Con The Quarry Supermassive confeziona un altro titolo imperdibile per chi ha amato Until Dawn
enso che l’horror sia uno dei generi che meglio si sposi con i videogiochi, c’è poco da fare. Se i suoi stilemi sono sfruttati bene è possibile realizzare esperienze interessanti di qualunque tipologia, da quelle più action a quelle più passive e narrative. Io ero uno dei sostenitori della prima ora di Until Dawn al suo debutto. Secondo me nel calderone delle avventure cinematografiche interattive, se così vogliamo chiamarle, era un titolo ben più divertente e coinvolgente rispetto a progetti simili più ambiziosi sul versante della scrittura, come ad esempio la mediocre produzione di Cage. Perché l’horror può essere poco verboso e comunque molto intrattenente, quando si cerca invece di filosofeggiare in maniera prolissa e al contempo realizzare un prodotto ludico efficace, la sfida diventa ben più difficile, perché se non scrivi bene quello di cui vuoi parlare, non riesci a tenere al guinzaglio l’attenzione dello spettatore a cui togli il controllo di mano così spesso.
E se vi è piaciuto Until Dawn, se apprezzate questo tipo di videogioco, che a monte deve necessariamente prevedere una passione per il genere cinematografico che va a simulare e a rendere interattivo, ovvero quello del thriller, slasher horror con sprazzi di teen drama, andrete sul sicuro anche con The Quarry, ultima produzione del team Supermassive Games, ormai veterano della formula. Il livello medio è quello, forse anche un pelo più alto.
Chiariamo subito un concetto per i meno avvezzi al filone, è vero che questo gioco come il suo predecessore è sostanzialmente una sequela di filmanti che si alternano dall’inizio alla fine ma non va assolutamente considerato poco interattivo o poco ludico, in quanto la partecipazione del giocatore è richiesta in maniera continua e frequente, scegliendo l’approccio dialettico, decidendo se compiere o meno delle azioni, decidendo il percorso quando ci viene posto un bivio, e intervenendo con il nostro tempismo tutte quelle volte che nelle sequenze d’azione si chiede di azzeccare un QTE o sparare con precisione al bersaglio, ma non vi illudere aspiranti Rambo in ascolto, sono sequenze isolatissime. Pensate che c’è addirittura spazio per un enigma alla Resident Evil.
Niente di trascendentale ma, quando anche il più piccolo errore può costare la vita di uno dei nostri protagonisti (ed è così fintanto che non sbloccheremo tre tentativi di scongiurare la morte a fine partita), ogni piccolo gesto diventa più coinvolgente. Ma ripeto, alla base ci deve essere l’amore per un filone cinematografico vivo e florido tutt’oggi, che però si appoggia ancora ai punti di forza e alle ingenuità dei suoi esordi. Ecco quindi che anche The Quarry, pur trasportandoci in un mondo contemporaneo fatto di smartphone e giovani smaliziati ultima maniera, ha un sapore tutto vintage, nelle atmosfere e nelle situazioni che crea.
Se vi aggrada tutto ciò, il gusto in The Quarry sta proprio nello scoprire come le decine di variabili inserite da Supermassive Games provocano altrettante conseguenze diverse nella progressione. Non essendoci una vera e propria integrità di sceneggiatura, visto che tutto è possibile e potete letteralmente salvare ogni personaggio come farli morire tutti, a un gioco come The Quarry manca un certo quid autoriale, cinematograficamente parlando, ma essendo un videogioco, il pro è che potete scongiurare quella fastidiosa sensazione di dover subire un telefonatissimo cliché, come l’inciampo fatale o la scelta morale più banale, semplicemente optando per un’azione diversa o evitando l’errore letale. Gli imprevisti in tal senso messi in scena dagli sviluppatori sono tanti e vi rallegrerà sapere che non è così scontato portare a casa la pelle di tutti i protagonisti nemmeno con tutte le attenzioni del mondo. O almeno, è una cosa che ha fatto piacere a me.
Questo perché da un certo punto di vista è inutile cercare di entrare nella mentalità del gioco per fare “la cosa giusta”. A volte potreste pensare che sia il caso di ragionare in senso razionale come se foste nei panni dei p rotagonisti, altre penserete che sia il caso di usare la logica del giocatore che per avidità si avventa nelle situazioni più intriganti ma potenzialmente pericolose. Fate un po’ come vi pare a vostro gusto, c’è un adeguato grado di imprevedibilità nel batterfly effect sviluppato dal gioco che non vi farà mai sentire totalmente al sicuro e prima o poi vi troverete in una situazione pericolosa, magari in un contesto diverso e con personaggi diversi, ma succederà comunque. Per quel che riguarda le meccaniche e come è pensato lo scheletro dell’avventura, io penso che The Quarry funziona. Alla luce delle mie due run complete al gioco, rigorosamente diversificate tra loro, gli appunti che posso fare da questo punto di vista sono questi: orientare l’umore di un personaggio in maniera positiva o negativa non mi sembra abbia un peso eccessivo nella storia, alcune scelte portano alla stessa conclusione con poche differenze, e le camminate, per quanto danno un po’ di respiro e finto senso di libertà ad un’esperienza imbrigliata nella sua deriva cinematografica, sono un po’ lente e tediose. Ma veniamo alla storia e alla messa in scena, evitando accuratamente spoiler, state tranquilli. Il gioco secondo me parte malino, come partiva malino anche Until Dawn.
