Sette capitoli e non sentirli… O quasi.
La serie di Harada è uno di quei capisaldi del picchiaduro che probabilmente in quanto a popolarità, e clamore mediatico in occasione di un nuovo capitolo, rivaleggia solo con Street Fighter. Non è un discorso di qualità, devo essere sincero, sul mercato c’è roba che se li mangia a colazione entrambi, come Guilty Gear Xrd: Rev 2. Ma mentre il pupillo di Capcom è il portabandiera del picchiaduro bidimensionale (ormai solo nel core ludico) da oltre due decenni, la serie di Namco dal 94 a oggi si è creata uno zoccolo duro di fan che apprezzano di più la deriva tridimensionale del genere, e più nello specifico, lo stile inimitabile di Tekken.
Erano però un po’ di anni che cominciava a stagnare. Incapace di reinventarsi o anche solo riproporsi con un po’ di freschezza, la serie ha sfornato un sesto capitolo non cosi memorabile, e negli ultimi anni il brand ha mantenuta unita la sua cricca di irriducibili dell’Iron Fist Tournament solo grazie all’ottimo Tekken: Tag Tournament 2, il quale però, viveva di rendita. Si trattava infatti del semplice compendio e cocktail di tutto “il buono” presente nei capitoli precedenti.
Tekken 7 si è preso il tempo necessario per arrivare a noi, con lunga gestazione nelle sale giochi giapponesi con cui si è potuto affinare il sistema di gioco e intervenire su tutti i bilanciamenti del caso. Finalmente oggi, Bandai Namco presenta il settimo capitolo anche a tutti i giocatori da salotto, con una versione home in gran spolvero.
L’eterna lotta tra male e… male
Harada ha molto sponsorizzato nel corso della campagna pubblicitaria la componente narrativa di Tekken 7, specificando come dopo una lunghissima serie di eventi, intrighi, dispute e storyline parallele appartenenti a decine di personaggi, con questo nuovo episodio si sarebbe data finalmente una conclusione alle vicende della famiglia Mishima. Come ogni esponente del genere uscito negli ultimi tempi quindi, è presente una modalità storia lunga e articolata, una componente che oggi come oggi pare imprescindibile anche per i picchiaduro. Il taglio narrativo scelto per Tekken 7 è quanto meno particolare, ma non sempre così efficace. Le vicende si dipanano attraverso i monologhi di un misterioso giornalista che sta investigando sulla famiglia Mishima, e racconta con occhio esterno tutto il complicato background che si è andato a creare nel corso dei capitoli, fungendo da riassunto per quanti non ricordassero bene tutti i dettagli o semplicemente per chi non si fosse mai approcciato fino ad ora alla serie. Parallelamente varie sequenze di intermezzo portano avanti la storia inedita, focalizzandosi su pochi personaggi, non più di una decina, i cui protagonisti assoluti saranno il malvagio Kazuya Mishima e l’odiato, nonché altrettanto bastardo, padre Heihachi. Nonostante la storia abbia quindi un nucleo narrativo ben delimitato, e perciò riesca a non risultare dispersiva, è inevitabile constatare come nelle 2 orette necessarie a concludere i 13 capitolo (composti per lo più da un paio di combattimenti al massimo e altrettanti filmati in computer grafica), non riesca mai a catturare l’attenzione fino in fondo, rivelandosi probabilmente migliore della campagna di Street Fighter V, ma infinitamente sotto gli standard dettati dal recente Injustice 2.
I problemi principali sono da attribuire alla scelta di dar spazio ad avvenimenti poco incisivi, raccontati in maniera raffazzonata, registicamente mal gestiti, che tra le altre cose, sono spesso interrotti anche dagli interventi francamente noiosi e superflui del giornalista di cui sopra. Non è comunque completamente tutto da buttare: è interessante infatti notare come siano riusciti a introdurre Akuma, storica figura demoniaca appartenente all’universo di Street Fighter, all’interno della canonicità di Tekken, e come gli venga attribuito un ruolo nemmeno così marginale. Una velleità che devo ammettere mi ha quanto meno divertito mentre seguivo la sequela di banalità che tiravano avanti le fila del racconto. Inoltre si fa un buon approfondimento della famiglia Mishima, e si scoprono dei retroscena che danno un po’ di spessore in più al personaggio di Heihachi, che coinvolgono tra gli altri anche la moglie del vecchiardo dai capelli a punta e mamma di Kazuya, Kazumi. I passaggi che riguardano lo stretto nucleo famigliare composto da Heihachi, Kazumi e Kazuya, danno vita a quel paio di momenti davvero riusciti nella sceneggiatura, frangenti che quanto meno, coinvolgono anche le importanti fasi finali della storia. Le vicende raccontate da Tekken 7 si chiudono infatti con epicità e un climax degno, peccato che tutto arrivi troppo in fretta e dopo una serie di situazioni che, c’erano o non c’erano, cambiava poco. Inoltre quel burlone di Harada non ce l’ha raccontata giusta, e se qualche cerchio FORSE lo chiude veramente, moltissime questioni Tekken 7 non fa che rimandarle ai prossimi capitoli.
