Una lotta vecchia come il mondo con un ritmo che puoi ballare
In un mondo in cui non esiste più netta contrapposizione tra bene e male, tra buoni e cattivi, tra bianco e nero, un mondo in cui l’unica ricompensa dell’eroe che combatte è il dramma, arriva The Tick a riequilibrare il vostro karma corroso da anni e anni di supereroi che si prendono troppo sul serio, strizzati nei loro costumi ipertecnologici. Creato da Ben Edlund, nel 1986, The Tick nasce come mascotte di uno store della New England Comics di Boston e, due anni dopo, diventa il personaggio parodia per eccellenza dei supereroi americani, con un costume da zecca blu e una parlata magniloquente degna del primo vendicatore. Nel 1994 prima e nel 2001 poi, la Fox trasmette rispettivamente la serie animata di tre stagioni e la Serie TV live action, cancellata dopo 9 episodi, entrambe scritte da Edlund. Così come scritta da Edlund è anche quest’ultima “supereroica” fatica targata Amazon Video, annunciata nel settembre 2016 e di cui la prima parte è stata rilasciata pochi giorni addietro, mentre la seconda uscirà ad inizio 2018. Perciò, occasione migliore non c’era per Stay Nerd di visionare l’episodio pilota e… beh, discorrerne con voi.
An epic tale rife with destiny, adventure and blood loss!
Una tonante voce fuori campo, che si presenta da subito come The Tick (Peter Serafinowicz), ci introduce in un mondo in cui i supereroi sono delle vere e proprie star, intervistate nei talk show, dipinte, tra l’altro, come figure ridicole, e registrate su AEGIS, un “superhero database” in cui però la zecca blu non appare. Sarà la voce impostata ed altisonante del supereroe, che spesso parla per frasi fatte e slogan piuttosto retorici, a guidarci lungo tutto il pilot, diretto dalla mano riconoscibile di Wally Pfister, collaboratore epocale di Nolan.
Questo primo episodio però, gira attorno alla figura di Arthur (Griffin Newman), un ragazzo timido che lavora come contabile e che scopriamo essere mentalmente instabile a causa di un trauma subito da bambino: ha visto morire, nell’arco di tempo sufficiente ad un gelato per sciogliersi, i suoi supereroi preferiti (il team Flag 5) e suo padre.
La personalità di Arthur, che diventerà la spalla della nostra super-zecca preferita, offre al regista e allo sceneggiatore la possibilità di bilanciare attraverso temi come la solitudine, l’ossessione e la malattia, la vena parodistica e surreale propria del progetto di Edlund. I due personaggi, anche grazie all’interpretazione efficace degli attori, si equilibrano perfettamente, tanto che The Tick stesso definirà Arthur come la mente e se stesso… come tutto il resto!
Accettato facilmente il cliché dell’incontro casuale tra i due, quest’ultimi ci premiano da subito con dialoghi stravaganti e insieme deliziosi, che non possono che portare lo spettatore a parteggiare per le forze del bene, cosa nient’affatto scontata, di recente, visto il rinnovato fascino dei cattivi.
E, a proposito di villain, la malvagia controparte di turno si rivela non meno stravagante e bizzarra di The Tick: si tratta del fantomatico The Terror, che il mondo intero crede morto e di cui Arthur, invece, segue le tracce da anni, un cattivo che fa i dispetti e ride come un bullo di quartiere. Proprio quest’ultimo antagonista ci offre l’ennesimo spunto che lo show intende sfruttare per non prendersi troppo sul serio, e fare in modo che anche gli spettatori facciano altrettanto.
Si potrebbe discutere a lungo di se e quanto la contro-cultura nerd abbia bisogno, in questo momento di foga da superpoteri, di qualcosa che si metta di traverso in questo modo, un po’ come hanno fatto prima di lui Kick-Ass e Deadpool. Ma il dato più importante è che questo episodio pilota ci ha convinti, con la sua freschezza e simpatia, e divertiti, non senza lasciarci voglia di vederne ancora. Quindi, perché perdere tempo a filosofare, quando si può, ad esempio, semplicemente guardare un altro episodio?
Cosa ci è piaciuto?
Come appena detto, la presa per i fondelli dei classici stilemi del genere, che DC e Marvel stesse hanno contribuito a creare e consolidare negli ultimi anni, risulta mai banale e sempre irrisoria al punto giusto, calibrata com’è dalla storia dolorosa e personale dei personaggi, appassionante ed empaticamente funzionante. Praticamente si piange sorridendo e si sorride piangendo.
Cosa non ci è piaciuto?
Onestamente? La breve durata dell’episodio. Certo, per apprezzare uno show come questo è indicato, sebbene non obbligatorio, che la pioggia di supereroi classici inizi in qualche modo a provocarvi qualche alzata di sopracciglio. Altrimenti, la sospensione di incredulità pompata di supereroi super-cool cui ci hanno abituati potrebbe vacillare, e voi storcere il naso.
Continueremo a guardarlo?
Perché mai dovremmo perderci la nascita e la crescita di un nuovo supereroe sfigato e tenero come Arthur? Quindi la risposta è sì, e per noi lo è anche al quesito mistico che ci siamo posti poco fa: rendere gli eroi meno invincibili e più veri, per quanto ridicoli, quando fatto con cognizione di causa è ciò di cui ha bisogno l’universo super-eroistico di oggi. O forse è solo quello che si merita.