Viaggio nell’ultima follia interattiva di Swery65
Tra gli autori più visionari nello sviluppo giapponese, c’è sicuramente Swery65, autore del sottovalutato Deadly Premonition, le cui opere appartengono ad un sottobosco di giochi dalla forte impronta autoriale, che spesso compensano scarse risorse produttive, con inventiva e creatività.
Con il supporto di Arc System, Swery65 è riuscito a portare su PC e console un titolo incredibilmente fuori dagli schemi, un gioco in cui la libertà espressiva dello sviluppatore è espressa al massimo, controverso ma senza dubbio molto interessante: The Missing: J.J. Macfield and the Island of Memories .
Inquadrare The Missing “da lontano”, non è poi cosi difficile, si tratta di un titolo 2D a scorrimento per certi versi simile ad Inside o Limbo. Un puzzle platform con un certo dinamismo ma sostanzialmente relegato soprattutto alla dimensione “enigmistica” delle possibili derive del genere, che ci mette al controllo di una protagonista dai movimenti sicuramente non fulminei, con un’inerzia che ricorda le opere di Ueda, o se vogliamo, l’originale Prince of Persia.
Insomma il gameplay c’è – e come vedremo in seguito è anche brillante- ma come nei titoli sopracitati ci troviamo di fronte ad un gioco che vuole soprattutto trasmettere un’esperienza contestuale, che vuole essere un racconto attraverso l’interazione, mettendo in primo piano la fragilità della protagonista e soprattutto la sua determinazione. J.J. infatti, è una semplice ragazza, che trasmette una certa delicatezza d’animo.
Nel mezzo di un temporale, durante un campeggio nella misteriosa Isola delle Memorie, J.J. perde improvvisamente di vista Emily, sua preziosissima amica, e forse qualcosa di più. Si incammina perciò per cercarla, progredendo in un’avventura della durata di circa 5 ore, tra prati, casolari, zone rurali, stazioni ferroviarie ed altre location urbane.
J.J. può saltare e appendersi ma come tutte le ragazze “normali” non ha molte altre abilità. In questo mistico posto però, la ragazza acquisisce un potere macabro ed inquietante: può rigenerare il suo corpo anche se smembrato o ridotto a brandelli. Inutile chiedersi il perché o il come questo sia possibile, in The Missing sarete costantemente immersi in un’atmosfera onirica e surreale, condannati a cercare Emily attraverso luoghi desolati, oscuri, abitati solo da creature indecifrabili, in cui pare quasi inutile porsi domande a cui nessuno risponderà.
E al contrario di quanto accade nella maggior parte dei giochi, per proseguire non dovrete cercare sempre di sfuggire agli ostacoli o alla morte, ma spesso, sarete invece chiamati a buttarvici a capofitto, per scendere a patti con le bizzarre leggi del gioco. Potreste infatti trovare un passaggio bloccato da fitti arbusti, e poterli districare solo dandogli fuoco usando il vostro corpo in fiamme. Potreste dovervi volontariamente tagliare una mano su una lama rotante, in modo da avere un oggetto da lanciare contro quella cassa in bilico che avete necessità di far cadere, o ancora ridurvi ad una testa rotolante per infilarvi in uno stretto passaggio. Ogni ferita inflitta, che sia o meno volontaria, si accompagna a urla strazianti e ad animazioni sofferenti della protagonista, facendovi sentire in qualche modo partecipi del suo sacrificio, e quindi anche della sua determinazione. Per “edulcorare” quanto meno la contorta dinamica di gioco, il corpo di J.J. si trasformerà sempre in una sagoma nera che allude alla menomazione ma non la rende esplicita visivamente.
Ma niente paura. Con semplice tasto potrete rigenerarvi sempre e tornare completamente integri. In questo modo si sviluppano diversi puzzle che mischiando questa grottesca caratteristica del gioco ad altre meccaniche classiche legate a casse, leve, contrappesi, ed altri intuitivi espedienti per articolare l’esplorazione, creano qualcosa di nuovo e stimolante, seppur costringe a pensare in maniera un po’ “sadica” alla soluzione del problema.
Durante la progressione in cui il substrato narrativo si mescola alle dinamiche di gameplay in maniera allusiva e metaforica, esplodendo in un finale non privo di significato, nel gioco trova spazio anche un approfondimento dei personaggi. J.J. infatti riceve messaggi sul proprio smartphone in continuazione durante l’avventura e dialoga tramite sms con amici e parenti su argomenti totalmente estemporanei rispetto all’azione del gioco, rendendo tutto ancora più surreale ma sicuramente interessante.
Per quel che riguarda il comparto grafico, non aspettatevi miracoli. SI tratta di un gioco piuttosto semplice, una grafica poligonale inserita in una struttura bidimensionale che non fa certo della ricchezza scenografica il suo punto di forza. Sicuro gli Arc ci hanno messo lo zampino e si vede, lo stile infatti ricorda molto da vicino Hard Corps: Uprising. In ogni caso, si tratta di un gioco piacevole da guardare nonostante i forti limiti, complice una forte caratterizzazione grafica e una buona attenzione ai dettagli. Insieme ad un comparto sonoro di livello quindi, non possiamo considerale il confezionamento di The Missing come lacunoso, ma solo adeguato al tipo di esperienza che vuole essere.
Verdetto
The Missing: J.J. Macfield and the Island of Memories è un prodotto atipico, che strizza l’occhio a molte produzioni indipendenti della stessa caratura, ma le declina in una matrice più vicina alla scuola giapponese e soprattutto alla carica espressiva del suo autore che con un gameplay non eccessivamente sofisticato ma concreto e stimolante, porta su schermo le sue allegorie legate ai sentimenti, alla morte e alla vita. Una piccola perla uscita in sordina che merita senza dubbio un po’ di attenzione.