Soli tra le stelle

Teotl Studio e Grip Digital circa un anno fa, con il loro piccolo team crearono un’avventura di sopravvivenza spaziale degna di nota per i sistemi Microsoft. Oggi, grazie a PlayStation VR, The Solus Project viene distribuito nuovamente con una nuova feature che può dargli tutta una nuova prospettiva: la compatibilità con la realtà virtuale. Abbiamo provato proprio questa versione, e dopo una dozzina di ore passate sul pianeta Gliese-6143-C, siamo pronti a raccontarvi la nostra esperienza.

L’incipit di The Solus Project è semplice ma efficace. Il genere umano è alla deriva, il pianeta Terra non esiste più e alcune squadre di esploratori interstellari vengono mandati alla ricerca di un nuovo pianeta da colonizzare. Nell’orbita della stella Gliese-6143-C, una di queste navi spaziali subisce un danno irreparabile, le cause sono ignote, ma le conseguenze drammatiche. Come unici apparenti superstiti della nave spaziale precipitata in suolo alieno, ci troveremmo a fare i conti con un territorio misterioso e silenzioso. A questo punto sarà evidente che il nostro obiettivo sarà sia quello di esplorarlo, che cercare eventuali superstiti. Prima di tutto però, la massima priorità sarà banalmente la cosa più importante di tutte: sopravvivere. Ecco quindi che si palesa da questa ultima esigenza, uno dei fulcri dell’esperienza di gioco. Equipaggiati solo di una tuta spaziale e di un dispositivo che monitora ogni nostra singola funzione vitale, vestiremo i panni di una persona che deve mangiare, bere, riposare, e fare attenzione alla temperatura del proprio corpo. Queste necessità andranno ad intrecciarsi in un sistema di crafting che prevede la raccolta di materie prime come appunto, razioni o cibi alieni commestibili e fonti d’acqua da consumare regolarmente. Ma dovremmo recuperare anche risorse utili al proseguimento del gioco. Un tubo, un po’ d’olio, magari recuperato dai detriti della nostra nave spaziale, e del materiale infiammabile, produrranno combinati tra loro una bella torcia. Una semplice pietra, può essere utile per scolpirne un’altra e ottenere così uno strumento appuntito, utile ad esempio, per aprire una scatoletta di cibo chiusa.

Su questo tipo di meccaniche si fonda la struttura di gioco che a sua volta fa lavorare la nostra materia grigia nella stessa direzione. L’avventura infatti è lenta, compassata, e in questo la VR è la ciliegina sulla torta di un prodotto specificatamente focalizzato sull’immersione totale del suo giocatore, che mette al centro di tutto il mistero e l’esplorazione. Non esiste, almeno tendenzialmente, l’azione vera e propria in The Solus Project. Non si spara e non si combatte, ma si vive il gusto della scoperta di un pianeta che offre agli occhi del giocatore imprevedibili scenari e panorami, con eventi meteorologici che possono cogliere di sorpresa e mettere in difficoltà il nostro cammino, come piogge di meteoriti, grandinate esagerate e altre sorprese che non vi voglio svelare. Come non vi voglio svelare sostanzialmente nessun dettaglio dell’esperienza, perché nello stupore e nell’ignoto sta tutto il fascino di un gioco che non ha altrimenti alcun particolare merito ludico. Siete voi e la vostra vulnerabilità di essere umano, costantemente sotto controllo dal succitato dispositivo che vi allarmerà quando le calorie o i liquidi nel vostro corpo saranno bassi, quando avrete necessità di trovare un riparo per fare qualche ora di sonno, o quando sarete bagnati in un clima troppo freddo e rischierete quindi l’ipotermia. E questo è tutto quello con cui dovrete fare i conti. Come uscire da questa situazione, verrà da sé, nell’esplorazione di un territorio che spazia da aree piuttosto grandi e aperte a percorsi più lineari e claustrofobici (senza diventare però mai dispersivo), e nella conoscenza dei segreti che nasconde, che spesso e volentieri emergeranno solo riuscendo a risolvere dei semplici puzzle ambientali sempre molto ben contestualizzati.

The Solus Project è sicuramente molto coinvolgente, e come potete immaginare, l’accoppiata visore+Playstation Move aumenta notevolmente questo fattore. Ci sono però dei compromessi a cui far fronte. Sul piano grafico il gioco pur non presentando chissà quale mole di dettaglio, è sicuramente artisticamente molto ispirato, le composizioni geologiche sono ricercate e c’è stata molta inventiva ed originalità nel realizzare un paesaggio alieno che non sapesse di già visto e non fosse troppo derivativo da altri celebri immaginari del genere. Purtroppo però con il Playstation VR c’è una notevole perdita non solo di definizione ma anche di dettaglio, a fronte di una prospettiva sul mondo di gioco che sicuramente eleva il lavoro fatto dagli sviluppatori per immergerci in questo contesto. Un discorso concettualmente simile va fatto per il sistema di controllo. Con i Move tutto è più “verosimile”, il puntatore e il movimento delle nostre mani in totale libertà è molto spontaneo, ma è sicuramente anche tutto più complesso rispetto all’utilizzo del semplice pad. Per muoversi infatti dovremmo premere il grilletto di un Move e ruotare l’altro. Insomma, non il massimo della intuitività. C’è da dire che sia per quel che riguarda il fattore grafico che per i controlli, andando avanti le cose migliorano e in circa un’oretta non avrete più alcun problema con questo tipo di difetti strutturali e anzi, beneficerete del miglior set-up in assoluto per un’avventura del genere.

Verdetto

Questo titolo compensa una grande mancanza nel parco giochi di PlayStation VR, ovvero quella di avventure di un certo spessore che durino più di una manciata di ore. Anche solo per questo motivo, il titolo è sicuramente consigliato a tutti i possessori di VR che di alternative del genere ne hanno ben poche. The Solus Project tuttavia non tradisce la sua natura indie. Il gioco è modesto sul profilo tecnico e sostanzialmente anche su quello ludico, relegato più che altro a questa componente survival che sicuramente aiuta a calarsi nei panni del protagonista, ma perde anche sempre più di senso con il proseguo dell’avventura, quando comincia a prendere piede una certa linearità e il gioco si fa più dark, con ottime sezioni che virano il gioco verso atmosfere horror. Da qui mangiare e bere diventeranno meccaniche quasi automatiche fino a sembrare fuori luogo, vista anche la facilità nel reperire le risorse. Ma sono piccoli difetti che non intaccano il grandissimo lavoro fatto sulle atmosfere del gioco, che vivono di suggestivi motivi melodici e un mondo sorretto da un design affascinante e intrigante, capace di rapire fino alla fine, soprattutto in VR. Peccato solo che la totale mancanza di qualsiasi dinamica vagamente action renda il viaggio interessante solo ed esclusivamente al primo giro. Ma se questo vale il tempo speso, poco importa se sarà l’unico.

 

Davide Salvadori
Cresco e prospero tra pad di ogni tipo, forma e colore, cercando la mia strada. Ho studiato cinema all'università, e sono ormai immerso da diversi anni nel mondo della "critica dell'intrattenimento" a 360 gradi. Amo molto la compagnia di un buon film o fumetto. Stravedo per gli action e apprezzo particolarmente le produzioni nipponiche. Sogno spesso a occhi aperti, e come Godai (Maison Ikkoku), rischio cosi ogni giorno la vita in ridicoli incidenti!