Quanto c’è di vero e quanto di inventato nella serie di Kojima?
Sono anni ormai che Kojima costruisce un capitolo alla volta il suo mondo virtuale fatto di stravolgimenti politici, guerra sotterranea e pericoli di ogni sorta. Abbiamo imparato ad accettare nel suo mondo distopico la presenza di tecnologie avveniristiche e ultraavanzate, anche se la storia si svolgeva nel 1974, anche se certe cose sembravano il frutto palese di una fantasia sfrenata. E dopo tutto questo ci siamo chiesti: ma quanto di tutto questo è il frutto della mente malata del game director giapponese e quanto affonda le sue radici nella realtà dei nostri giorni? Armati di santa pazienza e di tanta buona volontà abbiamo cercato tutto quel che di vero c’è nella tecnologica di Metal Gear, e le sorprese non sono mancate per niente. Accomodatevi e seguiteci in questo lungo viaggio tra le perle nascoste di un gioco che non smette mai di stupirci.
Protesi del braccio
Una delle grandi introduzioni di quest’ultima iterazione narrativa di Kojima e compagni sta proprio nella protesi robotica che Snake sfoggia e utilizza estensivamente, tra gadget e add-on. Dalla realizzazione tecnica fino al suo mero utilizzo sul campo, il braccio meccanico è un’opera di magnificienza tecnologica e artistica, perfettamente funzionante e precisa come una mano vera. Questo nel videogame. Che succede invece nella realtà? Beh, in realtà la ricerca in questo campo sta facendo passi da gigante, avanzando a rotta di collo, grazie anche all’apporto (economico e tecnolgico) dell’Esercito Americano, con il Revolutioning Prosthetics Program, che si ripropone di ridare ai mutilati di guerra gli arti che hanno perso servendo il loro paese.
Finora, i risultati sono incoraggianti, con l’eclatante vittoria sbandierata la scorsa estate per tutto l’internet, con un video in cui Les Baugh, doppio amputato di arti superiori, riusciva a muovere, dopo un periodo brevissimo di training, due braccia robotiche, senza alcun tipo di intervento sul cervello. Le braccia, collegate a un corpetto, semplicemente rispondevano agli impulsi dei muscoli interessati e grazie a una serie di interconnessioni elettroniche avanzate, riuscivano a ‘indovinare’ i movimenti desiderati da Les.
I risultati in campo prostetico sono andati anche oltre: mr Dean Kamen, l’inventore del Segway (la piattaforma semovente su due ruote dotata di giroscopio!) ha realizzato un braccio meccanico, il Deka Arm, che riesce a mimare i movimenti fini della mano in maniera stupefacente. Il discorso è ancora più complesso, visto che i ricercatori al soldo di Kamen stanno cercando di sfruttare i nervi residui dell’arto amputato per connetterli indirettamente al braccio meccanico per avere un controllo ancora più preciso e capillare dei tanti giunti meccanici che muovono le singole articolazioni. Come vedete, Snake indossa forse il non plus ultra della chirurgia sostitutiva protesica e sicuramente rappresenta l’apice di perfezione a cui le industrie stanno puntando, mentre qui sulla Terra non possiamo far altro che sperare che tutto questo sia possibile nel minor tempo possibile, per far fronte alle migliaia di feriti sul lavoro e in guerra che non aspettano altro.
Esoscheletro
Un altro marchio di fabbrica dell’intero universo inventato da Kojima è la presenza costante di enhancement robotici, tra cui i più famosi sono gli esoscheletri. Molti personaggi ne sfoggiano uno, tra cui quello famoso di Raiden che è andato incontro a un pesante restyling in occasione dello spin-off a lui dedicato. Ma anche Solidus Snake è potenziato per l’occasione con componenti esterne al suo corpo, così come Gray Fox, Olga Gurlukovich e altri personaggi minori. La bellezza di queste armature parzialmente intelligenti sta nel fatto che aggiungono capacità e skill a chi le indossa: si va dal semplice aumento della forza e della velocità con l’utilizzo di pistoni e giunti rinforzati, fino alla possibilità di portare armi aggiuntive, esplosivi e migliorare il sistema di mimetizzazione. Insomma, se hai un esoscheletro per le mani, puoi davvero fare di tutto.
