Stay Nerd, in quel di Teramo Comix 2017, ha avuto il piacere e l’onore di intervistare Marco Bianchini, disegnatore per Bonelli su Kerry il Trapper, di cui ha curato il character design, Mister No, Dylan Dog e Tex, e creatore nonché ora produttore di Termite Bianca. Vediamo com’è andata, nel resoconto della nostra intervista.
Hai contribuito a realizzare Kerry il Trapper insieme a Sclavi. Come è stato creare questo personaggio? Cosa c’è dentro di tuo e cosa di Sclavi?
Allora, Kerry il Trapper è stato il motivo per cui sono entrato a in Bonelli. Si parla quinti dei primi anni ‘80. Mi ricordo che mi telefonò Sergio Bonelli in persona. Tenete presente che già lo conoscevo, essendo amico di Fabio Civitelli che già lavorava in Bonelli era capitato che andassi in redazione. Mi chiese se ero interessato a disegnare questo personaggio di cui non c’era ancora nessuno studio. Ovviamente gli dissi di sì immediatamente, perché non aspettavo altro che entrare in Bonelli! (ride) Mi ricordo che mi mandarono degli sketch, che forse ho ancora, di Corteggi, dove già c’erano tratteggiate le caratteristiche di Kerry e di Queeg l’indiano, e io su quella base ho disegnato con un altro tratto tutta una serie di volti. Bonelli ne scelse uno, che diventò poi quello di Kerry. Con Tiziano Sclavi in quella fase non ci ho parlato per niente. Non ricordo neanche se abbia commentato in qualche modo, però avrà sicuramente visto quei disegni, la decisione l’avranno presa insieme lui e Bonelli. Nel personaggio, Tiziano c’è. In tutte le storie di Kerry il Trapper ci sono i temi che saranno sviluppati su Dylan Dog.
A proposito di Dylan, su cui hai lavorato, qual è la tua opinione sul suo cambiamento rispetto ai primi numeri, dove l’influenza di Sclavi era più marcata?
Io penso che a un certo punto Sclavi abbia un po’ allentato la presa sulle storie, non scrivendole più lui, essendo in tanti. Non saprei, ebbi la sensazione che ci fu un momento, dopo diversi anni, in cui forse il suo interesse per Dylan fosse scemato, che gli sia un po’ scappato di mano, e quindi dopo abbia sicuramente cercato di riprenderlo. Però credo che Dylan Dog in tutti questi anni sia cambiato parecchio dalle origini che gli aveva dato Tiziano. Non saprei entrare nel dettaglio perché ho disegnato una sola storia di Dylan Dog. Li ho letti però, ne ho una collezione. Quali siano proprio i dettagli in cui è cambiato non lo so, ma sicuramente si, è cambiato.
E adesso che Sclavi si è riavvicinato pensi che ci sarà un ritorno al Dylan delle origini? E in caso positivo, questo ritorno alle origini può andare d’accordo con la spinta al cambiamento che sta raggiungendo tutti gli ambiti del fumetto?
Non credo che ci sarà un ritorno alle origini, mi baso anche sulla mia esperienza personale. Anche io ho un personaggio che ho curato, Termite bianca. Tra l’altro ci stiamo lavorando di nuovo, con Patrizio Evangelisti ai disegni. Ho visto che quando passa il tempo è molto difficile tornare su quella che era la tua filosofia iniziale, i tuoi primi pensieri. Penso che con Dylan siano successe talmente tante cose che sia impossibile tornare indietro. Mi ricordo che anche su Mister No, che ho disegnato per vent’anni dopo Kerry il trapper, ci furono tentativi di modifiche, di modernizzazioni, e non si è più tornati allo spirito iniziale. Credo che quando passano tanti anni non ci sia più verso di farlo. E forse è anche un bene che i personaggi si evolvano, no? Il tempo passa e anche i lettori non sono più i lettori di vent’anni e fa e forse hanno persino esigenze diverse. Quindi no, i personaggi non tornano alle origini. Muoiono! (ride) Oppure rinascono, tipo Superman. Però anche Superman, quando rinasce non è più come l’originale.
Parliamo appunto del tuo lavoro su Mister No e anche su Tex, delle icone del fumetto italiano. Come è stato confrontarsi con questo tipo di personaggi e quanto spazio c’è per l’espressione personale dell’artista rispetto alla “tradizione”?
