Il 6 febbraio 2018 è una data importante per tutti gli astrofili terrestri: per la prima volta possiamo vedere le immagini di una automobile Tesla in orbita intorno alla Terra. Non vogliamo sminuire l’impresa di SpaceX e il suo lancio, ma per come è stata messa in scena tutta la storia, dobbiamo per forza fare un minimo di chiarezza e cercare di staccare e dividere la parte meramente commerciale dell’operazione pensata da Elon Musk e quella invece tecnica che vede dietro il lavoro di centinaia di persone, tra tecnici, ingegneri e scienziati di ogni natura.
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ELon Musk è uno degli uomini più ricchi e influenti del mondo e del Sistema Solare (ora è proprio caso di dirlo), una persona in grado di investire ventisette mila dollari prestati dal padre e trasformarli in 340 milioni nel giro di qualche anno. Potete capire come questo ragazzo sia stato e sia una sorta di Re Mida della finanza, in grado davvero di far fruttare tutto quello che gli passa per le mani.
Musk è un laureato in fisica e economia scientifica e quindi la sua preparazione è duplice: da una parte è spinto dalla forsennata ricerca e dal piacere delle scoperte tipico di chi insegue una crescita scientifica, e dall’altra ha tutti gli strumenti per far fruttare i suoi investimenti, grazie alle sue spiccate e allenate capacità di vedere i soldi oltre la siepe.
A partire dalla prima società di servizi di geolocalizzazione web, Zip2, che gli ha fruttato oltre trecento milioni dollari con un investimento di qualche migliaia, fino alla cofondazione di PayPal a partire da x.com, un piccolo sito di servizi finanziari e pagamenti online, la lettura del mondo e dei suoi trend soprattutto in materia di servizi basati sulle tecnologie emergenti, come Internet e i suoi mille usi, hanno permesso a Elon di guadagnare abbastanza soldi da investire in quelli che potrebbero essere dei sogni da bambino: viaggiare nella spazio!
Nel 2001, è nata SpaceX, un’azienda privata con il solo scopo di sdoganare il volo spaziale e magari la colonizzazione di altri pianeti. L’azienda di ricerca e costruzione spaziali è cresciuta vertiginosamente negli ultimi anni, e il calendario di lanci e successi a lei ascrivibile è davvero lungo.
Oltre a guardare al di là delle nuvole, il buon Elon Musk non ha mai smesso di pensare al suo Pianeta di origine, cercando di sviluppare tecnologie che siano sostenibili in termini ambientali. Con questo intento, sono arrivati gli investimenti nel fotovoltaico (SolarCity) e la fondazione di una casa di produzione di macchine elettriche: Tesla.
Musk ha proseguito nei suoi investimenti e nelle sue scalate al successo, come se ce ne fosse ancora bisogno, per arrivare al 6 febbraio 2018, il giorno in cui la Tesla è andata nello spazio sulle note di David Bowie.
Falcon Heavy e Hitchhiker’s Guide
Dal Kennedy Spaceport, tra i respiri trattenuti degli astanti e le palpebre pesanti dei milioni di persone sparse sul globo che ne seguivano la diretta streaming, il razzo Falcon Heavy ha dato potenza ai suoi 27 motori Merlin e si è sollevato in volo, trasportando il suo prezioso carico alle ore 3:45 ET.
Il video del lancio è qualcosa di incredibile e si capisce perché il Falcon Heavy si sia guadagnato il titolo di Most Powerful Rocket in The World. Costruito con tre Falcon 9 (il nove indica il numero di motori Merlin di ciascun modulo), questo potentissimo mezzo è in grado di sollevare e trasportare una massa di oltre 64 tonnellate, paragonabili a un 737 con tutti i passeggeri i bagagli e il personale di bordo. Con queste caratteristiche sulla carta, il Falcon Heavy potrà trasportare enormi carichi diretti verso la Stazione Spaziale (cosa che già SpaceX fa con i suoi vettori più piccoli) ma soprattutto potrà alloggiare il modulo per trasporto di esseri umani, il Dragon Spacecraft.
