The Society: un concept interessante che spesso predilige gli amori adolescenziali alla sopravvivenza
Per chi è un giovane adulto come la sottoscritta, avrà notato come, tramite Netflix, sia facile tornare adolescenti. Da Le Terrificanti Avventura di Sabrina a Sex Education; da The End of the F***ing World a Èlite, la lista si fa sempre più ricca. Ma non è tutto: alla folta schiera di teen drama targati Netflix, si è aggiunto recentemente The Society.
L’incipit di questa serie è molto semplice quanto appassionante: i ragazzi del liceo di West Ham, in Connecticut, partono in gita per sfuggire a un terribile fetore che impregna la cittadina americana. Tornati indietro per cause di forza maggiore, la flotta di adolescenti scopre di essere l’unica comunità presente a West Ham. Gli adulti infatti sono scomparsi e non è possibile abbandonare la città.
La gioia iniziale di potersi trastullare con alcol, droghe e sesso senza alcuna restrizione lascia spazio alla paura di perire ed essere dimenticati dal mondo. Da qui la necessità di prendere in mano la situazione e dare una struttura alla nuova, giovanissima comunità di West Ham. Ma chi sarà il capo? Come razionare il cibo? E la sicurezza? Queste e tante altre domande faranno capolino nella testa, nostra e dei diversi personaggi della serie, sin dal primo episodio.
Tali curiosità saranno sufficienti per avviare il classico binge watching: d’altronde The Society consta dei canonici dieci episodi, ciascuno della durata di un’ora.
La serie dunque scorre veloce, in maniera godibile, ma non senza quel retrogusto dolce-amaro nel vedere certe dinamiche che sulla carta sono promettenti, ma poi vengono sviluppate con una certa superficialità.
Ma al solito, andiamo per gradi, per comprendere meglio la duplice natura di cui è composta la serie.
https://www.youtube.com/watch?v=UJzU-b5EU9c
La società di The Society
Dall’incipit descritto sopra, pare evidente il riferimento a Il Signore delle Mosche (1954) di William Golding, che racconta di un gruppo di bambini inglesi bloccati su un’isola deserta, costretti quindi ad autogovernarsi per sopravvivere.
È un romanzo che inquieta particolarmente, perché attraverso lo sguardo dei suoi giovani protagonisti abbiamo la prova di come l’uomo sia in realtà una bestia dedita alla lotta, e non alla collaborazione, lasciando crollare la tesi di Rousseau che descriveva l’uomo come animale sociale.
La morale è che dunque non esiste una società priva di ingiustizie e disparità, ma sarà sempre sorretta dallo scontro tra forti contro deboli, in qualsiasi ambito. Nel caso della sopravvivenza, vige la regola del re della foresta.
Sullo stesso principio distopico si basa il The Society di Netflix, dove il folto corollario di personaggi permette di caratterizzare la società con vizi e virtù. Partendo da quest’ultimo aspetto, troviamo Cassandra (Rachel Keller), la più grande e matura del liceo, supportata dalla sorella minore e un po’ ribelle Allie (Kathryn Newton, nota anche per Detective Pikachu), e dallo smanettone tuttofare Gordie (José Julián). Dall’altro lato della barricata c’è invece Harry (Alex Fitzalan), il classico fighetto figlio di papà, supportato all’inizio dalla sua bellissima ragazza (Kristine Froseth, presente anche in Sierra Burgess è una sfigata), e, per chissà quale reale motivo, da Campbell (Toby Wallace), un ragazzo dalla personalità complicata e dal passato non privo di problemi.
Due visioni differenti, l’una dedita alla collaborazione controllata per consentire la sopravvivenza, l’altra preoccupata della salvaguardia dei propri averi e della propria sicurezza su base, potremmo dire, classista.
Entrambe hanno i loro pro e contro – come l’eco di totalitarismo per la prima o l’esaurimento delle risorse la seconda -, ed entrambe hanno i loro sostenitori tra i vari studenti/abitanti di West Ham.
Amore (troppo) e morte
Immaginiamo che leggere descrizioni stereotipate di adolescenti accanto a personaggi come Rousseau e Golding o a parole come “classista” e “totalitarismo” faccia un effetto un po’ strano. Eppure la capacità di The Society e di Netflix sta in questo: usare il punto di vista degli adolescenti per mettere in risalto tematiche importanti come la sicurezza, le disuguaglianze, e, soprattutto, l’empatia.
I vari personaggi, nonostante il loro temperamento sia facilmente inquadrabile, sono ben caratterizzati e ci permettono di avere diverse declinazioni della sopravvivenza: chi reagisce con la fede, chi con la forza bruta, chi con la ragione, chi con la depressione, chi con la paura, e così via.
Il ventaglio di personaggi è molto ricco, di conseguenza questioni come la pena di morte, il concetto di giustizia e rinascita, di organizzazione del lavoro, risaltano tra diverse voci del coro, tra cui compaiono personaggi in cerca della loro sessualità, o in cerca di equilibrio nonostante una malattia. Tra i personaggi principali vi è infatti un sordo-muto, escluso quindi da chi non conosce la lingua dei segni.
Il problema è che il più delle volte parte di queste dinamiche vengono ammortizzate dalle continue scene dedicate alle relazioni amorose dei personaggi.
Comprendiamo che il target principale di The Society siano gli adolescenti – non ci aspettavamo mica un trattato di filosofia e di sociologia formato serie tv – però notare che alcune delle dinamiche sopramenzionate passino in secondo piano per dare spazio ai tira e molla delle varie coppie della comunità, ci lascia quel retrogusto dolce-amaro di cui parlavamo all’inizio.
Unico tema davvero forte, che assume un ruolo centrale nelle nuove abitudini della comunità, è il possesso di armi. Una scelta narrativa che apprezziamo, soprattutto perché potrebbe sensibilizzare i giovani americani su un tema molto dibattuto negli Stati Uniti, a causa dei numerosi casi di cronaca nera su sparatorie avvenute nelle scuole. Un fenomeno recentemente in crescita che ha fatto ritornare a galla addirittura il binomio di videogiochi e violenza.
Accanto al filone centrale della sopravvivenza, nel The Society di Netflix si sviluppano altri rami narrativi principali, come trovare una spiegazione alla scomparsa degli adulti e ritornare alla normalità, e risvolti della trama – alcuni molto importanti e di impatto – che danno alla narrazione un’impronta thriller, tra indagini, scoperte e rivelazioni.
Aggiungiamo infine che tecnicamente la serie non è criticabile: il cast di attori, sebbene giovane, riesce a dare la giusta rappresentazione dei personaggi, facendoli sbocciare dalla caratterizzazione stereotipata da cui partono. Invece registicamente, a parte qualche movimento di camera troppo brusco, nulla da evidenziare.
Concludiamo dicendo che The Society, attraverso le relazioni dei suoi personaggi, gli scontri e i confronti e una buona dose di drammi adolescenziali, uniti da una macro-trama ricca di mistero, cerca di instillare in noi spettatori empatia, per farci interrogare sui cardini della società attuale. Lo fa in maniera quasi blanda, ma lo fa, e, dati i nuovi risvolti sorti nell’episodio finale, non possiamo che contare in una seconda stagione che, ricordiamo, non è stata ancora confermata da Netflix.
Incrociamo dunque le dita per The Society: che la nuova West Ham possa sopravvivere e crescere in meglio.