Una tranquilla passeggiata nei boschi, o quasi…
Prima di tutto, qualche necessario convenevole: Through the Woods fa parte di quella cerchia di titoli nati grazie al supporto e alla fiducia dei consumatori. Tramite un Kickstarter, tra Maggio e Giugno del 2015, il progetto riuscì ad ottenere e superare i 40.000 $ richiesti dagli sviluppatori, i ragazzi di Antagonist, una piccola casa di sviluppo indipendente di origine norvegese, partita inizialmente come progetto studentesco.
Sviluppato utilizzando il sempreverde Unity Engine, il gioco vide la luce per la prima volta sul mercato PC verso la fine del 2016, giungendo infine sulle console casalinghe di ultima generazione solo due anni più tardi, nel 2018 per l’appunto.
Il titolo, ambientato ai giorni nostri, ci mostra quella che ha tutta l’aria di essere un’allegra scampagnata di una giovane madre e del proprio figlio in uno chalet perso tra le foreste rigogliose e vicino la costa. Sviluppato in terza persona, Through the Woods cala direttamente il giocatore nei panni del giovane Espen per una brevissima sequenza, di Karen (sua madre) subito dopo per il resto dell’avventura, iniziando fin da subito a mostrare qualche nota di tensione scaturita da una certa insofferenza della madre verso il proprio pargolo, con la donna troppo distaccata ed occupata con il lavoro.
Purtroppo già da questi momenti si può intravedere la resa spartana del progetto, sia dal punto di vista tecnico che da quello prettamente narrativo, mostrando il fianco in diversi momenti e palesando la propria origine indie. Determinate tematiche necessitano di una cura e una sensibilità che purtroppo manca nei pochi, pochissimi dialoghi in cui il giocatore potrà imbattersi, spesso penalizzati sia da un doppiaggio in lingua inglese praticamente mai in parte, funestato da un certo piattume di fondo. Peculiare la scelta offerta al giocatore di poter selezionare anche il norvegese come lingua parlata, rendendo il tutto un pochino più accettabile.
Ad ogni modo, dopo diverse raccomandazioni di non avvicinarsi troppo al pericolante pontile vicino lo chalet, Karen si ritrova a dover rincorrere il proprio figlio verso di esso, poiché uno strano figuro pare averlo rapito e caricato di peso su di una barca di legno. L’inseguimento per recuperarlo catapulta Karen in uno strano luogo dove man mano accadono cose sempre più inspiegabili. Partendo da un particolare villaggio formato da capanne e totalmente deserto, l’inseguimento porta la donna a girovagare per i boschi di notte, illuminati solo da una inquietante luna che sembra essere stata frantumata come una vetrata, facendo persino conoscenza con pericolosissime creature sensibili alla luce della torcia, unica vera interazione con l’ambiente per il resto del gioco. Addentrandosi nei boschi la donna scoprirà verità aberranti che, virando spesso in tinte spiccatamente horror, la porteranno in un assurdo viaggio all’interno della mitologia norrena, un po’ come l’ultimo capitolo di God of War ha raccontato in maniera egregia.
Il peso di essere un indie oggi
Come si diceva, il gioco presenta dei limiti palesi fin da subito, a cominciare dalla resa grafica. Nelle quattro ore di durata, il giocatore si troverà a muoversi in ambienti naturali come grotte, vallate e foreste. L’impatto grafico iniziale è buono per un indie, purtroppo avvicinandosi un po’ di più agli elementi che compongono lo scenario l’effetto scema rapidamente: cespugli in due dimensioni che creano un fastidioso effetto cartonato, shader e riflessi sulle superfici spesso fuori luogo e alcune texture che cozzano pericolosamente con l’ambiente circostante.
Di notte la resa del tutto migliora leggermente, complice il buio, ma i giochi di luce creati dalla torcia a volte si comportano in maniera poco realistica, specialmente in ambienti chiusi come le grotte. Inoltre la mancanza di luce porta gli specchi d’acqua a trasformarsi in portali neri verso l’oblio, vanificando gli accettabili effetti di rifrazioni che si potevano constatare di giorno. Chiaramente il ciclo giorno/notte è scriptato a seconda della necessità di trama, così come lo sono quasi tutti gli avvenimenti. Purtroppo anche qui gli innescatori degli script sono spesso fuori luogo e brutali, con modelli e personaggi che compaiono letteralmente dal nulla sotto gli occhi del giocatore.
Dal punto di vista del gameplay, il gioco è poco più di un simulatore di passeggiata, con lunghi corridoi obbligati e la comparsa di creature poco socievoli tratte dalla mitologia nordica che non vedono l’ora di essere scacciate dalla luce della torcia. Dopo la primissima ora di gioco, le modifiche apportate al gameplay sono risibili, rendendo il tutto telefonato e un po’ ripetitivo. Ci si sposta all’interno delle aree di gioco, muovendosi silenziosamente per superare gli ostacoli di soppiatto, oppure affrontando gli avversari torcia in mano, con una meccanica che ricorda vagamente l’Alan Wake dei Remedy, o esplorando zone nascoste per raccogliere collezionabili, lettere e stralci di manoscritti che approfondiscono sia la lore del gioco, sia quella riguardante la mitologia norrena, portando il giocatore a conoscenza di creature e personaggi presenti nel pantheon nordico.
Una menzione d’onore è da fare al comparto audio che, doppiaggio a parte, si attesta su di un ottimo livello. A cominciare dalle musiche in sottofondo che sottolineano splendidamente le scene, fino al sound design di ambiente e rumore, divenendo vero e proprio elemento di gameplay quando ci si trova nel buio profondo braccati da creature fameliche, permettendo al giocatore di presumere la direzione da cui proviene il pericolo. Purtroppo può capitare di ritrovarsi bloccati nel buio della foresta, per rendersi conto che il modello di Karen si è compenetrato con qualche elemento scenografico, bloccando il giocatore irrimediabilmente e costringendolo a ricaricare la partita. E, visto che si parla di modelli dei personaggi, non si può non citare le animazioni facciali dei personaggi, che in un gioco così intimista e minimale come Through the Woods, dovrebbero essere uno dei modi più importanti per veicolare le emozioni dei personaggi. Purtroppo, anche qui tocchiamo un tasto dolente: le animazioni facciali sono pressoché inesistenti, con i volti dei personaggi che sembrano essere inquietanti maschere di cera, o esperimenti col botox mal riusciti. Tutti problemi derivati dalla discrepanza tra stile grafico utilizzato, che vuol essere fotorealistico in alcuni frangenti, e i fondi a disposizione della casa di sviluppo, che ha con tutta probabilità deciso di investirli a discapito di altri elementi, grafici e non. Un prezzo da pagare per essere un gioco indie alla ricerca di un impatto grafico di un certo livello.
Verdetto
Through the Woods è un gioco con delle premesse e delle idee davvero ottime, purtroppo annichilite spesso dal suo essere indipendente e low budget. Un’ottima resa grafica di alcuni elementi (quasi da gioco tripla A) a discapito di altri, mostra il fianco ad un’altalenante riuscita nell’insieme. Delle ottime idee nel concept, funestate da scelte di scrittura di dialoghi e doppiaggio poco felici, prive di mordente e soprattutto di quella sensibilità necessaria per parlare di determinate tematiche che il gioco tratta goffamente. Una lunghezza dell’opera modesta, solo quattro ore, che per fortuna evita di rendere la ripetitività del gameplay frustrante. Insomma, tante ottime idee, purtroppo realizzate spesso in maniera povera o mediocre.