Gli eroi più rock del mondo
È il 22 Marzo 2013 quando, attraverso un comunicato ufficiale sul proprio sito, i My Chemical Romance decidono di sciogliersi definitivamente, dopo 12 anni di carriera, 4 album in studio e tantissimi successi che hanno influenzato pesantemente la cultura di milioni di ragazzi nel mondo.
In quegli anni, però, il frontman storico della band, Gerard Way, non si è dedicato unicamente alla musica, ma anche alla stesura della sceneggiatura di un fumetto che, probabilmente, mai avrebbe immaginato potesse riscuotere tanto successo nel mondo e tanto interesse da parte della N rossa regina dello streaming: The Umbrella Academy.
1 Ottobre 1989.
Nel mondo 43 donne non incinte danno alla luce contemporaneamente dei bambini dotati di superpoteri. Tra questi, ben 7 verranno comprati/adottati da un eccentrico miliardario di nome Sir. Reginald Hargreeves (Colm Feore), per dare vita a quella che sarebbe stata una delle formazioni di supereroi più eccentriche e stravaganti della storia dei comics.
“When I was a young boy
My father took me into the city
To see a marching band
He said, son, when you grow up
Would you be the savior of the broken
The beaten, and the damned?
He said, will you defeat them
Your demons and all the non believers?…”
Chissà se il ragazzo di Welcome to the Black Parade faceva parte della Umbrella (seppur, dopo aver fatto conoscenza di Sir. Hargreeves, risulta alquanto improbabile), perché leggendo attentamente il testo, qualsiasi membro dei fatidici 7 risulta un possibile candidato. Tutti quanti fanno parte di questa “banda” e tutti quanti sono al tempo stesso salvatori e dannati perseguitati da indicibili demoni interiori.
Luther, Klaus, Allison, Diego, Numero 5, Vanya, Ben. 7 personaggi esageratamente weird, tutti pronti ad urlare in qualsiasi momento “I’m Not Okay”, perché i poteri sono stati una maledizione per loro anziché un dono. Tra depressi, ghettizzati, ragazzi di lovecraftiana ispirazione con mostri sotto la pelle, perseguitati da spettri e costretti a drogarsi per fuggirgli, alcuni abbandonati a sé stessi, altri perennemente insoddisfatti della propria vita, nessuno parrebbe essere minimamente indicato per vestire i panni di un eroe.
Ciò nonostante, la produzione Netflix ci mostra come sia possibile, in un modo o nell’altro, uscire dagli schematismi mentali dei fumetti americani e proporci qualcosa di nuovo.
Tra tutti quanti i protagonisti della storia (originariamente edita dalla Dark Horse), quello che maggiormente attira la nostra attenzione è senza dubbio Klaus (alias Robert Sheehan). Sarà per la caratterizzazione profonda e dettagliata, o per il suo incredibile fascino dato dal suo insolito potere, o per la sua istrionica personalità perfetta per prendere parte ad un “Party Poison”, il ragazzo in grado di parlare con i morti è senza dubbio, oltre che una creatura nata e cresciuta nella mente di Way, la perfetta incarnazione di tutto quello che c’è in questo show.
Dinamismo, profondità, carica comica, politicamente scorretto. Un piccolo grande omaggio alle figure, alle parole e alle sonorità che ci sono state offerte dai MCR durante il loro 12 anni di attività.
E proprio per questo, una serie che trae ispirazione da un fumetto ideato da Way, non poteva non avere una grandissima colonna sonora.
D’altronde se uno show parte con The Phantom of the Opera fatta interamente al violino, inizia la seconda puntata con Run Boy Run dei Woodkid e termina con Don’t Stop Me Now dei Queen, significa che la qualità sarà per forza di cose direttamente proporzionale alla soundtrack.
Una gustosissima selezione musicale che ci accompagnerà durante tutte le puntate, per tutto il minutaggio (anche di 60 minuti ca. delle volte) necessario, soprattutto, durante le sequenze di combattimento che acquisiranno un sapore ancor più interessante.
Le sequenze di pura azione, seppur leggermente centellinate rispetto alle aspettative, sono una piccola chicca della produzione Netflix. Combattimenti che risultano avere uno stile molto simile a quanto visto in pellicole interessanti, quanto sottovalutate, come Kick-Ass e The Green Hornet, proponendoci scontri a fuoco e corpo a corpo dinamici, con tante pallottole, un po’ di slow motion e un ritmo esageratamente incalzante. Un sempre più crescente “Na Na Na” di pugni e calci reso possibile soprattutto dal bizzarro quanto spietato duo di serial killer Hazel e Cha-Cha (rispettivamente Cameron Bitton e sua Eccellenza Mary J. Blige), e dalla manifestazione vivente di “The Sharpest Lives”, Diego (impersonato dall’attore David Castañeda), l’unico del gruppo realmente interessato alla vita da vigilante mascherato.
Tutti personaggi che, indipendentemente dalla missione da compiere, proseguiranno ad andare avanti imperterriti per la propria strada, pronti ad urlare:
“Come on, come on, come on I said
(Save me) get me the hell out of here
(Save me) too young to die and my dear
(You can’t) if you can hear me just walk away and
(Take me)”
Perché, seppur potrà sembrare “La Fine” (?) per ognuno di loro, in qualsiasi momento, questi non cadranno mai.
Oltre a ciò, vanno menzionati anche, rispettivamente e giustamente, la componente grafica adoperata per la resa dei poteri e la fotografia della serie. Quest’ultima è senza alcun dubbio un aspetto affascinante che va a richiamare dei temi già visti in mondi immaginari partoriti dai vari Burton e del Toro, ma comunque ottimale per poter offrirci una versione più rock e cupa di eroi.
Per la CGI, invece, dopo le non troppo riuscite esperienze della N rossa con eroi dotati di poteri (Iron Fist e Luke Cage ad esempio), il livello si è incredibilmente alzato, in particolar modo, oltre che per le sequenze dei combattimenti, per la resa realistica di Pogo, la scimmia parlante che assiste i ragazzi sin dalla nascita.
The Umbrella Academy è, in sostanza, un macromondo meravigliosamente disarmonico, dove personalità rock con poteri affascinanti e decisamente non mainstream, riescono definitivamente a prendere il sopravvento in un mondo (quello degli eroi) fin troppo stereotipato ed inflazionato. Con sequenze di combattimento dinamiche e coinvolgenti e una colonna sonora eccezionale (con annessa Hazy Shades of Winter, produzione solista di Way), l’Umbrella, con i suoi sgangherati eroi, può diventare uno dei cavalli di battaglia di casa Netflix.