Una lucidata al gameplay
Ovviamente dopo questa doverosa disamina nei confronti di una modalità per la quale ce l’hanno tanto menata nei mesi scorsi, è il caso di soffermarsi sul nocciolo dell’argomento ed esaminare ciò che conta veramente in un picchiaduro, ovvero il sistema di combattimento. Pane al pane e vino al vino: Tekken 7 è sempre inequivocabilmente, Tekken. I cambiamenti ci sono, sono importanti e incisivi in alcuni casi, ma il core rimane sempre lo stesso. Possiamo quindi sicuramente parlare di ottimizzazione, ma non di rivoluzione. Quattro tasti per quattro arti da controllare, una dinamica sempre molto improntata sull’attacco, e quello stile di gioco che si ama o si odia (talvolta si sta nel mezzo), estremamente tecnico e scarsamente leggibile senza un approfondito studio dei personaggi (potete comunque “smarmellare” sui tasti come non ci fosse un domani ovviamente). Un gameplay sempre improntato su quella cifra stilistica che mette in primo piano l’impatto tra i colpi dei contendenti, e quel continuo sbattere a terra, per aria, o contro un muro l’avversario che ha sempre distinto la saga dagli altri congeneri. Una formula che lasciata così come stava, cominciava ad essere stantia e ridondante. Un plauso quindi per Namco che ha fatto un gran lavoro per arginare molti problemi del passato ed aggiungere varie caratteristiche al combat system in grado di rinfrescarlo pur senza stravolgerlo. Parliamo di un picchiaduro molto tecnico, si dovrebbe quindi scrivere un manuale sugli infiniti meccanismi da conoscere per la perfetta padronanza ed esaurire l’argomento degnamente. Vedrò perciò di elencarvi una serie di caratteristiche maggiormente evidenti e lasciarvi il gusto si scoprire il resto pad – od arcade stick- alla mano. Innanzitutto il gioco è percettibilmente più fluido, frizzante e dinamico proprio dal punto di vista ludico, grazie ad alcuni accorgimenti che finalmente limano i difetti principali della serie.
Ad esempio, non esiste più la rotolata indietro quando finirete a terra. È sostituita da un recupero rapido che rende il disimpegno da una situazione di svantaggio molto più snello, ed evita di venire calpestati di continuo o di ricevere infiniti calci in culo senza riuscire a spostarsi. In compenso è rimasto molto “gioco sul muro”, fatto di continui rimbalzi dell’avversario che viene ripetutamente sbattuto alle pareti. Ma questo è più che comprensibile visto che stare attenti a giostrare la nostra posizione in relazione alle pericolose barriere dell’arena fa parte del gioco e della struttura tridimensionale del titolo. Si è lavorato molto anche per rendere meno tedioso il sistema di juggling: palleggiare il personaggio è sempre possibile, ma più difficile sulle lunghe stringhe e soprattutto con uno scaling di danno che, finalmente, inibisce notevolmente la rilevanza dello stesso all’interno di uno scontro.
Passiamo poi al movimento dei vari combattenti, che è stato unificato per tutti i presenti. Non percorrono perciò più distanze diverse a seconda della propria fisicità con un passo, né in profondità né sul piano orizzontale. Un altro snellimento strutturale che rende più leggibili e gestibili i vari match up. Lo step laterale inoltre, è molto più efficace e lascia meno scoperti, dando alla manovra evasiva un senso maggiore. Il movimento indietro e avanti è inoltre velocizzato così che si può giocare di zoning molto più che in passato.
Sono state introdotte le mosse armor, che in fase di attivazione assorbono degli eventuali danni subiti andando comunque a colpire l’avversario senza venire interrotte. I personaggi con il 25% di barra energetica attiveranno automaticamente la condizione di Rage, un’aura rossa circonderà il nostro personaggio e i nostri colpi faranno circa il 10% di danno supplementare. In questo stato sarà possibile effettuare con una semplicissima combinazione di tasti la Rage Art, ovvero una super mossa particolarmente potente che spesso potrà ridefinire le sorti di un incontro. In alternativa potremmo sfruttarlo per eseguire una Rage Drive: si tratta di una mossa già esistente nel moveset di un personaggio che acquista nuove proprietà offensive, aumentando il danno o permettendo nuove brevi combinazioni.
