l confine tra “supereroi” e “supercattivi” si sta facendo sempre più sottile. Il pubblico ormai da anni dimostra di adorare più il Joker dello stesso Batman, più Venom dello stesso Spider-Man, ma come reagirebbe se proprio il supereroe, ad un certo punto, si tramutasse nel cattivo della storia?
Tra i primi che hanno voluto dare una risposta a questa domanda ci sono gli autori della serie targata Prime Video The Boys, arrivata quest’anno alla sua terza stagione. Con un aumento esponenziale di sangue, piani complottisti, organi genitali maschili e tutto ciò che al mondo si può definire “antieroico”, The Boys, tratto dai fumetti Garth Ennis, si è rivelato un autentico successo, per le sue tematiche controverse e per questa visione del tutto innovativa del supereroe come prodotto mediatico.
Gli esseri umani dotati di poter incredibili che difendono il mondo dai cattivi, se esistessero davvero, non pensate che diventerebbero delle star di Tik Tok? Dei testimonial di qualche shampoo costoso? Che presiederebbero ogni discorso del presidente della Repubblica? La linea narrativa, in The Boys, prende una piega simile, ma che si distorce nel più crudo realismo: la sete di potere e di denaro corrompe qualsiasi cuore, anche quello di un supereroe.
The Umbrella Academy: la risposta di Netflix
Prime Video ci ha dato la sua versione e, quasi specularmente, con l’uscita della terza stagione avvenuta proprio questo 22 giugno, Netflix risponde con The Umbrella Academy. La serie, tratta dai fumetti di Gerard Way, partita come una parodistica visione di un gruppo sgangherato con poteri straordinari, si è trasformata nel corso delle tre stagioni in una vera e propria epopea. Una lotta contro il tempo e contro la fine del mondo in cui la squadra pronta a combattere il male è effettivamente il male stesso! Se questa stagione avesse un sottotitolo, sarebbe: “The Umbrella Academy 3: i supereroi peggiori di sempre”.
In un putiferio di battute sarcastiche, black humor e disastri di dimensioni bibliche, The Umbrella Academy ci conquista con i suoi personaggi grigi e malconci, che ci provano ogni volta a fare la cosa giusta e puntualmente falliscono. In questa terza stagione, iniziata con il botto, Luther, Cinque, Allison, Diego, Klaus e Viktor si ritroveranno ad affrontare, tra le varie apocalissi, un altro gruppo di supereroi, gli Sparrow, che hanno tutte le carte in regole per entrar a far parte della Vought International: idoli delle folle, combattenti del crimine, perfetti nelle loro divise ordinate. Mentre i secondi sono la causa del problema e tentano disperatamente di risolverlo, i primi mantengono una facciata pubblicitaria da giustizieri, ma le loro azioni sono sempre macchiate dall’immoralità più sfrenata.
La divisione in questo modo è netta: meglio stare dalla parte di un completo disastro con buone intenzioni o meglio appoggiare una squadra efficiente dalla dubbissima moralità? Probabilmente seguendo gli Sparrow ci eviteremmo una decina di Fini del Mondo, ma tutto il divertimento dove sarebbe? Eh sì, perché il punto più forte di The Umbrella Academy è proprio la comicità disastrosa dei fratelli della Umbrella. Con i loro imbrogli da sciogliere e la loro scarsissima forza di volontà, li adoriamo alla follia. Sono dei perdenti, incapaci di badare a loro stessi, alla disperata ricerca di affetto: sento puzza di empatia… anche se tutti questi problemi interiori nella serie TV vengono amplificati al massimo (per ovvie ragioni di trama), in parte il pubblico riesce a sentirli propri.
Meno scazzottate e più lacrimucce per una terza stagione che punta sull’unione della squadra
Il dolore è da secoli una delle forme di intrattenimento preferito dell’Uomo e di dolore, i membri della Umbrella, ne hanno da vendere. Ecco perché ogni volta che li vediamo unirsi, dimostrarsi affetto reciproco, risolvere un problema insieme il nostro cuore batte un po’ più forte. In questa terza stagione l’evoluzione dei personaggi e della squadra è stata messa in primo piano e non smetterò mai di ringraziare Steve Blackman per questo. Meno scene d’azione (anche se non mancano, ve l’assicuro) e più sentimento, in una terza stagione che finalmente riesce dare profondità ad ogni suo personaggio.
Un’altra stagione di Klaus perso nelle sue dipendenze e nelle sue stravaganze senza un effettivo costrutto psicologico mi avrebbe fatto bollare definitivamente il personaggio come il meno interessante della serie: invece sono stata ricompensata per la pazienza! Anche lo sconclusionato Klaus qui trova una sua dimensione di approfondimento ben costruita; allo stesso modo succede ad Allison e a Diego. Sempre più insipido è il personaggio di Viktor (nota di demerito alla produzione italiana: perché cambiare doppiatore al personaggio? Serve davvero una voce diversa per farci capire che Viktor si riconosce come uomo?), che sembra non comprendere mai fino in fondo il problema che la sua famiglia sta affrontando e, in scarsi tentativi di altruismo, non fa che peggiorare le cose per l’intero universo.
The Sparrow Academy
La Umbrella Academy però non deve confrontarsi solo con un gruppo di supereroi meno bonaccioni di loro, ma con una squadra che viene ritratta su enormi cartelloni pubblicitari appesi per tutta la città, che possiede una casa degna di Patriota e che firma autografi dalla mattina alla sera. Gli Sparrow sono diventati quello che la Umbrella Academy non è mai riuscita ad essere: una famiglia di celebrità (sono un po’ le Kardashian del mondo dei supereroi). Eppure, oltre a prendere a calci qualche ladruncolo di quartiere, gli Sparrow non hanno mai fermato un’apocalisse. Vero anche che non l’hanno neanche mai causata, a differenza degli Umbrella. Il dilemma etico allora è proprio questo: anche in un mondo in cui esiste una versione più prepotente e ingiusta di loro, gli Umbrella sono sempre l’opzione peggiore.
L’amore per i personaggi “sbagliati”
In questa terza stagione viene accarezzato il tema della popolarità, del veleno del successo, ma è ancora più marcato l’amore incondizionato che noi, in quanto pubblico, proviamo per i personaggi “sbagliati”, che ci provano e ci riprovano, alcuni con massima determinazione, altri con massima svogliatezza, a risolvere i loro guai, ottenendo risultati mediocri. Amiamo le loro stranezze e le loro delusioni, i loro difetti più intimi e le loro scarse possibilità di successo; ma d’altronde il vero potenziale dei supereroi si esprime proprio quando il mondo ha esaurito le seconde possibilità, no?
Sono proprio i difetti degli Umbrella che li rendono unici, che ci tengono incollati al televisore, facendoci chiedere ad ogni scena “come potranno farcela anche stavolta?”. Ci vengono presentati i loro peggiori difetti, serviti su un piatto d’argento con tutte le problematiche emotive che ognuno di loro serba dentro con rancore, ma sono proprio queste dimostrazioni di totale disastro che ci fanno vivere i loro successi come anche nostri.
Con una scena post-credits che fa nascere solo altre domande, attendo trepidante l’uscita della quarta (e forse ultima) stagione. Piccola notazione non richiesta: Cinque è il mio personaggio preferito, ma nessuno mi farà mai sbellicare dalle risate quanto Diego.