La seconda stagione di Titans dimostra come non servano grossi effetti speciali per scrivere una buona storia di supereroi.
Netflix ha finalmente distribuito anche da noi la seconda stagione di Titans, basata sull’omonimo supergruppo DC Comics, che con i suoi toni dark è riuscita a ritagliarsi un buon numero di sostenitori, sufficienti almeno per ricevere un rinnovo.
A differenza di moltissime serie sui supereroi, Titans sin dalla prima stagione ci ha abituati al fatto che tutine colorate e dimostrazioni di superforza non sono tutto per un supereroe, e in questo secondo round la tendenza viene riconfermata, con una stagione per lo più incentrata sui personaggi dietro la maschera e i conflitti tra loro e con loro stessi piuttosto che tra eroi e villain. Nonostante infatti la presenza di un nemico carismatico come Deathstroke, è la morale il vero nemico che accompagnerà i Titans nel loro viaggio, senza dargli alcuna tregua.
Questa seconda stagione di Titans riparte esattamente nel punto in cui avevamo lasciato la prima, in un episodio che si comporta come un vero e proprio finale della stagione precedente, con tanto di cliffhanger che sembra anticipare un seguito e che lascia per un attimo interdetto lo spettatore, soprattutto per come gli eventi si concludono abbastanza in fretta. Ma come abbiamo già detto, i nemici fisici qui sono solo di contorno, e anche Deathstroke, con il volto di Esai Morales, non è altro che un nemico passivo, che si diverte più a giocare con le emozioni dei titani piuttosto che sparando e tagliuzzando.
Gli ideatori Akiva Goldsman, Geoff Johns e Greg Berlanti percorrono con coraggio una strada difficile sfruttando a pieno il basso budget a disposizione, concentrandosi su chi sono i personaggi piuttosto che su cosa fanno, evitando così di riempire il tutto con effetti speciali scadenti e tessendo una storia più umana e meno super, ma comunque in grado di reggersi su due gambe
Vecchi e giovani Titani
Ovviamente il fulcro della serie sono i Titans, con Robin/ Dick Grayson al comando, che finalmente riuniti si ritroveranno invischiati nelle più classiche problematiche di gruppo, con tanto di scontro generazionale tra i nuovi Titans e la vecchia guardia. Gestire tanti personaggi, tutti a loro modo ugualmente importanti non è affatto semplice, ma a costo di qualche sacrificio nello svolgersi delle trame e sottotrame, tutti riescono a risaltare e prendersi il loro spazio. Dick Greyson però è quello che la spunta meglio di tutti, incasinato tra il cercare di gestire un gruppo e il risolvere i propri conflitti personali, il tutto evitando di trasformarsi in Batman.
I personaggi che nella prima stagione facevano solo qualche comparsa, e ci riferiamo a Donna Troy, Jason Todd, Hawk e Dove, qui diventano co-protagonisti a tutti gli effetti, non solo ritagliandosi fortemente uno spazio arricchito di interi episodi flashback loro dedicati, ma rubandolo anche alle nuove leve, Raven, Starfire e Beast Boy, che ad onor del vero avevano già avuto il loro ampio spazio nella prima stagione. Su questi ultimi c’è da dire che mentre le due ragazze vengono impegnate nel impostare dei paletti di trama che avranno sviluppi in una stagione successiva, a Gar purtroppo non viene lasciato molto spazio per agire e la sua presenza viene rimbalzata tra una intreccio e l’altro in base al bisogno degli sceneggiatori. Ci sono poi alcune new entry all’interno del gruppo, una non ve la possiamo svelare, ma l’ingresso di Superboy e del cane Krypto, con episodio di origine a loro dedicato, può essere tranquillamente anticipata e per questa loro prima stagione non sembrano affatto comportarsi male.
Il vero vincitore di questa stagione però è Iain Glen, che nei panni di un Bruce Wayne in età avanzata, ma ancora in attività come Batman, ci offre un’interpretazione coi fiocchi, tanto da desiderare uno spin-off basato sulle allucinazioni di Dick Grayson. La sola presenza di Glen merita una visione di questa serie. Intanto noi teniamo le dita incrociate per una possibile futura comparsa della Justice League avanti con gli anni, che fa molto Kingdome Come.
La caduta dei Titani
Come abbiamo detto, Titans non è una serie allegra, il prodotto offerto dalla DC ricorda per atmosfere quella dei lungometraggi cinematografici, portando a noi uno spettacolo molto più maturo e complesso di quanto ci si potrebbe aspettare dai titani.
Una nota negativa però è il ritmo con cui la serie è stata gestita, che si presta molto al binge watching ma che mostra il fianco nel momento in cui ci si ritrova a dover spezzare la visione, a causa di svariati episodi flashback che rompono la tensione dei continui cliffhanger di fine episodio e delle varie sottotrame che si alternano di continuo per la necessità di seguire un buon numero di personaggi.
Nonostante svariati punti positivi però, c’è da dire che Titans non fa sconti a nessuno, se si cerca una serie sui supereroi o si vuole anche una minima fedeltà al fumetto di provenienza, conviene stare alla larga da questa produzione.
Tutti i personaggi infatti sono stati adattati secondo esigenza, senza dare troppa importanza a chi erano sulla carta stampata, il risultato però, se si riesce a guardare oltre, è in larga parte positivo. Qui vengono valorizzate le imperfezioni e i lati oscuri, non c’è spazio per eroi, adulti o giovani che siano, ognuno cerca di dare il meglio di sé prima di tutto per se stessi, poi per gli altri. Titans non ha spazio per i combattimenti epici e spettacolari, giusto un rapido scambio di colpi, perché che se ne esca vincitori o sconfitti, in qualche modo gli eroi avranno perso comunque.