Parlando di moveset, va sottolineato come tutti i personaggi abbiano subito alcune piccole modifiche e abbiano acquistato qualche nuova skill. Il roster di Tekken 7 conta un ottimo numero di lottatori, forse più contenuto di altri episodi della serie ma molto bilanciato, senza personaggi cloni e con una buona quantità di new entry. Tra queste, alcune sostituiscono in qualche modo vecchi personaggi. Ad esempio Master Raven eredita chiaramente lo stile di Raven, non più presente nel gruppo, oppure Gigas, per quanto in apparenza molto diverso da Marduk (altro celebre assente), ha in realtà molti punti di contatto con il grosso lottatore australiano. Personaggi come Akuma e l’italiano Claudio invece, portato una vera ventata d’aria fresca e si caratterizzano per uno stile di gioco nuovo e unico, che anche nel caso della guest star di Capcom, si integra benissimo nel sistema di gioco generale. Dispiace piuttosto per alcune pesanti assenze. Se per Armor King possiamo farcene una ragione, visto che molte caratteristiche del suo stile sono state integrate nelle nuove tecniche di lotta di King (che ora è un personaggio molto più eclettico che in passato), non mi sento di giustificare più di tanto la mancanza di personaggi come Zafina, Julia Chang e soprattutto Lei Wulong, uno dei più storici e amati protagonisti della saga. Tutte presenze uniche e carismatiche che non avrebbero tolto nulla al gioco ma anzi avrebbero valorizzato ancora di più la varietà di stili di combattimento.
Nonostante questo, il lavoro fatto per rendere Tekken 7 un gioco più piacevole al palato di tutti, con ottimizzazioni di molte meccaniche vecchie e l’introduzione di altre nuove di zecca, è effettivamente sotto gli occhi e va elogiato. A mio avviso, la formula ha ancora alcuni difetti congeniti, come il fatto che su un basso-medio livello di gioco, alcuni personaggi abbiano effettivamente vita molto più semplice di altri, e sia perciò molto più facile, a parità di abilità, avere con questi la meglio sull’avversario con poche ma fin troppo decisive mosse. Si tratta comunque di un difetto che va scomparendo aumentando di qualche grado la consapevolezza e la padronanza con il titolo. Le prime partite però potrebbero riservare qualche dose di frustrazione in tal senso, sappiatelo.
Quanta carne sul fuoco
Sul piano contenutistico Tekken fa il suo dovere senza nessun dubbio, ma d’altra parte rinuncia alla lode, non stupendo per particolari modalità ausiliarie che non ci saremmo aspettati. Abbiamo già parlato della modalità storia e di come essa svisceri il destino di un numero molto esiguo dei personaggi presenti nel pacchetto. Per mettere una pezza, la modalità storia presenta “un’appendice” costituita da un capitolo extra per ogni lottatore. Questo è composto da una breve intro solo scritta del personaggio, che ne descrive il background e la posizione nella scacchiera narrativa del gioco, un singolo combattimento, e un brevissimo filmato finale di pochi istanti, bruttini nella maggior parte dei casi a dire il vero. Vengono da rimpiange i fantastici finali presenti fin dagli esordi della serie, ma consola in parte sapere che è presente una gigantesca modalità galleria che permette di comprare con valuta in game (di cui vi parleremo tra poco) TUTTI i filmati di ogni singolo capitolo, a cominciare dal primo del 1994, comprese intro arcade e per console. Sono presenti altre chicche in questa modalità che vi lascio il piacere di scoprire. Il contenuto della galleria insieme alla modalità jukebox, con cui potrete personalizzare il sottofondo musicale di stage e menù con ogni singola melodia mai ascoltata in qualsiasi episodio, fanno di Tekken 7, oltre che un ottimo nuovo titolo, un enciclopedico archivio di tutto il materiale audiovisivo mai prodotto per la saga. Qualcosa che i fan non potranno che adorare.
Non mancano ovvie features come il gioco in versus locale, la Pratica per imparare le basi ed approfondire ogni combattente (completa di tutte le assistenze del caso) e una modalità arcade che, sebbene sia stata ridimensionata in significanza (i finali non ci sono e dura solo 5 incontri) è sempre ben accetta nel gioco in solitario.
