Su Amazon Prime Video arriva The Mauritanian, il nuovo film di Kevin MacDonald con Jodie Foster, Tahar Rahim e Benedict Cumberbatch sulla storia di Mohamedou Ould Slahi, detenuto a Guantánamo dal 2002 al 2016
Kevin MacDonald porta sul piccolo schermo di Prime Video The Mauritanian, un film basato sulla triste ma purtroppo non sconvolgente storia vera di Mohamedou Ould Slahi, dal cui libro del 2015 Guantanamo Diary viene tratta l’opera che narra appunto le vicende di costui, detenuto nel campo di prigionia di Guantánamo dal 2002 al 2016.
Dopo l’attentato dell’11 settembre 2001 infatti Slahi viene arrestato dal governo degli Stati Uniti e trattenuto nel campo senza una reale accusa, tantomeno un processo. A prendere le sue difese ci pensano Nancy Hollander e la sua associata Teri Duncan, che incontreranno però sul loro cammino numerosi ostacoli.
Premesso che affrontare questi temi non è mai sbagliato per principio, e che abbiamo avuto esempi di film, assai diversi da The Mauritanian, ma piuttosto recenti come The Report di Scott Z. Burns del 2019, l’opera di MacDonald nella sua struttura e nel modo in cui per lunghi tratti esplora tali argomenti ci riporta indietro di 10 o 15 anni, quando nelle sale uscivano lungometraggi come Rendition di Gavin Hood, Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow o persino Leoni per Agnelli di Robert Redford.
Prisoner 760
Prisoner 760: questo era il titolo embrionale del film prima del definitivo e più commerciale The Mauritanian. Entrambi risultano in realtà assai importanti in riferimento alla perdita di identità dei detenuti nelle strutture penitenziarie e in particolar modo a Guantanamo. Mohamedou Ould Slahi (Tahar Rahim) è infatti semplicemente un numero per le guardie, ed è il mauritano per il suo vicino invisibile nell’ora d’aria giornaliera.
È proprio questo l’aspetto più riuscito del film, ovvero la capacità di rendere palpabili il senso di impotenza di Slahi e le sue sofferenze, anche grazie a espedienti tecnici molto semplici ma efficaci, come il continuo avvicendarsi di due differenti rapporti d’aspetto, con il classico formato 16:9 usato per buona parte del film, che viene invece sostituito dal 4:3 quando la telecamera entra a Guantanamo, dando un forte senso di spazi angusti e di dolore.
C’è un momento esatto del film in cui questo è particolarmente visibile, con l’inquadratura larga su Nancy Hollander (Jodie Foster) mentre legge gli atti, e quella più stretta che ci riporta nel frattempo alla vita di Slahi nel campo di detenzione.
È quindi la Foster a interpretare, come sempre magistralmente (e fresca di Golden Globe), questa “paladina dei diritti umani che combatte contro il governo”, affiancata da Shailene Woodley nei panni di Teri Duncan.
Un film senz’anima
Un impegno che però non basta a salvare del tutto The Mauritanian, che si rivela sostanzialmente un film deludente, piatto e con pochi colpi di scena.
Kevin MacDonald, per dirlo bruscamente, gioca a fare la Bigelow senza avere però Mark Boal alle sue spalle, e la sceneggiatura di Rory Haines, Sohrab Noshirvani, M. B. Traven, che adattano il libro di Slahi è troppo grezza e trascina il film in una versione quasi documentaristica.
È tutto così limpidamente evidente dall’inizio che proseguire per due ore diventa a volte snervante, anche perché le accuse al sistema si inseriscono in un contesto fatto di buoni che sembrano combattere contro altri buoni. Il cattivo è il governo, ma resta un qualcosa di vago, invisibile.
Persino le guardie carcerarie e il Colonnello Stuart Couch (Benedict Cumberbatch), avvocato governativo sembrano empatizzare con Slahi.
Quindi con così tanti buoni come è possibile che sia rimasto rinchiuso a Guantanamo per tutto quel tempo?
La mancanza di un cattivo in carne ed ossa fa perdere contatto col film e contribuisce a generare quel senso di vaghezza e confusione.
Quando la Hollander arriva a Guantánamo la guardia le consiglia di indossare un hijab perché i detenuti spesso sputano alle donne avvocato. Abbiamo una sorta di déjà-vu che ci riporta alla Clarice Starling interpretata sempre da Jodie Foster ne Il silenzio degli innocenti, ma qui non c’è nessun Hannibal Lecter.
Anche l’aspetto legal non infiamma, non ci fa arrabbiare, non ci fa innervosire. La montagna di documenti censurati dal Pentagono si merita circa un minuto di attenzione, senza troppo enfasi, senza le giuste musiche che in film come questi possono fare la differenza.
Ed è così allora che lo stesso volto disteso e felice del Mohamedou Ould Slahi di Rahim non mostra odio o desiderio di vendetta verso nessuno al momento della sentenza.
The Mauritanian è un film dalle giuste premesse che si perde però soprattutto per via di una sceneggiatura scialba che dimentica le regole del genere, e quando si fanno errori di questo tipo non basta nemmeno Jodie Foster per salvare la baracca.
The Mauritanian è su Prime Video dal 3 giugno 2021.