Il nuovo libro di Sayaka Murata, I terrestri, ci dà una disturbante visione di una fuga dalla società
Con il nuovo romanzo I terrestri, uscito per Edizioni e/o, Sayaka Murata tratta ancora una volta dei grandi problemi che affliggono la società giapponese (e, a dirla tutta, anche quella occidentale).
Per alcuni, già La ragazza del convenience store fu una storia fuori dagli schemi, per quanto breve, che presentava una protagonista inusuale e non conforme all’immagine che la società impone alle donne di qualsiasi età. Ne I terrestri, Sayaka Murata si spinge ancora oltre, per suscitare un disgusto particolare, angosciante, la cui fonte potrà stabilirla solo il lettore stesso.
I terrestri e i pohapipinpobopiani
Natsuki non è una bambina delle elementari come tutte le altre: è stata incaricata da Pyut, originario del pianeta Pohapipinpobopia, di proteggere la Terra dai malvagi e per farlo le ha donato un portacipria magico e una bacchetta con cui trasformarsi in maghetta.
La verità però è ben diversa: Pyut è un pupazzetto che parla solo nell’immaginazione di Natsuki, così come è immaginaria anche questa sua doppia vita. In realtà la bambina è schiacciata giornalmente dal peso delle parole mortificanti dei genitori e della sorella, che la considerano un’incapace e indegna di qualsiasi forma di fiducia o rispetto. Solo grazie alle proprie magie, frutto delle “formule” che si ripete nella testa, Natsuki riesce a sopportare la sua quotidianità svilente e straniante.
Quel che le è più di conforto, però, è soprattutto il sapere di non essere la sola ad aver capito di non far parte dei comuni terrestri. Anche Yuu, infatti, il cugino coetaneo con cui può incontrarsi una volta l’anno durante il periodo dello Obon a casa dei nonni, ha un segreto: in realtà è un alieno, perfino sua madre lo ripete spesso a quanto pare, e per di più può darsi che il suo pianeta d’origine sia lo stesso di Pyut! I due bambini, perciò, trovano l’uno nell’altra la comprensione e l’empatia che non ricevono dalle rispettive famiglie e decidono di onorare tale legame con un matrimonio segreto comprensivo di accoppiamento che, non appena scoperto, scatenerà le ire degli adulti e porterà alla loro separazione.
Ritroveremo dunque Natsuki ultratrentenne e sposata in una sorta di matrimonio combinato, ancora in qualche modo convinta di non far parte dei terrestri ma, anzi, di essere anche lei una pohapipinpobopiana come Yuu e capace di andare avanti solo al pensiero del voto fatto durante quegli anni insieme a lui, cioè sopravvivere entrambi, a qualunque costo. Il problema però sta proprio qui: qual è il costo di vivere in una società cui sentiamo di non appartenere e che vogliamo rifuggire con ogni fibra del nostro essere? Fin dove ci si può spingere pur di rompere il giogo della razionalità che la società impone col suo “lavaggio del cervello”?
I terrestri di Sayaka Murata trascende i confini sociali di un sistema limitante e limitato
La risposta certa a queste domande ovviamente non esiste, Sayaka Murata sperimenta ne I terrestri una soluzione più estrema rispetto a La ragazza del convenience store, raccontata attraverso la voce di Natsuki e le riflessioni che scaturiscono dalle conversazioni con suo marito Tomoomi e il ritrovato cugino Yuu, ora adulto e apparentemente vittima della spersonalizzazione attuata dalla Fabbrica su tutti gli individui.
Ne I terrestri viene chiamata così la società e ogni suo costrutto: le regole sociali che determinano il ruolo di ogni persona fanno sì che la Fabbrica possa andare avanti, creando nuovi esseri umani in grado di rendersi utili una volta educati al loro dovere, che sia lavorare o riprodursi. Nessuno tra questi tre personaggi è riuscito a inserirsi a dovere ma ha cercato di aggirare le imposizioni tentando di passare il più possibile inosservato, conservando però le proprie fisime e i propri disagi, che agli occhi di un membro perfetto della Fabbrica potrebbero subito apparire strani, per non dire anormali.
Ma d’altronde cos’è la normalità, se non appunto un costrutto sociale? I tre, non considerandosi terrestri e opponendosi a quelli che invece danno titolo all’opera di Sayaka Murata, decidono di fuggire dalla Fabbrica ed estraniarsi da ogni cosa possa ricondurre a essa, per non rischiare di essere catturati e ricondotti all’interno del sistema.
Un sistema disfunzionale, in effetti, che non è in grado di vedere né ammettere le proprie problematiche in quanto corrotto su più livelli, in primis quando si tratta di riconoscere richieste di aiuto da parte di persone come Natsuki: le conseguenze dei maltrattamenti tra le mura di casa, del clima di umiliazione costante e anche dello stupro che subisce sono devastanti e portano a una colpevolizzazione che viene perpetrata anche nella realtà e di cui abbiamo già letto in modo più approfondito e dettagliato nella testimonianza di Shiori Ito.
A questa situazione, ovviamente, non segue alcun supporto psicologico, tant’è che la bambina sviluppa un vero e proprio fenomeno dissociativo, che lei chiama “magia” in un tentativo infantile e innocente, come quello attuato dal cugino che si crede un alieno, di mettere insieme un meccanismo di difesa che, purtroppo, cederà alla fine del romanzo.
I terrestri di Sayaka Murata è sicuramente una lettura consigliata ma forse non per tutti
E questi sono solo alcuni dei temi che possiamo leggere tra le righe de I terrestri: Sayaka Murata parla praticamente senza filtri e decide di rompere qualsiasi barriera, compresa quella dei tabù. Dove Keiko de La ragazza del convenience store aveva comunque creato un proprio stile di vita in una bolla che rimaneva comunque all’interno della società che conosciamo, Natsuki invece prende la decisione più estrema, andando con Yuu e Tomoomi in montagna per riavvicinarsi al cielo, allo spazio cui crede di appartenere e dove perciò non vigono le stesse regole e gli stessi vincoli, dove si può davvero fare ciò che è necessario per liberarsi per sempre dei blocchi che la trattenevano sin dall’infanzia.
Nonostante Tomoomi e Yuu siano meno approfonditi di Natsuki, che invece rivela un animo molto più centrato a dispetto dei propri dubbi e delle proprie anomalie, non si può fare a meno di smettere di seguire l’escalation di decisioni sempre più folli prese dal trio di “alieni”. Il climax avviene praticamente nelle ultime 50 pagine de I terrestri, con cui Sayaka Murata conduce la narrazione a un finale forse un po’ affrettato ma inaspettatamente gore che sfida lo stomaco ma anche la capacità di comprensione del sottotesto del lettore. Alla fine della lettura, se si sapranno cogliere le sfumature insite nella trasgressione compiuta da Natsuki e compagni, si riuscirà anche a capire quanto per loro essa sia stata molto più che una semplice fantasia escapista.