Mancano purtroppo Time Attack o modalità di sopravvivenza, sostituite dall’unica Battaglia Tesoro, che però si rivela a mio parere molto più intrigante. In questa dovremmo affrontare una serie di combattimenti infiniti sempre più difficili e talvolta con regole sorprendenti, come drastici cambiamenti alla velocità di gioco o ai danni inferti, e ad ogni vittoria corrisponderà un premio in denaro virtuale (che serve praticamente per comprare qualsiasi collezionabile) e si sbloccheranno degli oggetti, ammennicoli, e vestiari vari. In Tekken 7 infatti è presente un ottimo editor, che permette di personalizzare i propri alter ego in moltissime maniere diverse spendendo denaro incassato con le altre modalità. Un encomiabile extra fatto come si deve, da cui Capcom, che fa scucire moneta sonante REALE anche solo per comprare un paio di calzini nuovi per Bison, dovrebbe solo imparare.
Nella versione PlayStation 4 da me testata, è presente anche una modalità per Playstation VR, ma siccome è veramente insignificante, inutile e superflua, non mi pare il caso di perderci più di due parole. In pratica possiamo combattere contro la CPU in uno spazio aperto e… Nulla. Non cambia nulla se non il fatto di vedere lo scontro in VR e la possibilità di cambiare di poco la prospettiva. Ah, è possibile osservare in questo modo anche il proprio personaggio personalizzato. Tutto totalmente inutile…
World Wide Tournament
Prima di concludere parlando del comportamento di Tekken 7 per quel che riguarda l’online, vorrei soffermarmi velocemente sull’aspetto tecnico del titolo. In realtà non c’è molto da dire, ma in senso buono: Tekken 7 è semplicemente Bello da vedere, proprio con la B maiuscola! L’Unreal Engine 4 è stato sfruttato per ridefinire e reinterpretare i contorni e lineamenti di ogni personaggio. I modelli sono notevoli, hanno buone proporzioni, sono dettagliati e animati molto bene, decisamente meglio che in passato, con una grande attenzione a tutte quelle movenze durante i colpi inferti e subiti che restituiscono un feedback concreto, rotondo ed appagante alla vista. Anche artisticamente, per quanto rimanga evidente la cifra cafona della serie, ho notato una certo “raffinamento” nel design dei personaggi, le cui fattezze sicuramente incontrano molto più il mio gusto rispetto al passato. Il resto è una squisita esplosione di effetti speciali, scintille, luci, ombre, pezzi di pavimentazione che saltano e dettagli vari che inondano lo schermo sempre a 60 fotogrammi al secondo, al netto di una risoluzione non altissima ma decisamente tollerabile e ininfluente nel colpo d’occhio generale.
Ma parlavamo di online, e quindi netcode. Al momento il tema risulta problematico da analizzare. Nei miei 2 giorni di prova intensa, c’è stato un primo giorno in cui tutto è filato liscio, e ho potuto fare partite classificate, amichevoli, creare e partecipare a stanze private e tornei (questi ultimi con tanto di gustosi premi in virtual money), senza problemi. Mentre il secondo giorno praticamente nel 90% dei casi venivo disconnesso dalla partita. Io penso siano problemi legati al lancio del gioco che andranno migliorando nei prossimi giorni. C’è da dire che quando ho potuto giocare, ho giocato bene, senza lag o sporcizie di sorta. Quindi voglio essere ottimista e spero che Bandai Namco sistemi tutto in fretta, perché i primi giorni sono decisivi per fidelizzare la community di un picchiaduro.
Verdetto
Mi sono dilungato molto, forse troppo, nell’analisi di questo settimo atteso capitolo di Tekken, quindi cercherò quanto meno di tirare le somme velocemente. La serie di Tekken stava prendendo una brutta china, laddove altri esponenti del genere negli anni hanno trovato nel bene o nel male il modo di rinnovarsi e rendersi interessanti in maniera diversa capitolo dopo capitolo, Tekken cominciava invece a fossilizzarsi su degli standard che sempre più prestavano il fianco a critiche, non fosse altro che per la ridondanza degli stessi. Tekken 7 fortunatamente riesce ad invertire la rotta e riporta il brand sulla retta via. Intendiamoci, la formula di gioco è sempre la stessa, ma in Bandai Namco a quanto pare si sono realmente seduti attorno ad un tavolo, ed hanno ragionato su come rimaneggiarla in modo da attualizzarla, renderla più appetibile a tutti, e ottimizzarla sotto ogni punto di vista. Missione compiuta. Dispiace per qualche scivolone, primo tra tutti una modalità storia un po’ “mah” e la mancanza di qualche altra modalità realmente sorprendente (ma vi ricordate quanto era figo il picchiaduro a scorrimento Tekken Force nel terzo episodio!?), ma tutto sommato, siamo contenti così. Tekken 7 in fondo è il capitolo più bello da vedere, più divertente da giocare, con un grande gameplay, un notevole bilanciamento generale e la stessa fantastica profondità di sempre. Ha davvero bisogno di altro per essere incoronato miglior capitolo di sempre? Io non credo.