Quando sono entrato in Bonelli la mentalità di Sergio Bonelli era imperante. Nel senso che lui ha imposto delle regole, come la gabbia rigidissima, sulle quali era impossibile fare modifiche. Anzi, se le facevi, poi c’era un grafico che ri-correggeva le cose. Parlando sempre di diversi anni fa, la scelta dei disegnatori spesso veniva fatta non solo sulle capacità tecniche dell’artista ma anche sul suo modo di disegnare. Per cui più o meno i disegnatori di Mister No così come i disegnatori di Dylan si “somigliavano”. Non si inserivano disegnatori che si distaccavano totalmente. Tant’è che che mi ricordo che alcuni lettori mi dicevano: “io leggo i fumetti ma non distinguo i disegnatori”. Da disegnatore, si distinguevano benissimo. Siccome però era tutto un filone stilistico, c’era chi leggeva e non si accorgeva della differenza. Per quanto Bonelli stilisticamente, a me personalmente così come suppongo a tutti gli altri, non mi abbia imposto niente. Mi diceva di farlo come veniva a me. Poi aveva i suoi punti fissi, come le vignette sempre chiuse, i baloon vicini alla testa e altre cose del genere, ma era soprattutto questo. Invece negli anni, soprattutto dopo la morte di Sergio Bonelli, in effetti c’è stata un po’ un’apertura, sempre stilisticamente parlando. Adesso ci sono delle collane al cui interno lavorano disegnatori che si differenziano molto. Bacilieri, per esempio, Saudelli su Dylan Dog. Il loro stile lo riconosci subito. Da un certo punto di vista le serie si sono anche arricchite.
Hai mai provato a presentare un personaggio tutto suo alla Bonelli in questi anni?
Termite bianca. E Masiero mi rispose che la Bonelli non acquistava personaggi già pubblicati da altri editori, ma solo cose totalmente originali. Per cui, per quanto mi dispiacesse perchè secondo me se l’avesse presa lui Termite avrebbe avuto un successo molto più grande di quello che ha avuto, è l’unico personaggio cui sono riuscito a dedicarmi personalmente, avendo anche altre idee, ma con il lavoro che mi ha sempre impedito di svilupparle a dovere. Delle idee ne ho anche adesso ma alla Bonelli non ho proposto altro.
Passiamo all’attualità: con le nuove attenzioni mediatiche del cinema e del web verso il fumetto, che da un lato portano innovazione e contaminazione, dall’altra fanno parlare anche di crisi di idee. Qual è la tua opinione su questi nuovi modi, a volte contraddittori, di vivere il fumetto?
Io ho le idee abbastanza confuse, se devo essere sincero. Per quanto stia ragionando sulla cosa. Sicuramente questo in Italia è un momento di passaggio. Avendo avuto un fumetto molto legato allo stile bonelliano negli anni passati, la crisi di quest’ultimo ha aperto degli spiragli e a volte delle voragini dove si sono inseriti in molti. Però la novità del fumetto in Italia non è solo legata al fumetto commerciale, ma anche ia quello d’autore. Adesso c’è una proposta enorme per quantità di titoli, ce ne sono talmente tanti che è anche difficile mettersi in evidenza. Però quello che manca, a questo punto, sono le vendite. Ci sono molti titoli a bassa tiratura che, in fin dei conti, non portano tutta questa “ricchezza” al mondo del fumetto. Quindi c’è confusione e tentativi, è un momento di passaggio, da capire. Però di proposte ce ne sono tante e qualitativamente c’è roba meravigliosa, veramente bellissima, in tutti gli stili.
Per quanto riguarda questo nuovo mercato, secondo lei cos’è che i nuovi autori e artisti, magari provenienti dai nuovi media come il web, dovrebbero imparare dal passato? Qual è la migliore “eredità” che possono ricevere dalle generazioni precedenti?
