La voglia di comprare DLC
Dopo un tour de force di ben 16 aggiornamento gratuiti, tra carte del gwent, vestiti alternativi e nuovi finishing moves, The Witcher 3 si apre finalmente ad un primo e più dignitoso contenuto aggiuntivo, stavolta ovviamente a pagamento. Difficile che su queste pagine troviate di nuovo nella stessa frase le parole “finalmente” e “contenuto aggiuntivo”, ma ci darete ragione se osiamo dire che l’ultima fatica di CD Projekt Red è francamente uno dei migliori giochi degli ultimi anni, tale che è davvero difficile staccarsi dal mondo di Geralt di Rivia, ricchissimo non solo di cose da fare ma anche di una cifra stilistica onnipresente, tale da rendere godibile persino quelle attività secondarie che, sovente, nei prodotti a stampo open world sembrano messe lì tanto per fare numero. The Witcher 3, insomma, concorre tranquillamente al titolo di gioco dell’anno e nonostante le circa 180 ore accumulate la voglia di accompagnarsi allo strigo è ancora fortissima. Hearts of Stone capita allora al momento giusto, arrivando sulle nostre console ad una distanza dall’uscita principale, tutto sommato, molto contenuta, e con un prezzo che vista l’offerta ( meno di 10 euro per 15 ore di gioco garantite, 20 a tenersi larghi) è più che appetibile.
La premessa
Accessibile dal livello 32, Hearts of Stone è progettato in modo evidente come un contenuto endgame appannaggio, pertanto, di quanti avranno completato la main quest incentrata sulla terribile Caccia Selvaggia ed ora desiderosi di mettersi alla prova con una nuova sfida. Hearts of Stone, in effetti, sarà anche accessibile dal menù di gioco come contenuto stand alone nel qual caso godremo di un Geralt già appositamente settato a livello 30, con punti abilità da impostare liberamente e di una buona quantità di monete per poter dare un minimo di “personalizzazione” al Lupo Bianco. La proposta è positiva, anche se ovviamente è consigliabile intraprendere l’avventura direttamente dal proprio salvataggio, proseguendo pertanto il cammino di Geralt che, ricordiamolo, non si fermerà qui ma che proseguirà il prossimo anno con il secondo (e probabilmente ultimo) DLC a pagamento: Blood and Wine. In ogni caso, visto che anche i tipici drowner presenti sulla mappa saranno ad un livello minimo di 30, il consiglio è di non avviare Hearts of Stone prima del livello consigliato, perché si finirà inevitabilmente per crepare ad ogni passo.
Cuori di pietra
Reperibile per mezzo di un annuncio in bacheca in quel di Oxenfurt (non temete, c’è un apposito indicatore attivabile per raggiungere la meta), Hearts of Stone compie, su tutto, un eccezionale lavoro di storytelling rimettendo nelle mani del giocatore non “l’ennesima storia di Geralt”, ma un contenuto dal forte carattere narrativo, forse per certi versi anche migliore di quello dell’avventura base e dalla forte impronta autoriale. Il tutto partirà con l’incontro di un figuro piuttosto losco, il Mercante degli Specchi, un personaggio misterioso e tutt’altro che rassicurante, e dotato di caratteristiche sovrannaturali evidenti, tali che il nostro Lupo finirà anche per essere marchiato in volto. Partendo da una richiesta molto semplice (chiamiamola una missione di “protezione”), come è nello stile di The Witcher le cose andranno rapidamente a rotoli, portando la trama a diventare sempre più ricca e complessa con diversi snodi e segreti da svelare, costruendo così un plot denso non solo di eventi, ma anche di tematiche ed in cui la vendetta, l’amore e l’onore andranno mescolandosi in un racconto intrigante e ritmato. Difficile dire di più senza spoilerare alcunché, fatto sta che nel bel mezzo della nostra nuova missione ci imbatteremo anche in una vecchia conoscenza dello Strigo, quella Shani (peraltro già ampiamente anticipata dal materiale pubblicitario degli ultimi mesi) che avevamo potuto conoscere e apprezzare nel primo The Witcher e che è qui non è solo narrativamente centrale, ma è anche partecipe di una missione bellissima e “diversa”, in cui si vanno ad aprire anche una serie di riflessioni aperte sul personaggio di Geralt e sul valore che sé stesso (come il mondo) danno alla figura del “witcher”. Il punto è che HoS fa un qualcosa che sinceramente non ci saremmo aspettati: devia da quelle che sono le tematiche alla base del gioco base e si prende un attimo per approfondire e, se possibile, ricostruire certe topoi del racconto di Geralt, giocandosela tutto sul piano narrativo che è poi quello cui il gioco tiene di più ed in cui si è sempre dimostrato, non in ultimo proprio con The Witcher 3, estremamente competente. La sorpresa è allora duplice: dopo quasi 200 ore di ottimi racconti, trovarsi per le mani una storia così complessa, dignitosa e strutturata, in quello che un settore (quello dei DLC) spesso poverissimo di idee ed incapace (o forse inadatto in termini commerciali) di osare è una meraviglia autentica che una volta tanto vale il prezzo del biglietto. Come, spero, capirete, Hearts of Stone è dunque un lavoro così preciso e pulito nella sua costruzione, e nella gestione delle dinamiche narrative che sarebbe riduttivo a dir poco non applaudire l’abilità di CD Projekt Red. Hearts of Stone è infatti, senza mezzi termini, una vera e propria perla narrativa e, più in generale, una mosca bianca nel panorama dei contenuti a pagamento, da sempre caratterizzati per una certa sciattezza e incuria.