Se infatti in un film teen horror slasher che non rinuncia agli archetipi più blasonati, e per certi versi più beceri, ci dobbiamo puppare solitamente circa 20 minuti di chiacchiere e melodrammi giovanili non sempre cosi intriganti, per creare quella minima empatia con essi che rende tutte le vicende successive di qualche rilievo, qui chiaramente parlando di un gioco da 10 ore e non di un film, questi preliminari semi soporiferi si dilatano per circa un paio d’ore. Mettendo da parte la caratterizzazione dei personaggi, che non sono scritti o recitati male, ma semplicemente non trovo particolarmente interessanti (magari anche a causa della mia avanzata età che vede ormai lontanissime da certe dinamiche adolescenziali), il resto devo dire che… non mi dispiace.
Ci sono almeno due personaggi principali e relativo arco narrativo che ho trovato interessanti, e sono Laura e Max con cui si apre il sipario della storia, anche alcuni secondari non sono affatto male, come il poliziotto interpretato da Ted Raimi (mi tengo sul vago sempre per motivi di spoiler), ambiguo e impalpabile quanto basta. In generale, per quanto non ci sia certo introspezione in questo gioco, ci sono più grigi, moralità e intenti poco definiti nelle vicende, di quanto mi aspettassi.
Niente di che ma è qualcosa che comunque fa bene in un titolo in cui non sapere sempre come avere la coscienza pulita è un elemento che rende più immersiva l’esperienza. Invece è meno ambiguo il background generale della storia e capire a quali suggestioni horror si ispira, rispetto ad Until Dawn in cui c’è un cocktail di roba presa da Venerdi 13, Scream, Paranormal Activity, The Descent, e Wrong Turn. Qui, la minaccia è più focalizzata. Certo si capisce più o meno cosa succede per sommi capi abbastanza in fretta, ma una certa leggibilità è congenita al genere, soprattutto quando lo si declina in salsa nostalgica come in questo caso. È nelle microdinamiche che va cercato il guizzo. Qui il discorso si fa complesso. Ho apprezzato il lato misterioso del background e come si intreccia con le vicende, ovvero tutto quello che ha a che fare con la famiglia Hackett da una parte, e dall’altra, tutto quello che sta dietro la natura degli orrori vissuti dai ragazzi.
Come ho apprezzato l’utilizzo del gore e della violenza, a mio avviso dosata e sfruttata nei momenti giusti, senza quindi risultare gratuita ma spingendo molto a livello visivo là dove servisse. La storia è semplice, ma si concentra nel tirare le fila in modo convincente e nel muoversi tra gli stilemi di genere senza sembrare grossolana o la “serie B dei film di Serie B”, da un punto di vista della scrittura. La messa in scena invece non sempre funziona. Probabilmente a causa del fatto che il gioco sia sostanzialmente un collage di sequenze che si avvicendano a discrezione del giocatore, tra di esse non c’è sempre un collegamento convincente a livello di montaggio e in minor misura a livello narrativo, con stacchi bislacchi tra un’azione e l’altra o reazioni dei personaggi un po’ strane per la situazione in cui si trovano.
Immagino fosse difficile evitare del tutto questi problemi con un gioco del genere, fortunatamente non inficiano troppo nella fruizione ma ecco… se fosse un film sarebbe diretto piuttosto male, mettiamola così. C’è da dire inoltre che se vi aspettate paura e jump-scare, non ce ne sono, o il gioco non riesce quanto meno a renderli evidenti. Non che manchino le atmosfere e situazioni che si presterebbero a un po’ di sana tensione ma semplicemente da un punto di vista di costruzione della scena The Quarry è un po’ rinunciatario in questo versante. Sulla carta è un difetto notevole, eppure riusciamo a rimanere dentro la lunga nottata dei protagonisti con tutte le scarpe a livello di coinvolgimento, grazie al fatto che la tensione emerge dalle mille occasioni in cui effettivamente possiamo rischiare di perdere i nostri personaggi, rovinando la nostra ideale storia e probabilmente, togliendoci la possibilità di scoprire tutta la verità dietro gli eventi della contea di North Kill. Quindi che vi faccia paura o meno, ogni minaccia incontrata nel nostro cammino è al 100% letale, e tanto basta a dargli un senso di pericolosità concreto.
Chiudo con un plauso al bellissimo comparto grafico, davvero impressionante su next-gen. Non sempre tutte le animazioni e soprattutto espressioni facciali sono realizzate perfettamente, ma in certi frangenti si raggiunge quasi il fotorealismo e in un contesto videoludico come questo un livello estetico del genere fa benissimo all’immersione. Azzeccata anche la scelta del cast, simpatici o meno che possano essere i personaggi, si è scelto di ricreare digitalmente facce convincenti e talvolta anche note ai cultori dei film di genere, quasi come tributo dello stesso.
Io credo che The Quarry, come spesso accade, non sia un prodotto per tutti, ma sia indubbiamente un buon titolo per il target di riferimento, che si muove in quella linea che separa il videogioco classico dalle esperienze interattive alternative. Richiede predisposizione a questo tipo di partecipazione più segmentata del giocatore e quasi mai prestazionale. Una partecipazione che però non è assolutamente marginale visti gli innumerevoli espedienti con cui potete cambiare il destino degli eventi in maniera più o meno incisiva. E richiede di simpatizzare per un contesto narrativo che non viene in alcun modo rivoluzionato, ma comunque trattato con un certo mestiere da Supermassive, al netto dei compromessi dovuti alla natura ludica del prodotto. Se pensate di poter apprezzare tutto questo, The Quarry, ponendosi anche un gradino sopra rispetto al già notevole Until Dawn, è un titolo super promosso, che vi intratterrà fino alla fine, con brevi e in fin dei conti poco significativi, reali momenti di noia.