Quello a cui abbiamo assistito nelle scorse ore era in realtà solo un volo di prova, per valutare l’effettiva potenzialità di questa soluzione per superare la gravità terrestre e volare nello spazio. Di solito in queste occasioni, per simulare il peso di un eventuale equipaggio o carico da trasporto, si utilizzano lastre di metallo o altro materiale spendibile, ma qui siamo su SpaceX e le cose non vengono fatte mai secondo i canoni.
ELon Musk ha preteso e ottenuto che nella testa del Falcon Heavy fosse montata la sua Tesla, rossa fiammante. Per rendere tutto più cinematografico, al volante è stato messo Starman, un manichino vestito con la tuta spaziale ufficiale della casa californiana.
E così, finestrini abbassati, posa tamarra con il gomito fuori dal finestrino, David Bowie a tutto volume, dopo pochi minuti dal decollo, la Tesla ha messo il muso nello spazio, regalandoci alcune delle immagini più suggestive e incredibili degli ultimi vent’anni: la Terra vista a bordo di un’auto, la fusione fredda tra un mezzo di trasporto ancorato al suolo e la prospettiva distorta del nostro pianeta lontano e più azzurro che mai. Difficilmente ce ne dimenticheremo.
Il citazionismo (se così lo vogliamo chiamare) di questa piccola impresa spaziale è sconfinato. Non solo Space Oddity, il pupazzo ribattezzato Starman, ma tanti piccoli altri particolari, che magari ai più non diranno niente ma a tutti quelli che come noi hanno passato gran parte della loro vita con il naso immerso nei libri di fantascienza e la mente librata nell’immensità delle galassie, hanno un significato quasi profetico.
La rampa di lancio da cui è il Falcon Heavy ha mostrato di cosa è capace è la stessa da cui anni e anni addietro si alzò in volo l’Apollo 11 di Neil Armstrong e Buzz Aldrin.
Sul cruscotto della Tesla, là dove c’è il touchscreen e il navigatore satellitare, campeggiava una scritta quanto mai azzeccata: DON’T PANIC, chiaro e inequivocabile riferimento alla Guida Galattica per Autostoppisti di Douglas Adams. Si narra che nel cruscotto fosse stato messo anche un asciugamano, ché, si sa, non si può mai uscire senza, soprattutto se si va a fare un viaggio così lungo. Sul cruscotto della macchina è stata anche appiccicata una versione in miniatura della stessa,
E per chiudere completamente il cerchio, in un disco ARC, un data storage ad altissima resistenza, capace di sopravvivere alle impervie condizioni dello spazio, è stato immagazzinato una enorme fetta del sapere umano, a uso e consumo di chi ci metterà le mani sopra. E tra le altre cose, c’è tutto il Ciclo della Fondazione del maestro Isaac Asimov.
A firma di tutto il progetto, oltre al logo di SpaceX, c’è la scritta ‘Made on Earth by Humans.’.
Valore scientifico e valore aggiunto
Questo era il primo lancio del Falcon Heavy, siamo nella fase del piccolo passo per SpaceX, grande passo per l’umanità. Dal punto di vista scientifico e tecnologico, questo esperimento dimostra che un’agenzia spaziale privata può organizzare dei viaggi spaziali. Ma questo lo sapevamo,, visto che SpaceX già aveva trasportato materiale per la ISS. Si sono rafforzate anche le idee che il vero futuro sono appunto i razzi riutilizzabili, come dimostrato dall’atterraggio dei due moduli laterali del Falcon Heavy, tornati alla base sani e salvi. Il terzo, purtroppo, per mancanza di carburante ha mancato la drone ship nel Pacifico di appena 100 metri, schiantandosi nel mare. Peccato.
