Bandai Namco segna un nuovo inizio della sua serie regina con Tales of Arise, un JRPG confezionato benissimo e bellissimo da giocare
Ogni software house giapponese ha la sua serie storica di JRPG, trattandosi un po’ del genere principe della produzione nipponica. Così a Final Fantasy, Shin Megami Tensei, Trails of e Dragon Quest si affianca Tales of, la serie madrina di Bandai Namco che negli anni ci ha regalato diversi capolavori. L’andamento non è però sempre stato costante, anche per una certa difficoltà della software house di aggiornare le meccaniche di gioco e la componente tecnica con l’avanzare degli anni. Si vedeva però già da Tales of Zestiria una certa volontà di innovazione sotto il profilo di gameplay, e da Tales of Berseria una ricerca di tematiche più mature (o forse semplicemente più dark), senza che però nulla si concretizzasse in niente di più di buoni titoli comunque non in grado di essere un nuovo inizio per la serie.
Tales of Arise è invece proprio questo turning point, l’innovazione (ma non rivoluzione) di cui Tales of aveva bisogno. Non parlo di rivoluzione perché la formula della serie è ancora tutta al suo posto, con il suo forte focus sui personaggi, la sua struttura di progressione, i dialoghi opzionali da attivare e il sistema di combattimento action.
Tutto è però più rifinito, più moderno, con una grande serie di accortezze che rendono l’avventura più piacevole e scorrevole, più accogliente per chi si approccia a Tales of per la prima volta. C’è poi una veste grafica sontuosa, che finalmente non ricorda più un titolo di una generazione passata ma anzi sembra un anime in movimento.
Anche la trama affronta un tema abbastanza grave: nel mondo di Tales of Arise ci sono due pianeti gemelli, Rena e Dahna. Entrambi abitati, i due popoli non si sono mai incontrati fino a quando Rena, tecnologicamente più avanzato, ha invaso Dahna riducendo in schiavitù la sua popolazione, interamente. La nostra storia, la storia di Alphen e Shionne, prende luogo 300 anni dopo l’inizio dell’occupazione con il primo schiavo in una miniera e la seconda rapita dall’Impero Renano. Nonostante siano lui un abitante di Dahna che ha perso la memoria (e che ha il volto rinchiuso in una maschera) e lei una Renana, i due si troveranno costretti a viaggiare assieme.
La Dahna occupata è divisa in regioni, ognuna controllata da un lord “cadidato” al posto di imperatore, e il viaggio dei nostri è un viaggio di liberazione del pianeta e di scoperta di se stessi (per Alphen) e di omicidio dei regnanti per Shionne. Come da tradizione sulla strada incontreremo vari comprimari, ognuno con le sue motivazioni. I membri del party hanno storie interessanti, e nonostante i canonici cliché delle produzioni di questo tipo non sono affatto scontati a bidimensionali, ma hanno anzi una profondità che non mi sarei aspettato.
Il racconto di Tales of Arise è però innanzitutto una storia di schiavitù e delle forme in cui questa si declina. Ogni lord ha i suoi metodi, ma la schiavitù può prendere anche forme più subdole e meno brutali, e il gioco cerca di raccontarci anche queste. La terza zona in particolare colpisce perché ci troviamo di fronte a una realtà ricca, in cui gli oppressi sono liberi di vivere una vita normale con molti agi. Sono comunque subalterni, ed è impossibile non ragionare sulla nostra realtà.
Tales of Arise quindi si prende anche qualche rischio toccando temi delicati, e lo fa quasi sempre bene seppure senza sfociare mai in un discorso strutturato e complesso ma rimanendo nei limiti del suo target. Talvolta si riversa un po’ nel cerchiobottismo, ma lo sforzo di raccontare ed esplorare un tema di questo tipo, in una produzione in fondo rivolta principalmente ad adolescenti, è certamente encomiabile anche visti i risultati ottenuti.
La struttura di gioco a sua volta si rinnova e si rinfresca, pur rimanendo sempre la stessa. Si visitano città, si esplorano dungeon e praterie, e si combatte tantissimo. La funziona di viaggio rapido è implementa benissimo ed è pieno di punti in cui tornare in qualsiasi momento, snellendo di molto il backtracking. Non ci troviamo di fronte a un gioco a mondo aperto, ma un classico gioco di ruolo giapponese con zone consequenziali da esplorare, ed è in fondo un bene che mantiene coesa la progressione.
Le aree da esplorare sono poi ricche di segreti, materiali da raccogliere, tesori e splendidi panorami, così da invogliare sempre a spendere quei dieci minuti in più per guardare ogni angolo alla ricerca di un armatura nuova o di un ingrediente per cucinare per avere qualche vantaggio in battaglia.
Per quanto riguarda il sistema di combattimento invece tutti i fan storici della serie si troveranno a casa, mentre i nuovi avranno di fronte un sistema action unico per un JRPG, contemporaneamente approcciabile e profondo. Se in apparenza si tratta solo di picchiare, in realtà alle spalle c’è sia un classico sistema di debolezze e resistenze elementali, sia una serie di situazioni da counterare con attacchi di personaggi specifici per mettere in difficoltà il nemico, sia dei punti deboli da colpire.
Il sistema di ricarica delle skill rende necessario sia utilizzare al momento giusto l’abilità giusta, sia sapere quanto utilizzare gli attacchi base. A margine bisogna poi saper schivare e parare. Gli scontri sono quindi complessi, con un sistema che non si padroneggia fin da subito quando si è invece quasi invitati a fare button mashing. Quando si capisce però come gestire le situazioni i lunghi e logoranti combattimenti prendono corpo e diventano più brevi e agili, ma anche molto più stimolanti.
La possibilità di andare per le lunghe e combattere in maniera brainless c’è sempre, ma è molto disincentivata da un’economia in cui i soldi scarseggiano e i consumabili costano molto, mentre i punti magia per le cure sono un unico pool per tutto il party e finiscono rapidamente, essendo necessari anche per compiere azioni sulla mappa utili ad aprire nuove aree.
Sotto questo aspetto Tales of Arise è un fine sistema di pesi e contrappesi che spinge il giocatore a imparare le meccaniche, a meno che non voglia comprare DLC con soldi bonus per tirare avanti.
In ultimo è impossibile non menzionare l’eccellente comparto visivo. L’estetica è quella anime tipica della serie, con ottimi realizzati proprio in animazione, con paesaggi vibranti e personaggi dettagliatissimi. Le texture sembrano pitturate a pennello sui modelli dei protagonisti, e il susseguirsi di biomi sempre diversi tra loro restituisce la varietà di un mondo fantasy cartoonesco vivo e vibrante che viene voglia di visitare.
Non so se Tales of Arise è uno dei migliori episodi della serie, non ne ho giocati abbastanza, forse. Proprio per questo però, da estimatore della domenica della serie, posso dire che Tales of Arise è il perfetto punto di approdo, o di ritorno, a un franchise decennale.
Un JRPG moderno con un forte carattere, un mondo da sogno e un sistema di combattimento che è un piacere imparare a capire. È anche un nuovo inizio per una serie che negli ultimi episodi sembrava un po’ stanca, un po’ troppo ricurva su sé stessa. Con queste basi, il futuro del franchise Bandai Namco sembra scintillante.