Terrace House ritorna con la sua quarta stagione co-prodotta da Netflix
Su Facebook e non solo girano quasi solo estratti di programmi della TV giapponese che ci mostrano challenge assurde o disgustose: dalle idol che devono soffiare attraverso un tubo per evitare di ingoiare un insetto a concorrenti che devono assumere determinate pose ritagliate su un muro mobile, in modo da non cadere in acqua. Sono divertenti da vedere ma danno a noi occidentali una determinata immagine dell’intrattenimento televisivo in Giappone, fatta principalmente di sciocchezze che non rimarranno impresse per la loro qualità. Se poi si crede che questi programmi vengano alternati solo da anime trasmessi ad orari improbabili e notiziari, si rischia di perdersi perle come Terrace House.
Nato nel 2012 e durato per otto stagioni fino al 2014 con il sottotitolo Boys x Girls Next Door, Terrace House arriva come co-produzione di Netflix e FujiTV anche sulla piattaforma streaming americana. Le nuove stagioni hanno durata di un anno e, rispetto alla prima, cambiano sempre il setting: Boys x Girl in the City si svolge a Tokyo; Aloha State è ambientato alle Hawaii; Opening New Doors si sposta in montagna, a Karuizawa; la nuova stagione, dal 10 settembre su Netflix, intitolata Tokyo 2019-2020, ritorna nella capitale.
Terrace House: il reality show per chi odia i reality show
Al passo con i Kardashian, Jersey Shore, Grande Fratello, Isola dei Famosi… sono solo alcuni dei reality più famosi e seguiti che hanno creato una netta divisione tra il pubblico: chi li adora per i loro momenti più trash (talvolta più che voluti e quindi palesemente finti), chi li detesta per l’eccessiva drammaticità e per i partecipanti stessi (che, diciamocelo, non sono quasi mai menti illuminate). Terrace House si distingue dalle caratteristiche chiave di ciascuno di questi e ne aggiunge di nuove che esaltano il prodotto finale, dimostrando come i giapponesi siano bravissimi a prendere un concept o un’idea già conosciuti e crearne la versione migliore possibile.
In cosa consiste il programma? Essenzialmente, gli spettatori seguiranno la vita quotidiana di tre ragazzi e tre ragazze di varie età (più o meno dai 18 ai 35 anni) che vivranno nella stessa casa. Verranno messe loro a disposizione delle auto e non avranno alcun copione, dunque ogni cosa che vediamo si suppone essere genuina, pur essendo ripresi costantemente. Nessun montepremi, nessuna restrizione, ma una pura e semplice convivenza tra giovani giapponesi, ognuno con i propri sogni e background.
Fin dalle prime puntate è facile capire in cosa è diverso Terrace House. Innanzitutto, i partecipanti non sono persone famose, né come personalità dello spettacolo né online. Sono ragazzi comuni, con interessi e lavori normali ma con personalità che li rendono accattivanti a modo loro. Ce n’è per tutti i gusti lungo le varie stagioni: surfisti e snowboarder professionisti, semplici studenti, una giocatrice di hockey, modelle, ragazzi solo per metà giapponesi. Inoltre possono usare cellulari e computer (infatti anche durante lo show sono attivi sui social come Instagram) e uscire di casa per appuntamenti, fare spese e andare a lavoro. Infine, cosa più importante, possono andarsene quando vogliono.
Non essendoci alcun premio in palio e dunque nessun televoto su chi sia più meritevole di riceverlo, tutti loro partecipano per interesse personale: chi vuole trovare l’amore, chi vuole provare un’esperienza formativa e trovare sé stesso; chi spera di sfruttare il programma come trampolino di lancio o spinta in più per la propria carriera. Quando uno di loro sente di aver raggiunto il proprio obbiettivo, può decidere di andarsene e verrà presto rimpiazzato da un nuovo coinquilino, per mantenere l’equilibrio nella casa e creare nuove situazioni e interazioni.
Solo con questi piccoli accorgimenti, lo show acquista tutto un altro mood che viene accompagnato sempre egregiamente da musiche dal sound city pop o jazz e da splendidi scenari dei luoghi in cui si muovono i membri della casa. Ma allora cosa piace così tanto di questo reality?
