“Ascolta le parole di un’antica canzone e apprendi eterna conoscenza”
Un mistico viaggio tra antiche forze e spiriti immortali prende vita attraverso pitture rupestri semoventi. Questo è The Mooseman, un’avventura in 2D a scorrimento orizzontale creata da Vladimir Beletsky e Mikhail Shvachko, disponibile per PS4, Xbox One e Nintendo Switch dal 18 luglio.
Non è la prima volta che piccole produzioni indipendenti riescono a far sentire la propria voce nello sconfinato mercato della produzione videoludica. In un ambiente dove la consuetudine si incentra su un comparto grafico sostanzioso e un gameplay articolato, il piccolo autore intelligente pensa bene di fare il percorso inverso, puntando al minimalismo e concentrando la sua opera quasi esclusivamente sul messaggio che intende trasmettere attraverso i pochi mezzi di cui dispone. The Mooseman segue esattamente questa linea autoriale centrando in pieno l’obiettivo, senza essere né pretenzioso né pedante. Il gioco segue le dinamiche più semplici di un walk simulator, dove la capacità di azione si limita in pochissimi movimenti basilari e funzionali alla risoluzione degli enigmi che verranno a presentarsi durante il nostro percorso. Molto interessante è il potere del nostro personaggio, il quale, in quanto Mooseman, è in grado di “filtrare” il mondo circostante intravedendo il mondo spirituale che vi si sovrappone e interagire con esso. Nel suo viaggio, il nostro amico dovrà risolvere alcune serie di enigmi e affrontare particolari creature utilizzando esclusivamente l’ingegno. Oggettivamente gli ostacoli da superare risultano fin troppo semplici ma, a quanto sembra, il fine del gioco è tutt’altro che mettere in difficoltà il giocatore.
L’essenzialità di questa opera si manifesta principalmente attraverso il game design adottato, il quale però non va assolutamente inteso come scarno o approssimativo, tutt’altro, infatti la semplicità dei “disegni” utilizzati manifestano una ricercata cura nel dettaglio che prende vita anche grazie alla regia che gestisce le animazioni con estrema eleganza. Come già accennato, il gioco tende a concentrarsi sul messaggio da trasmettere, ossia la ricerca della conoscenza, una conoscenza perduta, misteriosa e affascinante. Sotto un punto di vista più concreto, tale conoscenza riguarda le storie legate ai miti e al folklore della tradizione russa, quasi del tutto sconosciute per il resto del mondo. Tuttavia non ci troviamo di fronte a una sorta di documentario, bensì a un vero e proprio viaggio mistico narrato in una maniera piuttosto enigmatica quanto affascinante, mentre tutte le nozioni più didascaliche le otteniamo attraverso gli oggetti collezionabili i quali forniscono una descrizione con il significato iconografico del simbolo raccolto.
Per quanto la conoscenza sia la colonna portante del gioco, del nostro protagonista sappiamo ben poco. La storia che ci viene narrata è infatti volutamente lacunosa e declamata tramite brevi intermezzi, rigorosamente in russo, di una voce fuori campo e testo in cirillico che, fortunatamente per noi, muta in inglese. Purtroppo non esiste una traduzione in italiano, ma i giocatori poco ferrati nelle lingue possono comunque cimentarsi nel gioco senza problemi, data la scarsissima presenza di dialoghi. Grafica e game design sono invece tanto essenziali quanto belli, con una tavolozza di colori ben studiata e dalla valenza simbolica non indifferente. Per buona parte del gioco a predominare è tutta la scala dei blu e dei grigi che si frappongono agli stacchi di bianco e nero. Troviamo sporadici accenni di rosso in particolari contesti per poi esplodere in un tripudio di colori verso la parte finale dell’avventura. A contribuire alla costruzione dell’atmosfera, ovviamente troviamo la musica, la quale ha un ruolo fondamentale nell’immergere il giocatore in un mondo remoto, mistico ed estremamente affascinante.
Un viaggio nel mito
Sembra ovvio che lo scopo principale degli autori sia quello di far conoscere al mondo intero i miti legati alla loro terra natia, Perm, in Russia, in quanto la storia è ambientata proprio nelle terre delle tribù di Perm Chud. Scopo che si può ritenere raggiunto anche con un certo successo, in quanto The Mooseman instilla realmente una certa curiosità riguardo questa mitologia a noi quasi completamente sconosciuta. A valenza che viene attribuita al mito è oltremodo palpabile e il tema del viaggio è il punto cardine su cui si struttura tutta l’opera, manifestandosi attraverso l’incedere costante del protagonista in un viaggio attraverso il regno degli spiriti che passa attraverso l’oltretomba, che quasi ricorda un primordiale pellegrinaggio dantesco. Ogni creatura, immagine e azione ha uno specifico valore simbolico e il saper cogliere le analogie potrebbe definirsi quasi un’ulteriore valenza ludica del titolo.
Il gioco in totale non dura più di tre ore, ma se avrete l’ardire di vestire i panni del nostro “uomo-alce” concorderete sul fatto che quelle poche ore siano davvero ben spese.
Verdetto
Fin dal primo minuto di gioco si ha la sensazione di essere entrati in un luogo senza tempo. Il game design è indiscutibilmente bello con schermate di gioco che avrete voglia di incorniciare. L’unico vero difetto è l’estrema facilità degli enigmi che rende il gameplay quasi completamente nullo. Anche la rigiocabilità del titolo è pari a zero, una volta completata l’avventura non c’è più molto da fare se non tentare di raccogliere tutti gli artefatti. Nonostante la scarsissima longevità, consigliamo caldamente di giocarci anche solo per assaporare un’atmosfera magica e a tratti inquietante, in grado di fornire sottobanco qualche piccolo insegnamento, come concerne ad ogni mitologia che si rispetti.
Se The Mooseman vi stuzzica…
Una storia criptica e potenti simbolismi li potete trovare in Inside
Per chi ama i viaggi dal retrogusto fantastico Aer: memories of old