Quando il pensiero scorre su internet
[Disclaimer: Questo articolo è ad alto contenuto scientifico, si pregano i gentili lettori di munirsi di tanta meraviglia perché con quello che stiamo per dirvi la consumerete tutta e dovrete farvene prestare un po’ dal vostro vicino di casa.]
Su alcune pagine web più o meno specializzate è circolata la strabiliante notizia di un primo fenomeno di telepatia scientificamente creata in laboratorio e provata da scienziati di tutto rispetto. Mi sono incuriosito immediatamente e parlandone random con qualche mia amica, la prima affermazione che ho sentito è stata: ‘Eh sì, ti riferisci a quelle persone predisposte, che canalizzano le loro energie e riescono a…’ L’ho fermata in tempo, prima che mi venisse un ictus. Ho passato la successiva mezz’ora a spiegare il vero senso dell’esperimento (riuscito) e le ripercussioni sulla ricerca e sulle future applicazioni che questo potrebbe avere. E non parliamo di nessun soggetto predisposto, nè di chakra o animelle o altre paraputtanate qualsiasi: sarà tutto scientificamente provato (e un po’ semplificato, perché l’argomento è abbastanza ostico). Il tono che terremo sarà divulgativo e se sarà necessario ricorrere a qualche tecnicismo, faremo in modo di essere il più chiari possibile.
Volete sapere di cosa stiamo parlando? E’ semplice, almeno sulla carta: dei ricercatori sono riusciti a inviare una serie di dati pensati da un soggetto a un altro in attesa a cinquemila chilometri di distanza, con una accuratezza del 90 percento. Sembra magia, vero? Non lo è! E questo è ancora più sensazionale.
Premessa Strumentale
È doveroso fare alcune premesse per capire che tipo di viaggio stiamo per affrontare, giusto un paio di nozioni per lavorare più in scioltezza nei successivi paragrafi. In primis, tutti sanno che il cervello è un bellissimo organo elettrico. I neuroni comunicano tramite passaggio di cariche elettriche e questa attività è tanto più evidente quanto più un area del cervello è utilizzata. In questo momento, per esempio, la mia area motoria che corrisponde ai movimenti delle mani è attivissima perché sto digitando al computer, mentre l’area che governa le mie inibizioni è in vacanza perché sono da solo in casa in mutande.
L’importanza di questa considerazione sta nel fatto che possiamo registrare l’attività elettrica del cervello, in qualunque momento e in qualunque fase della sua attività, grazie all’elettroencefalogramma, strumento che legge le fluttuazioni di corrente elettrica nei neuroni e le porta in forma di grafico (semplificando un po’ tutta storia…). L’EEG è un concetto vecchissimo ma il suo valore è inestimabile. Grazie alla precisione che si è raggiunta con questa macchina è stato possibile inserirla in un contesto ancora più ampio, quello delle interfacce cervello-computer, le Brain-Computer interface (BCI), per dirla con gli anglosassoni. Questo accoppiamento permette al cervello di essere letto da un computer ed essere interpretato per far funzionare ad esempio protesi o altri device elettronici. Quel che ci interessa di questo processo è la cattura e l’interpretazione dell’attività cerebrale da parte di un computer, cardine di ogni BCI. (memorizzate questo passaggio: macchina che legge l’attività del cervello…)
Ora mettiamo sul tavolo del nostro esperimento un’altro strumento che fa esattamente il contrario della precedente. Invece di leggere l’attività neuronale, la influenza, crea degli impulsi nel cervello imponendosi alla normale attività dei neuroni, sulla base di input generati da un computer. E’ la Computer Brain Interface (CBI, interfaccia Computer Cervello). Com’è possibile? E’ teoricamente facile: l’attività elettrica cerebrale può essere influenzata dall’uso di adeguati campi magnetici, così da indirizzare il movimento di cariche elettriche in alcune aeree e creare attività cerebrale. Il risultato di questa attività sarà subordinato all’area che andiamo a stimolare. Questa tecnica si chiama Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS), già attiva dagli anni 80 e utilizzata tanto in ambito psichiatrico, soprattutto per l’approccio terapeutico di alcune forme di depressione.
Quindi ricapitolando: abbiamo una BCI (brain-computer Interface) che legge il cervello e un CBI (Computer Brain Interface) che influenza il cervello tramite la Stimolazione magnetica transcranica (TMS). E’ venuto quindi il momento di mettere insieme i pezzi a far volare qualche pensiero in giro per il mondo.
E va, il mio pensiero se ne va…
Con questi presupposti, i ricercatori hanno creato due squadre di lavoro parallele. La prima è di stanza in Spagna, dove alberga il soggetto che emetterà il pensiero.
L’emettitore di segnale è un volontario sano, collegato a un EEG a sua volta connesso a una BCI. Le aree cerebrali monitorate sono quelle motorie relative alla mano e al piede. Infatti per rendere quanto più semplice possibile il tipo di informazione da trasmettere, i ricercatori hanno codificato un sistema binario in forma di bit: l’attività del piede corrisponde a 0, mentre quella della mano è 1. Il motivo è presto spiegato.