Terrace House e la metanarrazione
In Italia programmi come il Grande Fratello vengono visti anche 24 ore su 24 da milioni di persone per poi avere una puntata settimanale nella quale vengono recuperati e riassunti episodi di discussioni o avvenimenti, per parlarne con i concorrenti e risolvere i diversi casi velocemente. Ciò a cui punta un programma di questo tipo è suscitare emozioni forti negli spettatori, perché si sentano coinvolti anche guardando passivamente litigi conditi di volgarità e/o momenti di intimità tra i partecipanti. Il massimo a cui si può auspicare è un secondo programma, come i nostri Mai dire…, che però non propongono commenti costruttivi ma sono un concentrato di ciò che il pubblico ha già visto in chiave comica.
Terrace House, invece, è uno show nello show. Ogni episodio, infatti, è coperto per due terzi dalle vicende dei coinquilini e per il terzo rimanente da un gruppo di commentatori. Questo gruppo di personalità televisive (principalmente comici e attori) siede in un salottino dall’estetica minimal e del tutto simile a quella della casa e guarda insieme a noi le puntate. Negli intervalli dallo show, commentano quindi le scene appena viste e ne danno una lettura critica e attenta, certo senza esimersi comunque dal fare battute e affibbiare nomignoli agli inquilini.
I commentatori, che tra l’altro sono sei e divisi equamente proprio come gli inquilini, assumono perciò il ruolo di narratori, così che gli spettatori, in particolare noi occidentali, colgano i significati di alcune sequenze (nonostante il movimento di camera e le inquadrature seguano schemi molto precisi e pongano l’attenzione sui movimenti e le espressioni dei ragazzi). Infatti, spesso si rende necessaria una capacità che i giapponesi chiamano kuuki wo yomu “leggere l’aria” e i commentatori fanno proprio questo: alcuni atteggiamenti dei partecipanti vengono così spiegati ma non per questo giustificati, anzi talvolta vengono criticati duramente.
Il che ci porta ad un’altra grande peculiarità metanarrativa che rende Terrace House un caso unico nel suo genere: i partecipanti possono rivedersi mentre sono ancora nella casa. Viene reso loro disponibile il servizio Netflix e in qualsiasi momento possono rivedere le vecchie stagioni o anche le puntate precedenti della propria, compresi i commentari. In questo modo, gli stessi inquilini potranno rendersi conto di come stanno andando davvero le cose e agire di conseguenza, tornando consapevoli di essere visti ed eliminando tutto il trash che altrimenti scaturirebbe nei programmi nostrani.
Un reality in cui la realtà può rispecchiarsi
Il format di Terrace House, dunque, è un misto tra il reality tradizionale ed elementi innovativi, esaltati dal buongusto giapponese. La libertà che viene concessa agli inquilini è la cosa che più lo rende speciale: stiamo letteralmente “spiando” la vita di queste persone comuni e perciò con cui è facile empatizzare, rispetto al vip di turno. Non si può fare a meno di prendere in simpatia alcuni più di altri, come se vivessimo anche noi con loro e, probabilmente, chi ha avuto esperienza di coinquilini può confermare che non si tratta di una passeggiata.
Non mancheranno infatti discussioni e cose non dette che verranno a galla successivamente (e che renderanno alcuni episodi memorabili) ma in fondo accade proprio così anche nei rapporti reali e grazie al commento esterno, con la verve tipica dell’umorismo giapponese, impareremo ad amare non solo quella realtà ma anche la nostra, con tutti i suoi difetti e le sue sfide quotidiane: la ricerca di un lavoro e dell’indipendenza, l’approfondimento di una conoscenza, la scoperta di una nuova passione, tutte cose a noi familiari come lo sono i volti di questi ragazzi, che vengono ripresi, con grande attenzione per i dettagli, come punti d’interesse nella vastità della casa e del Paese in cui vivono.
Terrace House, così, offre un’immagine diversa del Giappone: un’immagine d’integrazione e inclusione (ad esempio, mai nessuno degli inquilini ha manifestato disagio per la presenza di ragazzi solo per metà giapponesi), di desiderio di crescita e sperimentazione, di interesse per l’individualità all’interno della collettività spesso percepita come estraniante. Partecipare a Terrace House, come inquilino o come spettatore, significa trovare il proprio spazio nel mondo e mai avremmo potuto aspettarcelo da un reality show che risulta infine di ottima fattura, sia dal lato tecnico che nei contenuti.