Questo approccio al viaggio spaziale cambia le carte in tavola e soprattutto, ora più che mai, getta le basi per una eventuale massificazione delle escursioni a gravità zero. La riutilizzazione dei razzi permette di programmare più voli senza necessariamente costruirne di nuovi ogni volta, abbattendo alcuni costi non indifferenti. Questo potrebbe diventare la base per un eventuale turismo spaziale, oltre a migliorare i contatti con gli astronauti in orbita. Da qui alla colonizzazione di altri pianeti il passo è relativamente breve.
Marte è davvero a un passo e SpaceX sta sviluppando dei veicoli che sfruttano combustibile liquido e metano, che sono appunto materie teoricamente reperibili sul pianeta rosso. Tutto punta in quella direzione, esattamente come la Tesla incastonata nel modulo del Falcon Heavy.
Questa prima puntatina nello spazio profondo da parte dell’Agenzia di Elon Musk ha anche dimostrato quanto sia potente il Falcon Heavy. Secondo i calcoli fatti prima del lancio, la potenza generata doveva portare la Tesla in orbita intorno a Marte, ma con i dati raccolti in tempo reale, in base all’altezza assunta dalla macchina in volo e dalla sua orbita attuale, si è arrivati a calcolare che potrebbe tranquillamente arrivare fino alla fascia di Asteroidi, oltre Marte! E questo è un ulteriore record da ascrivere al milionario americano.
Esistono tantissime altre piccolezze scientifiche e traguardi che si sono raggiunti con questo primo esperimento, e che tutte portano a una sola conclusione, bella o brutta che sia: il futuro del viaggio interstellare passerà per le compagnie private, rendendo in un certo senso il ruolo della NASA un po’ anacronistico. L’approccio di Musk alla corsa spaziale si è basata sull’abbattimento dei costi di sviluppo, e questo l’ha fatto spingendo al massimo la produzione interna di componenti. Ad esempio, la lega di Alluminio-litio con cui sono stati costruiti i Falcon 9 ha richiesto la creazione di una speciale saldatrice, venuta fuori dalla Sezione Ricerca e Sviluppo della stessa SpaceX, tanto che un’altissima percentuale dei componenti sono pensati e realizzati all’interno della compagnia stessa.
Tutti gli eventuali costi di acquisti e importazione vengono in parte contenuti. E tutto questo si aggiunge al già citato riutilizzo dei razzi vettori, che non diventano più usa e getta.
Ora, il 6 febbraio è stata una gran data per il mondo scientifico, per le comunità di appassionati e per la ricerca in campo spaziale, ma non dimentichiamo che era un volo di prova, un esperimento. Quando si è dato il via al conto alla rovescia, lo stesso Elon Musk temeva che tutto potesse esplodere e trasformare un evento epocale in una colossale tragedia. Per fortuna così non è stato, ed è quindi emerso tutto il teatro programmato per promuovere questo avvenimento.
Per essere chiari, come abbiamo detto in apertura, il riassunto dell’avventura di SpaceX sta tutto nella frase: hanno mandato una Tesla nello Spazio. Purtroppo a fronte di un sacco di commenti e opinioni ‘serie’, quel che resta di tutto il circo messo in piedi da Elon Musk è appunto la spettacolarità con cui sono state gestite le varie fasi, dalla preparazione fino all’atterraggio dei moduli accessori.
Tutto trasudava pubblicità: già dal commentatore durante lo streaming che con piglio da speaker di una partita di calcio (o di football, per rimanere negli States) ha scandito gli eventi salienti con un’enfasi che mai ci saremmo immaginati.
