Lo spin-off su Tiny Tina non è esattamente la svecchiata a Borderlands che ci si aspettava, ma in fondo va anche bene così
uando nel 2013 fu lanciato il DLC di Borderlands 2 che vedeva come protagonista Tiny Tina, fu da subito bollato come uno dei prodotti migliori della saga di Gearbox. Sarà stato per la sua longevità, per le sue ambientazioni un po’ diverse da quelle che avevamo visto nel gioco, per il personaggio sempre sopra le righe, di motivi per amare quel mondo che strizzava l’occhio al fantasy ne abbiamo avuti tutti, tanto che la stessa Tiny Tina è ricomparsa poi anche nelle successive incarnazioni della saga.
Era dunque solo questione di tempo prima che Gearbox decidesse di ridarle un ruolo da protagonista, e lo ha fatto in maniera un po’ bizzarra in questo spin-off, che ne porta addirittura il nome, nonostante Tiny Tina non sia fisicamente all’interno del gioco e non interagiremo direttamente con lei.
La premessa del gioco è che ci troviamo all’interno di una sessione di Dungeons & Dragons… pardon, Bunkers & Badasses, per dirla alla maniera di Tina, nella quale la piccola bombarola ha il ruolo di dungeon master. Siamo dunque una pedina all’interno di un tabellone di gioco, in quello che si propone fin da subito come un tentativo di svecchiare un po’ il brand, che in effetti dopo tre episodi e un pre-sequel, più i tantissimi contenuti aggiuntivi di ciascun capitolo, di una svecchiata aveva davvero bisogno.
Il punto è che il tentativo di Gearbox non è che sia riuscito esattamente al 100%. Quando ho scritto la recensione di Borderlands 3 su queste stesse pagine, ho fatto un paragone tra i vari capitoli di Borderlands e la musica degli AC/DC: scrissi “Li riconosci alla prima nota suonata, ti sembrano tutti bene o male molto simili tra di loro, e poi insomma se a settant’anni vai in giro vestito come uno scolaretto, qualche problema dovrai pur avercelo. Ma provateci voi a stare fermi durante Thunderstruck.”
‘Cause I’m T.N.T. I’m dynamite
Sono passati quasi tre anni da quella recensione, e credo che questa definizione si applichi in maniera ancora più pertinente a Tiny Tina’s Wonderlands. Perché ci sono alcune ottime idee di fondo per cambiare un po’ la ricetta della saga, come il cambio di ambientazione e, di conseguenza, dei nemici, che ora sono scheletri, goblin, draghi e creature mitologiche.
Molto sfizioso è anche il fatto che i vari livelli di gioco siano raggiungibili muovendosi attraverso l’Overworld, la mappa generale del gioco, dove la visuale diventa in terza persona, e il nostro personaggio assume un aspetto ancora più caricaturale. L’Overworld è come se fosse una sorta di tabellone di gioco, attraverso cui ci si può muovere più o meno liberamente, aprirsi scorciatoie, raccogliere pezzi dei santuari sparsi all’interno del gioco, ad esempio. Molto sfizioso anche un richiamo ai classici GDR con la possibilità di effettuare incappare in incontri casuali quando ci si muove nell’erba alta.
Apprezzabili anche i riferimenti ai vecchi capitoli della serie. Vedere Brick nei panni della “fatina dei pugni” è fantastico, ad esempio, e Claptrap anche in versione legnosa è il solito adorabile robottino lavativo.
A mischiare un po’ le carte ci pensa anche la divisione in classi del personaggio, che peraltro si può creare e personalizzare a piacimento grazie al corposo editor. Si può scegliere tra classi più improntate all’uso della magia, come il Brandimorte o lo Sparamagie, che privilegino la forza e gli attacchi fisici, come il Brrr-zerker e lo Stilomante, o ibride come il Domartiglio e il Guardaspore.
Peraltro, una volta raggiunto il livello 15, il gioco permette di sbloccare la multiclasse, e di portare avanti in parallelo due skill tree, dando effettivamente alla serie un’impronta un po’ più marcata verso il gioco di ruolo.
Back in Black
Diciamo però che le vere e proprie novità praticamente finiscono qui. Ad esempio, a livello di armi, sono stati introdotti gli incantesimi, che però funzionano sostanzialmente allo stesso modo di come funzionavano le granate nei titoli precedenti della saga: si ottengono comprandoli ai distributori automatici o trovandoli come bottino durante il gioco, e si lanciano premendo il tasto dorsale sinistro.
Anche l’introduzione dell’arma da corpo a corpo, ascia, martello, sciabola che sia, aggiunge nuove possibilità al combattimento, ma grazie al solito miliardo di armi disponibili nel gioco, volendo se ne potrebbe anche fare a meno. Sulla stessa presenza delle armi nel mondo di gioco poi, si potrebbe discutere. Qualcosa che, con un po’ di autoironia, Gearbox sdogana già dalle primissime fasi di gioco, quando nel tutorial ci viene presentata la prima arma e il protagonista chiede “Ma come? Ci sono le armi in Bunkers & Badasses?” e per tutta risposta Tiny Tina gli fa: “Nel Bunkers & Badasses di Tiny Tina, sì”.
Mi sarei aspettato però un loro utilizzo più marginale, in favore di incantesimi, appunto, o di metodi di combattimento alternativi. Invece ritrovarsi a combattere utilizzando shotgun, mitra e lanciarazzi, lascia un po’ un senso di smarrimento che non fa bene alla credibilità del gioco, per quanto parlare di realismo in Borderlands possa avere senso.
Insomma, sarà anche “colpa” mia che ho scelto la classe berserker multiclassandola in assassino (che ci posso fare, amo la forza bruta nei videogiochi del genere), ma la sensazione che mi ha dato Tiny Tina’s Wonderlands è quella di un Borderlands con un vestito medievale. Se il tentativo di dare una svecchiata alla serie si traduce in qualche strizzata d’occhio al fantasy, gli incantesimi al posto delle granate e l’aggiunta di armi corpo a corpo e talismani all’equipaggiamento, probabilmente è troppo poco.
Dirty Deeds Done Dirt Cheap
Soprattutto perché poi sono riconoscibili anche i difetti storici della serie, come una certa ripetitività delle missioni e del modo di affrontarle, che per fortuna si accusa più in single player che in co-op, e alcuni difetti di natura tecnica, come rallentamenti nel framerate quando ci sono troppi nemici sullo schermo.
Qualche imperfezione si nota anche nel comparto sonoro, dove la voce del protagonista spesso è troppo bassa, e nelle parti di gioco più caotiche, le esplosioni e i vari effetti sonori spesso sovrastano i dialoghi ed è facilissimo perdersi qualche battuta.
Eppure, al netto di imprecisioni tecniche, cambiamenti solamente abbozzati e sensazione di già visto, Tiny Tina’s Wonderlands resta un gioco godibilissimo, e forse è proprio questa la vera magia della saga: che si lascia giocare che è un piacere. È un gioco divertente nel senso più genuino del termine, che tra richiami ai videogiochi e alla cultura pop in generale, un umorismo sempre sopra le righe, una marea di contenuti tra quest principale e missioni secondarie esilaranti, e un sistema di gioco collaudato e ben oliato, riesce ad intrattenere senza mai fare fatica.
Però ecco, non parliamo di “ventata d’aria fresca”. Che con Stallone da Culo non è neanche il caso.