Fandemonio!
In pochissime parole, The Wicked + The Divine è la storia di come, ogni novant’anni, dodici divinità si reincarnino in dodici giovani ragazzi, con i propri poteri “divini” ma al prezzo di morire dopo soli due anni. Ed è la storia di come questo ciclo, oggi, darebbe vita a dodici giovanissime “rockstar”, nell’accezione più ampia del termine, della scena musicale. I crediti vanno al dinamico duo di Kieron Gillen e Jamie McKelvie, già insieme su Phonogram, peraltro con un concept a tratti molto simile (ma in Phonogram a incarnarsi è la musica stessa, concedendo poteri magici), e a BAO, naturalmente che traduce e importa anche da noi questa saga, pubblicando i primi due volumi a breve distanza e il terzo in arrivo (forse per recuperare l’edizione internazionale, già al quarto capitolo).
Che cosa dire, entrando nel merito di questo fumetto davvero particolare? Leggere Wicked + Divine è un’esperienza mistica. Gillen e McKelvie sono evidentemente affezionati alla musica (in fondo, chi non lo è?) e lo ribadiscono con un altro racconto che la mette su un palco gigantesco, a scuotere milioni di cuori all’unisono. Le dodici divinità rinate, peraltro provenienti dai vari pantheon delle diverse culture politeiste dell’Uomo, vivono come star e, con poche violente eccezioni, usano i propri poteri per stregare il grande pubblico. Ma il bello non si ferma qui. Gli autori, infatti, ci riconsegnano su carta il più fedelmente e artisticamente possibile l’emozione magica-divina-musicale dei concerti cui la nostra protagonista, la giovane e “comune” Laura, assiste a dir poco e letteralmente estasiata.
Se avete dubbi su come si possa riprodurre un concerto a fumetti, il ritmo, le sinestesie… beh, il consiglio migliore che possiamo darvi è proprio quello di leggere Wicked + Divine. È difficile da spiegare, ma grazie a un’iconografia estremamente potente da parte del nostro McKelvie, a una suddivisione “ritmica” o “fluida”, a seconda delle necessità, di Gillen e, grandissimamente, alla colorazione lisergica di Matt Wilson (a sua volta una rockstar del colore nel fumetto americano), l’impresa riesce, e riesce davvero bene. Tanto che questo è e rimane la pietra fondamentale su cui poggia tutto il fumetto, il suo carattere distintivo e più grande pregio. Anche perché un’esperienza del genere non ve la dà nessuna altra lettura in giro, almeno per adesso. Nemmeno suo “cugino” Phonogram (in Italia ancora inedito, speriamo non per molto), che gli si avvicina solo cautamente, preferendo forse dedicarsi ad aspetti più tecnici della scena musicale indie e underground.
Se dovessimo fermarci qui, con una premessa antropo-mitologica intrigante, uno stile di disegno estremamente caratteristico e coerente a se stesso, dialoghi e personaggi vari, verosimili e carismatici, colori pazzeschi e una narrazione sempre sperimentale e mai di difficile comprensione, The Wicked + The Divine sarebbe un fumetto perfetto. Purtroppo non lo è. Per carità, è un signor fumetto ma, ahinoi, alla perfezione non arriva per difetti che, ironicamente, sono a loro volta caratteristici della talentuosa coppia d’autori da cui derivano tutti i pregi di cui sopra. E quali sono questi difetti?
Principalmente, un ritmo che alterna fasi di elevatissima compressione di eventi e colpi di scena, e questo sarebbe il lato positivo, ad altre di quasi nulla prolungato. Il feeling di straniamento che ne deriva è amplificata dalla cassa armonica che, metaforicamente, costituisce la trama, che si va a comporre pian piano da un iniziale mistero totale. Da cosa dipende la reincarnazione degli dei? Qual è il loro autentico obiettivo, sempre che ne abbiano uno al di fuori di divertirsi, divertire e rappresentare per gli uomini, concretamente, divinità scese in terra? Chi si cela dietro Ananke (che è la parola greca per “necessità/destino”, anticamente sinonimi), la vecchia signora che sembra governare questo ciclo di vita e morte divina? All’inizio non sappiamo niente, e non è che dopo due volumi abbiamo tante più notizie tra le mani. Nel frattempo, poi, si sono aggiunti altri misteri riguardanti, per esempio, le malefatte e la “punizione” di Lucifer o i rapporti di odio-amore tra divinità e persone comuni. Aggiungete poi che alla fine di ogni volume, e nel secondo capitolo ancor più drasticamente che nel primo, gli autori amano piazzare una combinazione letale di anticlimax e cliffhanger, e otterrete una sensazione che è sì di attesa per i prossimi pezzi del puzzle, ma anche di frustrazione per il buio in cui continuiamo a brancolare e che, invece di schiarirsi, sembra solo infittirsi ulteriormente.
Verdetto:
The Wicked + The Divine è una storia particolarissima, tanto assurda nelle premesse quanto intrigante e concretamente svolta, al punto da appassionare e donarci una splendida illusione di plausibilità. Questo soprattutto nei momenti di puro sconvolgimento visivo dettato dalla musica, metaforicamente e letteralmente uno strumento magico che tanti studiosi (del mondo reale) hanno definito per l’appunto un mistero non evolutivo, un “dono degli dei”. Graficamente, lo stile iconico e dolcemente plastico di McKelvie e gli accesi colori magici del dottor Wilson fanno pendant con la sagace scrittura di Kieron Gillen, che però potrebbe forse distribuire meglio colpi di scena e periodi di relax, bilanciando un ritmo talvolta sincopato, e farci scorgere, dopo dodici episodi e due volumi, qualcosa di più dell’arazzo intessuto e destinato, chissà quando, ad essere squarciato. Infine, la conclusione di questo Volume 2, che conferma quanto di buono già visto nel primo paperback, vi renderà impossibile non aspettare con ansia il seguito.