Non mi va di tirar fuori l’abusato termine Marketing, ormai così onnipresente e a sproposito in ogni discussione che se ne è quasi perso il significato. Dal basso della mia posizione di comune mortale, quel che ho visto e sentito è stato un bellissimo spot pubblicitario a sfondo scientifico, pensato da un uomo che probabilmente ancora non ha smesso di sognare, ma che ha capito che per farlo deve per forza coinvolgere quante più persone possibili. E non c’è modo migliore se non creare qualcosa di cui tutti potranno parlare. Questo tipo di approccio era inevitabile, perché SpaceX ha bisogno di qualcosa di cui la NASA non ha necessità: deve entrare nell’immaginario collettivo, deve fare quel salto di qualità che da industria spaziale la elevi a simbolo spaziale. Con questa operazione, che non ha nulla da invidiare agli altri traguardi raggiunti precedentemente da SpaceX, di fatto, il nome di questa azienda è stato legato per sempre all’immagine di un automobile in giro per lo spazio, una cosa che per quanto folle e per certi versi inutile, ha un potenziale immaginifico incommensurabile.
Con questo, quando il viaggio spaziale e interplanetario verrà proposto alla massa, quando finalmente tutti potremmo pensare di fare una capatina sulla Luna, o solo farci un giretto pochi metri fuori dall’atmosfera, sicuramente ci verrà in mente di rivolgerci a quelli della Tesla nello Spazio.
Con questa operazione mediatica, potremmo dire, con un po’ di leggerezza, forse, che Elon Musk si è appena costruito un’immagine di tour operator interstellare.
Sicuramente esiste una bella fetta di persone ciniche e dal cuore di pietra che invece interpretano il lancio di Falcon Heavy e della Tesla come una conseguenza di ben altra natura. Al diavolo tutti i sogni e il futuro del viaggio interplanetario, Elon Musk ha bisogno di rivalorizzare un’azienda che sta soffrendo da mesi. La sua fabbrica di automobili elettriche infatti pare sia in cattive acque, come lo dimostrerebbero i ritardi di produzione delle sue macchine e i licenziamenti copiosi che si sono abbattuti sul personale di vari reparti. Inoltre, si vocifera che l’azienda stia extralocando la produzione a Shanghai, ma questa voce è stata in parte smentita, quindi prendetela come un rumor e niente di più.
Lanciare una macchina sullo spazio assume il significato strategico di farla tornare con le gomme per terra, sperando che questa impresa stellare faccia bene alle vendite. Insomma, la Tesla che già sembrava uno status symbol per i prezzi e il valore elitario che aveva, ora diventa addirittura l’unica macchina ad essere arrivata là dove nessuno è stato mai. Probabilmente Musk ha un po’ paura del futuro, perché nei prossimi anni si affacceranno sul mercato delle elettriche di lusso alcune tra le case automobilistiche più blasonate e rispettate, come Audi, BMW e Mercedes e sicuramente la lotta per accaparrarsi la propria fetta di mercato sarà acerrima e senza esclusione di colpi di clacson.
Staremo a vedere.
E adesso?
Adesso la Tesla continuerà il suo viaggio verso Marte per altri sei mesi circa, alla deriva nella sua orbita precalcolata. L’ultima immagine trasmessa dalla distanza di 7000 km dall’atmosfera terrestre, mostrava uno Starman in ottima salute, il braccio sempre fuori dal finestrino e una certa aria di superiorità chiaramente visibile sulla visiera del casco. E come dargli torto: è l’unico a poter parcheggiare dove gli apre e non ci sono neanche strisce blu!
Purtroppo, non potremo mai vedere le immagini di Marte viste dalla Tesla, perché le batterie che alimentavano le telecamere si sono già scaricate e comunque non erano state montate antenne abbastanza potenti da poter comunicare per tutta quella distanza.
Non ci resta che mandare un’altra Tesla meglio attrezzata e vedere come se la sta cavando il buon Starman. Oppure, ancora meglio, andarci di persona. Il futuro è proprio lì, a una sgommata fuori dal vialetto di casa.
PS: Vorrei far notare come nessun terrapiattista sia stato menzionato in questo articolo, perché alla fine stiamo pur sempre parlando di un articolo a sfondo scientifico…