Bella domanda, davvero molto interessante Un pensiero che non mi ero mai posto, ma molto interessante. Io penso, soprattutto, l’onestà intellettuale. Sul web è molto facile, come posso dire, “prendere in giro” le persone. Io, un po’ per età, seguo meno questo mondo del web, ho provato anche ad avvicinarmi ai temi che si sviluppano da lì, per quanto spesso molto lontani dalla mia vita, che quindi seguo con un po’ di fatica a seguirli. Però ho l’impressione che fino a qualche anno fa chi si avvicinava al mondo dei fumetti lo faceva con grande passione e molto interesse all’argomento e molta preparazione. Il mondo del disegnatore, che è quello che conosco meglio, era un mondo in cui c’era da fare una gavetta estremamente lunga. Addirittura, si partiva dai fumetti erotici, per arrivare ai vertici. C’erano a lavorare disegnatori con capacità straordinarie come Tacconi, D’Antonio, nomi di giganti del disegno. Oggi questa cosa si è un po’ persa, nel senso che è vero che si parla più di comunicazione, forse, che di fumetto vero e proprio. E ci sono persone che sono in grado di comunicare con disegni molto essenziali. Per cui la mia speranza è che rimanga comunque un’onestà intellettuale.
Chiudiamo parlando proprio di Termite Bianca. Ti va di parlarci un po’ di questo tuo progetto?
Termite Bianca è un progetto che nasce nel 2005. Doveva essere un cartone animato di fantascienza che non aveva ambizioni intellettuali ma di divertimento, di evasione, un cartone animato che qualcuno andasse a vedere al cinema e stesse bene due ore vedendo cose spettacolari. Ho coinvolto altre persone, ovviamente, perchè l’argomento era così grande che necessariamente non potevo far tutto da solo. In un anno e mezzo abbiamo preparato tutta la pre-produzione: personaggi, sfondi, prime animazioni etc., e abbiamo cominciato a fare vedere a dei produttori cinematografici. Ci sono bastati due incontri per capire che per vendere questo carotne animato, di cui tutti in fondo parlavano bene, e per trattare con i produttori, ci vuole un certo pelo nello stomaco. Ti fanno delle osservazioni tali che al seocondo incontro mi sono detto: questo non è il mio lavoro, non lo posso fare io. E allora decidemmo, viste le difficoltà, dopo aver partecipato anche a festival importanti come quello di Annecy, di cominciare a promuoverlo nel settore che meglio conoscevamo: il fumetto. Così incontrai casualmente Patrizio Evangelisti a una fiera ad Arezzo, ed essendo lui bravissimo decisi di affidare a lui la versione realistica, perchè esisteva solo la versione animata, che è la più semplice. Patrizio fece un lavoro talmente bello che partimmo con la versione realistica, facendola disegnare a Patrizio Evangelisti, mentre a me restava la parte del character design e della storia. Patrizio trovò già tutto pronto, doveva solo trasformarlo in un disegno. Abbiamo poi trovato la Pavesio disponibile, che ci pubblicò in 3 volumi che usciti sia in Italia che in Francia. I primi volumi sono quasi esauriti, sono rimaste pochissime copie che tra l’altro adesso ho io. Le ho recuperate perchè purtroppo Pavesio è fallita e mi ha ridato i volumi, quindi se ci fosse qualcuno interessato ad averli li trova da me. Adesso con Patrizio stiamo lavorando al seguito, l’abbiamo scritto, ci siamo influenzati reciprocamente in tutto. Lui ha interferito nella mia parte scritta e io sto interferendo con la sua parte di disegno. Il testo è già pronto, sarà una graphic novel di oltre 100 pagine tutta a colori. Patrizio ha già fatto gli storyboard di tutte e 100 le tavole e posso dire che sarà fichissima, anche con dei personaggi nuovi. Adesso le stiamo colorando, Patrizio ci mette circa tre giorni per ognuna, quindi ci vorrà un annetto buono. Siamo ancora a pagina 12! (ride) Sulla pagina facebook metto ogni settimana delle anteprime su come sta proseguendo. In questo momento la stiamo, diciamo così, autoproducendo noi, perchè è un volume che questa volta voglio curare io in tutto e per tutto, nella grafica, nell’impaginazione etc. È un progetto molto impegnativo economicamente, è molto difficile che troveremo un editore già della forza economica di pubblicarlo, anche perchè dovrebbe poi venderlo a prezzi straordinari. Abbiamo trovato un modo per non rimetterci, però in questo momento la stiamo autoproducendo. Poi vediamo cosa succederà. Fra l’altro vorrei chiudere con un invito a fare autoproduzioni, perchè in questo momento in Italia gran parte delle cose più interessanti vengono dalle autoproduzioni, quindi è una cosa molto importante secondo me e da seguire. Anche per chi è all’inizio, è un modo di mettersi molto in evidenza.