi fantastica sulla propria morte e chi utilizza qualsiasi mezzo per scappare. Non manca, come sempre, l’elemento surreale: Sunny, il titolo dell’opera, è il nome di un rottame di un’automobile abbandonato nei pressi della struttura. I ragazzini lo utilizzano come veicolo per evadere dalla realtà e dare forma ai propri sogni. Coerentemente, Matsumoto fa un grande uso di sfumature, trasforma le tavole in acquerelli, producendo così forme e volti che sembrano realistici e onirici al tempo stesso.
Come Jiro Taniguchi, Taiyo Matsumoto è un autore lontano dal mainstream, che predilige uno stile grafico più vicino al fumetto occidentale e necessita di una lettura attenta e paziente. Le sue opere, però, restituiscono una carica emotiva eccezionale e portano il lettore in luoghi e situazioni difficilmente dimenticabili. Dategli una chance!