Per le macchine ribelli è tempo di pensione…
Da amante dei capitoli originali di Terminator -ovviamente parlo dei primi due- per me era impossibile non partire un po’ prevenuto con questo Genisys. Già il fatto che venisse dopo quelle schifezze di Terminator 3 e Salvation non era un buon punto di partenza per quanti ormai vedevano a giusta ragione un declino inesorabile nella serie. Inoltre inutile negarlo, il trailer non convinceva più di tanto e la puzza di periodica operazione commerciale si avvertiva già piuttosto forte.
Ma almeno una piccola speranza nel cuore io la conservavo -caspita- visto che con Terminator Genisys ci si voleva ricollegare direttamente al primo film, riportandoci negli anni 80 e riesumando leggendari personaggi come Sarah Connor e Kyle Reese, memorabili protagonisti del primo grande capolavoro di James Cameron. In fondo un film del genere avrebbe dovuto scriversi da solo con simili presupposti per essere quanto meno valido. E invece no, perché il buon Alan Tylor ci prova per due ore abbondanti a replicare l’epicità della narrazione, la grandiosità delle scene d’azione, la drammaticità del contesto generale, si vede benissimo che il tentativo esiste, ma purtroppo tutto ciò che riesce ad ottenere, quando va bene, è qualche buon fanservice, qualche momento chiaramente inserito per strizzare l’occhio a tutti i fan della saga e lasciare indifferenti gli altri. Si perché purtroppo Genisys come film indipendente non si regge proprio, nonostante sia di fatto un nuovo ‘primo capitolo’.
Infatti, vedremo riscrivere gli eventi di Terminator: John Connor, comandante delle truppe ribelli che cercano di annientare le macchine di Skynet, manda nel passato Kyle Reese per proteggere la madre, Sarah Connor, dopo aver scoperto che Skynet aveva appena fatto lo stesso con un Terminator, con lo scopo però di ucciderla e quindi non veder mai nascere l’ostacolo rappresentato da John Connor. Da questo momento gli eventi dei due film si separano e Kyle Reese finisce in una linea temporale alternativa dove Sarah Connor è tutt’altro che impreparata alla situazione e grazie ad un vecchio T-800 (il grande Arnold) mandato a proteggerla quando lei aveva soli 9 anni. Ora, lo spunto secondo me era genuinamente interessante, e rappresentava un buon modo per ricollegarsi alla linea narrativa principale eliminando il superfluo (Terminator 3 e Salvation) e creare qualcosa di nuovo senza al contempo rinnegare nulla grazie all’espediente della doppia linea temporanea. Purtroppo però questa idea è stata decisamente sfruttata male: troppi ‘spiegoni’ inutili, una trama confusa che cerca semplicemente con voracità di inserire un po’ tutto quello che ha fatto la fortuna dei primi due film in maniera maldestra: il T-800 buono, quello cattivo e un T-1000 (quello ‘liquido’, ricordate?) buttato lì, con poca convinzione, in alcune scene che palesemente giocano con i nostri ricordi e scopiazzano blandamente le più iconiche immagini di Robert Patrick impresse nella nostra memoria .
Inoltre le interpretazioni tendenzialmente non brillano, e ove tutta l’opera in generale rivede l’universo di Terminator in chiave decisamente meno drammatica, gli stessi personaggi di Sarah Connor e Kyle Reese vengono reinterpretati in maniera più “bambocciosa”, perdono di maturità e in generale il film è un po’ troppo ‘solare’ per quelli che sono sempre stati i toni della serie. E poi non credi più a nulla di quello che vedi su schermo, nemmeno con tutto lo sforzo possibile, crolla qualsiasi coerenza narrativa e filologica, troppi paradossi temporali, tecnologie che fondono uomini e macchine improbabili, plot-hole giganteschi e scene telefonate e per nulla memorabili. E… la cosa peggiore di tutte: l’eroe leggendario John Connor trasformato in un villain fiacco e incredibilmente mal contestualizzato. E scusate lo spoiler ma tanto ormai lo sapevano anche i muri (in fondo è una cosa mostrata in qualsiasi trailer). Insomma voglio dire, vuoi sconvolgere completamente i capisaldi e trasformare quello che è sempre stato il simbolo della speranza nel suo esatto opposto? Ok ci sto, mi va bene, posso accettare un’idea estrema, ma allora mi aspetto una serie di espedienti ed eventi che giustifichino tutto questo sceneggiati come Dio comanda e non questa robetta qui… In ogni caso e nonostante tutto, non parliamo di un film inguardabile, Arnold Schwarzenegger riesce incredibilmente a tenere abbastanza in piedi la sua interpretazione di ‘Cyborg con le rughe’ puntando soprattutto su una leggera autoironia (in realtà un po’ forzata trattandosi di un robot senza emozioni ma va bé…) che effettivamente fa più bene che male, e Emilia Clarke non è nemmeno troppo malvagia nel ruolo di Sarah Connor (ma Linda Halmilton era un’altra cosa e non ce ne vogliano i fan di Daenerys).
Inoltre il prologo del film ambientato nel futuro, è veramente carino, e ciò non fa che rafforzare la delusione nel vedere come la qualità scenda in picchiata minuto dopo minuto… Il più grande problema di questo film è quello di essere modesto sotto tutti i punti di vista e di non proporre nemmeno una piccolissima scena che possa donargli una dignitosa identità propria. Pazienza, sarà per la prossima volta. Sperando che i diritti di Terminator siano già tornati in mano a Cameron (nel 2019), l’unico chhe di fatto, ha dimostrato di saperli utilizzare come si deve.