Tutto bene… più o meno
E dunque, se il cuore del gioco non è affatto di pietra, ma è anzi una gioia quasi estatica, purtroppo non si può dire lo stesso per le attività secondarie che si presentano invece esattamente agli antipodi del prodotto di base. Se in Wild Hunt le attività secondarie erano infatti numerosissime, tali che noi stessi siamo tra quelli che ancora non le hanno completate tutte, con Hearts of Stone le cose sono fortemente diverse. Nel corso del nostro peregrinare ci troveremo infatti ad esplorare una nuova regione ed a conoscere un nuovo popolo, gli orfeniani, ad oggi appannaggio dei libri ed ora sdoganati anche all’interno della serie videoludica con una caratterizzazione che sembra richiamare (decisamente in modo voluto) quella dei cittadini di Dorne dalla serie tv Il Trono di Spade. Al di là delle caratteristiche della popolazione, quel che ci lascia un tantino perplessi è la sovrabbondanza di accampamenti di banditi che popolano la regione e che costituiscono, di fatto, un buon 80% delle attività secondarie sulla mappa. Come saprete la situazione per il gioco base è del tutto diversa e per quanto gli incarichi siano limitati per numero, si può dare per buono che il loro numero sia sufficiente a dare un minimo di varietà ad una mappa che ha dimensioni gargantuesche. In Hearts of Stone, invece, salvo i contratti da Witcher, si uccidono veramente una marea di banditi e basta, tanto che ad essi è persino legata la caccia al tesoro per il nuovo set da Witcher (per altro molto cazzuto) presente nel gioco. Per fortuna, il generale livellamento verso l’alto (ripetiamolo: non affrontate l’avventura se non siete ALMENO di livello 32) rende comunque le sfide impegnative, anche se solo in un paio di casi ci siamo imbattuti in battaglie veramente ardue, tali da portarci persino al game over. Come che sia c’è la fortissima impressione di essersi concentrati solo sulle attività primarie, il che non è male perché, come detto, la main quest è di una qualità tale che prende a schiaffi molti titoli simili (dlc inclusi), tuttavia con una nuova regione, una nuova razza e nuovi luoghi da esplorare, forse sarebbe bastato anche solo riproporre in toto le idee di Wild Hunt per concedere al giocatore un set di incarichi secondari non memorabile, ma nemmeno dimenticabile, come di fatto qui succede.
Enchantment? Enchantment!
Ma la novità più rilevante dal punto di vista prettamente ludico (se si esclude il corposissimo aggiornamento rilasciato prima del rilascio del DLC che ha portato ad alcune migliorie non da poco) è certamente l’introduzione di un nuovo tipo di artigiano: l’incantatore. Utilizzare i servizi di questo particolare artigiano si rivelerà fondamentale in termini di sopravvivenza in quanto egli dispone dell’abilità, non da poco, di potenziare con un bonus passivo (spesso decisamente potente!) un’arma o un’armatura. Il sistema è semplice e intuitivo, basta infatti disporre di un pezzo di equipaggiamento con almeno 3 slot vuoti (nel caso in cui non fosse così è possibile persino acquistare uno slot bonus da inserire sul pezzo) in cui inserire delle apposite rune. Le abilità che l’incantatore può apporre all’equipaggiamento hanno del divino e vanno dal rimbalzo dei colpi a distanza sino ad effetti devastanti legati ai segni che vengono così potenziati di ulteriori “abilità” tutte da sperimentare. Ovviamente, utilizzando gli slot di incantamento per le rune, si perderà la possibilità di inserire pietre (e viceversa) ma l’incantatore risulta una novità tale che lo smacco passa direttamente in secondo piano. Certo, a questo punto ci si aspetta che per il futuro, con Blood e Wine, CD Projekt alzi ulteriormente la sfida perché salvo non si incorra nella recente Nuova Partita +, alla fine di Hearts of Stone Geralt sarà una vera e propria macchina da guerra.