Tex Willer, la storia del fumetto italiano che cavalca da oltre 70 anni
La storia di Tex Willer è, in fondo, la storia del fumetto italiano e del suo mito intramontabile. Perché spesso, quando parliamo di fumetti, stiamo in realtà parlando di miti, di personaggi che ascendono direttamente all’Olimpo e che diventano autentiche divinità contemporanee grazie all’amore e all’affetto dei loro lettori. Divinità moderne che camminano in mezzo a noi, intoccabili eppure, al tempo stesso, dipendenti dalla nostra stessa devozione. Più o meno, anche se magari non avete mai letto neanche una pagina delle loro avventure, li conoscete. Spesso parlano inglese e vengono dall’America, come Superman, Batman, Spider-Man e buona parte degli eroi più importanti della Marvel e della DC. Altre volte, invece, sono nostri vicini e hanno superato le Alpi, come Asterix e Tintin.
Il nostro personalissimo mito, invece, viene da Milano. Più precisamente, da Via Buonarroti 38. È da lì che comincia a cavalcare Tex, il Ranger per eccellenza, aggiustatore di torti e cavaliere del West, un eroe tutto italiano che dal 1948 agisce in difesa dei più deboli.
Tex Willer è un mito non solo perché di fatto, nelle storie, è invincibile, non solo perché ormai la sua età ha superato quella di intere nazioni, uomini ed epoche, ma anche perché è stato (e per certi versi lo è ancora) un personaggio capace di fungere da nume tutelare per l’intero fumetto italiano. Ha permesso ad una casa editrice (quella che diventerà la Sergio Bonelli Editore) di imporsi come leader assoluto del settore e di mantenere intatta questa posizione per decenni, ha cresciuto intere generazioni di lettori, ha impostato lo stile italiano della narrativa per immagini ed è stato lo spartiacque di un intero movimento artistico. Di fatto, senza Tex non ci sarebbe il fumetto italiano come lo conosciamo oggi. Forse non ci sarebbe proprio e l’Italia sarebbe una terra di conquista dove, come in altri paesi del mondo, è possibile trovare solo storie americane, giapponesi e francesi, ma non quelle locali.
Di fatto, se l’Italia è in questo momento il quarto mercato mondiale per quanto riguarda il fumetto, lo deve anche a Tex e alla sua storia.
Tex Willer, un fumetto e una leggenda
Tex, casomai foste atterrati adesso con la vostra navicella spaziale, è un fumetto western. In realtà, per la creatura di Bonelli e Galep questo confine di genere va un po’ stretto, perché nei fatti ha vissuto tante di quelle avventure, storie e saghe da valicarne i presunti limiti. Esattamente come Superman e Batman che, sebbene nascano e vivano all’interno di coordinate predefinite, hanno nella loro lunga carriera toccato correnti e narrazioni di ogni tipo. C’è tuttavia qualcosa che lo differenzia profondamente dai suoi colleghi più anziani, guardacaso gli unici che possono vantare nei suoi riguardi un periodo di militanza più lungo.
Il western, oltre che essere un genere per le storie dei fumetti, lo è anche per il cinema e per la letteratura. Anzi, nasce sotto forma di romanzi e di racconti per poi evolversi e raggiungere altri media e l’ha fatto in maniera più rapida e imponente degli altri. Altrettanto rapidamente, poi, ha perso terreno, sebbene di recente, a dimostrazione che niente muore mai davvero, stia ritornando sotto nuove forme, come i videogiochi in stile Red Dead Redemption o serie tv come Godless. Tuttavia, il western ha un’altra particolarità non da poco: è un genere che si rifà ad un preciso periodo storico. Un periodo storico che, per inciso, è durato poco, appena una cinquantina d’anni. Tex, per dire, ne ha compiuti 70, cosa che testimonia ancora una volta di quale mito stiamo parlando.
E, a proposito, il western, proprio per tutte le distinzioni dette sopra, è il genere ideale per forgiare il mito e la leggenda. Proprio perché è durato poco, ma è divampato subito in maniera fragorosa, come un fuoco che si vede ancora brillare a distanza di tante miglia, nel cuore della notte in mezzo ad una prateria dell’Arizona.
John Ford, uno che di western se ne intendeva, in uno dei suoi tanti capolavori, “L’uomo che uccise Liberty Valance“, faceva dire ad uno dei suoi protagonisti una frase che descriveva il genere in maniera memorabile: “Nel West, se la leggenda incontra la realtà, vince la leggenda”. Una metafora perfetta di questo grande luogo immaginario che è il West, perché questo è nelle nostre menti: un eden mitico che non smette mai di affascinarci, vagamente ispirato ad un’epoca dalla vita breve e gloriosa. A ben pensarci, più che il West reale ad ammaliarci, o il suo lato storico, è la sua versione leggendaria, quella dove possiamo far galoppare la nostra fantasia senza badare troppo alle verosimiglianze.
Come i film di Sergio Leone, per dire, che in fondo usava questo genere come paravento per proiettare la sua immensa genialità. Questo (e lo hanno notato in tanti) ha trasformato il West in un luogo ideale, che esiste e non esiste al tempo stesso, un po’ come il Mediterraneo del medioevo ellenico in cui sono ambientati i poemi omerici. In questo scenario, la storia di Tex Willer ha la stessa statura di quella di Odisseo, Achille e Aiace, condivisa con altri grandi personaggi come Il biondo, Ringo di Ombre Rosse, Ethan Edwards di Sentieri Selvaggi e tanti altri ancora.
“Hai mai inteso parlare di Tex Willer?”
Poi, ovviamente, ci sono anche i personaggi “veri”, le figure storiche attendibili che hanno solcato il West, come Buffalo Bill, Calamity Jane e Butch Cassidy, spesso soppiantati nella memoria collettiva delle loro controparti romanzate (del resto, la leggenda vince sempre). Certo, a differenza loro Tex non è veramente esistito, anche se chissà che non sia davvero vissuto, da qualche parte nel tempo, un Ranger dalla camicia gialla, la mira infallibile e con un figlio Navajo. Un autore particolarmente visionario potrebbe ricavare, da questa suggestione, uno spunto per una storia memorabile. E, infatti, qualcuno c’ha pensato: Paolo Eleuteri Serpieri, quando 5 anni fa ha realizzato lo straordinario volume Tex. L’eroe e la leggenda, dove si immaginava un paladino nato nel diciannovesimo secolo di nome Tex Willer e la sua storia.
Del resto, per i suoi lettori Aquila della Notte è vivo e vegeto, un autentico satanasso che, fin da 1948, li accompagna nella loro vita e gli ricorda che c’è sempre un buon motivo per credere nella giustizia e negli eroi.
La storia di Tex Willer, come abbiamo più volte ricordato, comincia nel 1948. All’epoca, il genere western in Italia è quasi sconosciuto, anche se oggi si stenta a crederlo. Anche per un fatto, diciamo così, “realistico”: parlare di vaste praterie, indiani, Texas e cowboy per gli italiani di allora è un po’ come parlare del Giappone. Sono luoghi talmente lontani dalla sensibilità del periodo che è quasi impossibile immaginarli. L’unico modo per avvicinarsi a quei mondi distanti migliaia di anni luce è proprio attraverso i film di John Ford e soci, che arrivano nel primissimo dopoguerra. Ed è al cinema che Gianluigi Bonelli comincia ad abbeverarsi alla fonte del mito.
Per lui, non è un passaggio indolore. Era infatti cresciuto, come la casa editrice che porta il suo cognome, a pane ed avventura, leggendo i romanzi di Dumas, Salgari, Jack London e Edward Rice Burroughs, che parlano di eroi tosti in mezzo a luoghi sperduti, ma mai western. Eppure, il colpo di fulmine è immediato. Bonelli si sente ammaliato da quel linguaggio semplice ed efficace, fatto di epica e giustizia, di uomini forti e raddrizzatori di torti, di pistole e pallottole.
Ai tempi, dopo aver rilevato la storica rivista “Audace” dalla Mondadori e averla trasformata in una casa editrice, Bonelli aveva lasciato gli aspetti dirigenziali alla moglie Tea (da cui nel frattempo si era separato mantenendo rapporti amichevoli) e al figlio Sergio, con l’obiettivo di dedicarsi esclusivamente alla scrittura. In quel periodo, il fumetto italiano era tutto da inventare e viveva nel pieno della sua fase “artigianale”. Ad agire era solo una manciata di piccoli editori, spesso a conduzione familiare, con la redazione nel salotto di casa e le tipografie in cantina. Il fumetto, allora, era roba per pochi ed era presente soprattutto nel formato a striscia, ereditato dai quotidiani. Ma qualcosa stava cambiando, i Bonelli se n’erano accorti.
Da qui la scelta di puntare il tutto per tutto mettendo in campo due personaggi nuovi e roboanti: Occhio Cupo, un avventuriero del genere cappa e spada, e Tex Willer, un western. All’inizio, l’Audace aveva intenzione di scommettere su Occhio Cupo, che nasceva come character di grande qualità capace di incontrare i gusti di un pubblico trasversale e anche acculturato, mentre ben poco si aspettavano dalla storia “Il totem misterioso” di Tex Willer, pensata soprattutto come riempitivo. Questo da l’idea della considerazione di cui godeva il western all’epoca, ma piano piano arrivò ad arricchire l’immaginario di milioni di persone.
Non a caso, Tex è ancora qui mentre Occhio Cupo è durato appena 12 numeri.
Il western secondo Bonelli e Galep
Tuttavia, nessuno si aspettava che Occhio Cupo avesse vita così breve. Era un fumetto nato con uno spirito diverso, con l’intento di unire la letteratura avventurosa di matrice popolare ad un fumetto ricco di dettagli e dal tratto elegante. Non a caso, per illustrarlo Tea Bonelli aveva chiamato un disegnatore pieno di talento e l’aveva convinto a trasferirsi a Milano: Aurelio Galleppini, in arte Galep, un vero stakanovista del lavoro. Si racconta che, poco prima del debutto nel 1948 di entrambi gli eroi, disegnasse Occhio Cupo dall’alba al tramonto e Tex dopo cena, fino a notte fonda. E, ovviamente, faceva molta più attenzione alle tavole del primo che del secondo, che risultava così più schematico e semplice, per certi versi.
Col tempo, naturalmente, le cose cambiano. Tex Willer continua ad andare in edicola, vede crescere le sue vendite e Galep può dedicare più tempo al personaggio. Stessa cosa per Bonelli, che piano piano comincia ad ideare per la sua creatura una graduale evoluzione.
Infatti, al suo esordio Tex è un fuorilegge vittima di un errore che, qualche anno dopo, entra a far parte dei Rangers e da perseguito della giustizia diventa un persecutore. Un passaggio obbligato, frutto di un mutamento culturale prima che narrativo, perché, nel frattempo, l’intero fumetto italiano è cambiato. Gli anni difficili del dopoguerra hanno lasciato spazio ad un crescente benessere e gli italiani iniziano a spendere di più e a volere storie di ben altro respiro con protagonisti diversi. Non più gli eroi romanzeschi, mutuati dalla letteratura di genere, bensì autentici paladini da ammirare. A quel cambio di paradigma, ne segue un altro, ancor più epocale: nel 1958 dallo storico formato a striscia si passa al formato 16×21, quello che farà scuola come “formato bonelliano” e che diventerà il simbolo del fumetto italiano.
Una veste grafica più grande per un Tex più grande, letteralmente: adesso ha quarant’anni, mentre prima era un giovincello scavezzacollo, è diventato il capo dei Navajos col titolo di Aquila della Notte, ha un figlio di nome Kit e due fedeli pards chiamati Kit Carson e Tiger Jack. Sono in quattro, esattamente come i tre moschettieri e D’Artagnan nel capolavoro di Alexandre Dumas. È l’inizio della storia di Tex, quello vera e mitica, di fatto rimasta immutabile in oltre mezzo secolo di avventure.
Tex Willer, un’eredità senza fine
Così, con questa formula perfetta ed immutabile, Tex Willer arriva ai giorni nostri. Così, Galep lo ha lasciato nel 1994, seguito nel 2001 dall’inossidabile Gianluigi Bonelli. Così lo ha trovato suo figlio, Sergio, che da sceneggiatore dedicherà alcune pagine memorabili al Ranger di suo padre. E così, nel corso dei decenni, lo hanno trovato tutte i grandi autori che si sono susseguite alla guida di questo mito, come Claudio Nizzi, Mauro Boselli, Giovanni Ticci, Claudio Villa, Fabio Civitelli, Gianfranco Manfredi, Pasquale Del Vecchio e Tito Faraci. Il meglio del meglio del fumetto italiano che ha contributo direttamente alla storia di Tex Willer e ha realizzato delle saghe memorabili.
E ora, ha da poco compiuto 70 anni e ha festeggiato degnamente, prima col numero 695 e poi col 700, ma non sembra volersi fermare. La sua avventura continua e lo fa attraverso forme sempre nuove, come la versione giovanile ribattezzata affettuosamente dai lettori “Tex Ultimate” che racconta le sue peripezie di quando era un fuorilegge, rilette attraverso una chiave moderna.
Non si ferma mai e non potrebbe farlo neanche se volesse. Perché la storia di Tex Willer è il mito del fumetto italiano, un mito che non smetterà di cavalcare finché i suoi lettori saranno con lui.