Ma queste macchine esistono? Beh, sì. Non sono ancora così potenti e devastanti come quelle mostrate nel videogame, ma sicuramente la ricerca anche in questo caso sta trottando a forte velocità. Da una parte c’è l’Esercito (e i suoi soldi) dall’altra le industrie farmaceutiche (con i loro soldi, altrettanto consistenti), e insieme stanno cercando la soluzione definitiva ai loro problemi. In ambito militare, l’obiettivo da raggiungere è quello di poter far spostare le truppe più velocemente anche in terreni accidentati e contestualmente permettere ai soldati di trasportare più pesi e un maggior numero di armi. In campo medico, poi, le direzioni della ricerca sono tantissime, e questo rispecchia la vastità e la varietà delle patologie che si potrebbero correggere. Esiste poi una zona grigia, in cui le due ricerche si fondono: basti pensare agli esoscheletri realizzati per i vigili del fuoco, pensati affinché possano portare in salvo più di un ferito alla volta, dimezzando i tempi di esposizione all’ambiente ostile. O ancora: esoscheletri per permettere al personale infermieristico di mobilizzare i pazienti in tutta sicurezza grazie alla forza in più delle articolazioni meccaniche. In ambito riabilitativo, gli esoscheletri sono estremamente utili, soprattutto per tutti coloro che si stanno riprendendo da un ictus o da un lungo periodo allettati e non possono sopportare un pieno carico sugli arti inferiori. Sopperire a parte del loro sforzo con un aiuto meccanico migliora la prognosi e la ripresa per questi pazienti.
Inoltre, esocheletri con funzioni motorie complete sono stati realizzati per liberare i paraplegici dalla loro sedia a rotelle, abbattendo così l’ultima drammatica barriera architettonica. Questi dispositivi per adesso sono in fase di prototipo, con studi estensivi fatti da tutte le parti in causa, sperando risolvere il più importante problema che le affligge: l’autonomia. Il prossimo step è quello di trovare delle fonti di energia tanto durevoli quanto environment-friendly. Come potete vedere, per quanto Metal Gear Solid dia una versione aggressiva di questa tecnologia, portandola verso eccessi militari (che comunque sono dietro l’angolo, inutile negarlo), prende spunto da una realtà preesistente avvincente, che potrebbe davvero restituire la “vita” a tante persone che credevano di averla in parte persa.
Modificazioni genetiche mirate
Giocando a un qualsiasi capitolo della saga, tutti noi ci siamo imbattuti in soldati definiti come ‘geneticamente migliorati’, concetto secondo cui questi uomini e queste donne hanno subito un processo di ‘mutazione genetica controllata’ con il risultato di essere migliori in qualcosa, più adatti a certi ambienti o avere uno dei cinque sensi potenziati. Ora, in linea di massima questa cosa è vera. In linea di massima. Esiste un campo della ricerca genetica che si occupa appunto di genetic enhancement, di tutte quelle tecniche di ingegneria che alterano il DNA, permettendo l’espressione di determinate proteine e valutandone i risultati. Ad esempio sono stati creati in laboratorio i cosiddetti Topi Schwarzenegger, che mostravano una muscolatura molto più sviluppata del normale, primo gradino per cercare una cura genica a quelle malattie muscolari come la distrofia, in cui le proteine muscolari non sono sintetizzate. Alla stessa maniera si potrebbe fare in modo che l’eritropoietina sia sempre rilasciata in circolo, attivando il gene relativo, o inserendone un in più all’interno di altre cellule ed evitare che eventuali pazienti con anemia cronica siano costretti a iniettarsene in continuo.
La modificazione genetica può avvenire sia in individui ormai adulti, sia in maniera molto più pericolosa su embrioni in via di sviluppo tramite un processo noto come microiniezione pronucleare, che impone di inserire i pezzi di DNA che ci servono appunto all’interno dell’organismo in via di sviluppo. Finora questa metodica, per quanto teoricamente con maggiore possibilità di successo, è stata minata da una alta percentuale di morte intrauterina (anche tardiva) e difetti di crescita e altre aberrazioni. Questo tipo di tecnologia è inoltre sempre sotto la lente di ingrandimento, sia scientifica che mediatica, soprattutto per le sue implicazioni etiche, che non vanno mai tralasciate, ma anzi devono essere sempre prese in considerazione. Forse, ora, guarderete i soldati geneticamente modificati con un occhio diverso.
Una breve pausa
Terminiamo qui la prima parte di questo nostro speciale sull’universo tecnologico di Metal Gear, sperando di avervi divertito e di avervi mostrato un aspetto spesso tralasciato di questa enorme opera di fantascienza speculativa. Abbiamo volutamente tralasciato argomenti gettonati e scontati, come ad esempio le intelligenze artificiali, che nel gioco di Kojima spopolano e vivono la loro vita positronica fin dalle prime iterazioni. Le abbiamo accantonate non perché non siano un argomento valido, ma perché abbiamo preferito dare la precedenza a notizie di tipo scientifico che non hanno avuto lo stesso lavorio mediatico a cui sono state sottoposte queste benedette intelligenze. Rimanete sintonizzati su questi lidi, per la seconda parte di questa carrellata di curiosità su quello che scorre dietro le immagini di una delle saghe più belle della stagione.