Con il fine di inviare la parola Ciao da una parte all’altra del mondo, questo termine è stato crittografato secondo il cifrario di Bacone, che vede scomporre ogni lettera dell’alfabeto in serie da quattro di 0 o 1. Per cui, la parola è stata semplificata in una lunga stringa di bit in sequenza. Il soggetto ha imparato a muovere il piede per la cifra 0 e la mano per l’1. In questa maniera, dopo un po’ di training si è riuscito a codificare in maniera spedita la parola. La BCI nel frattempo leggeva le aeree attivate del cervello e ricreava la sequenza di 0 e 1 da mandare nell’etere.
Il pacchetto di dati così creato è stato spedito via internet per cinquemila chilometri verso…
Ci vediamo dall’altra parte
…Il ricevente e l’altra parte del team di ricercatori, stanziati in India in una cittadina che ha un nome troppo lungo per essere vero. Anche loro hanno il loro bel da fare. Hanno approntato una macchina per la stimolazione magnetica transcranica affinché rispondesse in maniera adeguata e univoca agli input che giungevano dal computer, così da avere una CBI affidabile e dal comportamento inequivocabile.
Il CBI funziona in questa maniera: quando arriva la cifra 1, veniva attivata una bobina magnetica che attivava la corteccia visiva occipitale (dietro la nuca) del soggetto ricevente. Il risultano è la comparsa di macchie bianche ai bordi del campo visivo (i fosfeni). Per interpretare la cifra 0, invece, la macchina si limitava a non evocare alcuno stimolo visivo, semplicemente facendola ruotare di novanta gradi e alterando la direzione del campo magnetico. Per evitare che il partecipante barasse, interpretando stimoli esterni e piccoli indizi di quello che stava accadendo, è stato bendato, munito di cuffie isolanti e di guanti. Inoltre, i movimenti di rotazione della bobina, sono stati resi ritmici e non identificabili (con lo schema Posizione attiva → posizione neutra a 45° → posizione nulla o attiva a seconda della stringa di bit), cosicché ogni reazione del volontario era imputabile solo (o in gran parte) allo stimolo elettrico della CBI. Macchie Bianche 1; Niente macchie: 0.
Risultati e un po’ di speculazione (non edilizia)
Come avrete intuito, i bit sono arrivati a destinazione e un po’ alla volta sono stati tutti decodificati e finalmente i due cervelli si sono salutati da bravi cervelli educati e senza fuggire. La percentuale di successo di riconoscimento degli stimoli da parte del ricevente è stata altissima, il che vuol dire che la stimolazione magnetica transcranica è un buon metodo per veicolare informazioni in forma di bit a un cervello a un altro e che le apparecchiature utilizzate sono affidabili (da una parte e dall’altra).
Ci troviamo di fronte al proverbiale piccolo passo per l’uomo e grande passo per l’umanità, perchè il successo di questo esperimento (chiamato erroneamente telepatia) è solo l’inizio per una nuova serie di ricerche in ambito medico, biologico e militare (inutile girarci intorno…) che occuperanno gli scienziati per anni e anni.
I pregi di questo esperimento sono innanzitutto la NON invasività. Non c’è stato bisogno di fare del male a nessuno, i soggetti erano volontari sani e sono tornati alle loro occupazioni senza portare sequele. La semplicità e ripetibilità di esecuzione: i macchinari per quanto costosi, non sono affatto enormi e comunque alla portata di tutti, l’utilizzo dei software si è rivelato molto intuitivo e l’addestramento del personale estremamente veloce. Per ultimo e forse più importante l’aspetto di volontarietà dello stimolo mandato in giro per il mondo. Non ci troviamo di fronte alla trasmissione di un pensiero, ma DI QUEL preciso pensiero o parola, deciso e voluto dall’utente che usava la macchina, tanto che i ricercatori stessi hanno preferito cambiare il nome da Brain to Brain (cervello a cervello) communication a MIND TO MIND (mente verso mente) communication.
La pesantezza scientifica e l’impatto sulla ricerca futura è ancora incalcolabile. Basti pensare alla quantità di disturbi del linguaggio che potrebbero trovare beneficio da questo tipo di tecnologia, quante persone potranno finalmente riaprirsi al mondo. L’idea di governare un arto artificiale e contemporaneamente sentirlo in azione a livello cerebrale grazie a un feedback diretto tra due aree diverse di cervello… Il posizionamento delle due interfacce sullo stesso soggetto per influenzare e addestrare aree di cervello inattive. Insomma, davvero, in questo caso, si può dire che il cielo è il limite e questo enorme orizzonte di ricerca non può far altro che farci trepidare nell’attesa che altro venga alla luce…
Bibliografia essenziale: