The Head Hunter: su Prime Video un revenge movie nel contesto di un medioevo fantasy oscuro e minaccioso
The Head Hunter, film del 2018 che potete trovare in questo momento su Amazon Prime Video, è un film che ha bisogno di un attimo di contesto, si tratta infatti di un progetto nato da un budget molto risicato, circa 30.000 dollari, del regista esordiente Jordan Downey. Da questo punto di vista, il film esprime quasi più le grandi potenzialità creative del suo autore piuttosto che un reale traguardo artistico sulla tematica scelto. Non fraintendetemi, il film mi è sostanzialmente piaciuto, ma la mia personale impressione -magari anche sbagliata- è che la sceneggiatura sia plasmata più attorno ai limiti delle risorse che alla reale visione creativa.
The Head Hunter incornicia sin dai primi istanti uno scenario molto semplice, eppure estremamente ambizioso. Siamo in una foresta innevata, un guerriero protegge una giovane ragazzina, la fotografia è fredda, l’accompagnamento sonoro riempie di tensione il silenzio, lo sguardo del barbuto protagonista è carico di ansia. Tutto suggerisce una atmosfera di forte pericolosità. Ad un tratto, si sente un verso raccapricciante e l’azione si sposta su uno scontro fuori scena con una creatura misteriosa. Successivamente, c’è il ritorno davanti alla macchina da presa del nostro, visibilmente affaticato e ferito.
E in questo piccolo preambolo già troviamo i due leitmotiv del film: il “non visto”, (che porta all’allusione, al mistero) e la sofferenza perpetua di un guerriero sempre più stanco e ferito. Una formula che è un loop narrativo, fatto di pochi altri elementi decifrabili, come il misterioso fluido capace di guarire le ferite, che a un certo punto diverrà espediente per disinnescare un circolo vizioso fatto di cacce di teste mostruose, di cui non vediamo mai lo scontro diretto, ma intuiamo solo qualche causa e vediamo le evidenti conseguenze sul corpo dello stoico pseudo vichingo in armatura Christopher Rygh, che presta alla storia una buona capacità espressiva e un eccellente phisique du role.
Il resto è come detto, allusione. Allusione di un mondo fantasy, medievale dai toni oscuri, marcescente, popolato da creature più o meno mitologiche di cui c’è permesso scorgere di sfuggita pochi dettagli in pochi frangenti. Jordan Downey ha una sensibilità estetica molto intrigante, lo si vede nel design dell’armatura del guerriero e in altri piccoli particolari. Ama e cura nel dettaglio il suo mondo dark fantasy, ci lascia immaginare quanto possa essere minaccioso e grottesco, non lesinando in sangue ed elementi viscidi e purulenti. Il problema è che crea un mondo che pare denso di cose da conoscere. Ombre di draghi volanti, castelli sullo sfondo, suoni di corno che allertano il nostro e lo preparano alla caccia. C’è molto da approfondire ma non ci viene mostrato nulla. Siamo lasciati con la solitudine del cacciatore per tutto il tempo. Se da un lato questo velo su quello che lo circonda dona una grande carica suggestiva e aiuta a creare la classica paura del buio e dell’ignoto, dall’altro lascia in qualche modo insoddisfatti.
Avrei preferito una minor estremizzazione dell’azione fuori campo, non solo per un mero valore intrattenente per il quale tutto sommato un film di genere come questo ti predispone dall’inizio, ma anche solo per dare una maggior tensione, maggior concretezza ai rischi del nostro protagonista, e anche per farcelo conosce un po’ meglio. Qui però torniamo alla doverosa premessa iniziale. Questo film è costato 30.000 dollari. Con tale cifra anche solo farcelo immaginare un mondo del genere e inquadrarlo con tale perizia ove necessario, è un mezzo miracolo. Questo è fuori questione. Ciò non di meno forse manca qualcosa che possa pienamente compensare ciò che non ci viene mostrato, e forse questa è una maggiore introspezione del protagonista e un focus ancora più efficace sui suoi obiettivi e le sue pene.
C’è quindi un po’ di distacco tra lo spettatore e la pellicola, non c’è troppa empatia con il protagonista, non c’è troppo coinvolgimento nelle vicende. Rimane in ogni caso un dignitosissimo horror indipendente, capace di dimostrare quanto gli strumenti del linguaggio cinematografico possano essere comunicativi ed evocativi anche con scarsissime risorse. Si tratta infatti di un film da cui traspare notevole estro registico, ottimamente fotografato e sonorizzato, pieno di effetti artigianali ben realizzati e molto consapevole di sé nel tenere il proprio minutaggio basso (dura un’ora e dieci minuti) non appesantendo così il ritmo e un racconto che lavora molto di sottrazione. Certo qualche difetto tecnico ce l’ha, soprattutto per quel che riguarda il montaggio e qualche stacco un po’ strano ma insomma, la messa in scena non è certo il suo problema.
The Head Hunter fatto con più soldi sarebbe stato diverso? Questo non lo sapremo mai e in fondo poco importa, rimane l’ottimo biglietto da visita di un regista che ha le carte in regola per fare grandi cose perché il cuore, l’identità e la visione cinematografica non gli mancano di certo. Date un budget a quest’uomo!