In occasione del Romics d’Oro alla carriera, ripercorriamo la storia editoriale e creativa di Tito Faraci. Dagli inserti di PKNA alle storie in Marvel, passando per la radio e Feltrinelli Comics
Riassumere in pochissime righe il percorso artistico di Tito Faraci è un’impresa. Non tanto per una questione di rilevanza nel panorama fumettistico italiano e internazionale, cosa che comunque non escludo, ma effettivamente per la mole di lavori realizzati che – spesso e volentieri – supera i confini della nona arte, arrivando a toccare anche musica e letteratura.
Quello che segue, quindi, non è tanto un compendio o una lista di ciò che l’autore ha realizzato e le serie più o meno famose in cui si è trovato a scrivere – per quello esiste una dettagliatissima pagina Wikipedia – ma piuttosto una pagina di un ipotetico mio diario nel quale attraverso la sua carriera e i momenti in cui la mia vita ha incrociato il suo nome, segnalato come sceneggiatore in modo evidente o per sbaglio non sapendo che ci fosse il suo zampino nelle retrovie.
Le storie secondarie di Paperinik New Adventures: Angus Tales e Io Sono Xadhoom
Il mio primo approccio seriale al fumetto in senso più stretto – a cui è seguito un lungo periodo di pausa – è stato nel 1997, in occasione della pubblicazione di una serie che ha rappresentato una gigantesca frattura nel modo e nei toni con cui la Disney si esprimeva (questa cosa l’ho imparata ad apprezzare, ovviamente, dopo tantissimi anni e solo quando i riferimenti che a sei anni non potevo riconoscere sono stati assimilati a dovere). Ovviamente sto parlando di Paperinik New Adventures e di quel mondo ricco di citazioni ad Akira e al Batman di Miller in cui Francesco Artibani e compagnia hanno gettato di peso Paperino, insieme ad un cast di personaggi originali pensati apposta per questa nuova veste dell’alter-ego disneyano. In mezzo a questo ribollire di pennuti e alieni due personaggi mi hanno conquistato dalla loro prima comparsa: il corrispettivo in salsa paperi di J. Jonah Jamenson, il kiwi Angus Fangus, e l’aliena dalla cresta bionda Xadhoom.
Ricordo con estremo affetto le storie parallele a loro dedicate, rispettivamente intitolate “Angus Tales” e “Io Sono Xadhoom”, essenzialmente per due motivi: perché integravano in un tono decisamente diverso rispetto a quello della serie regolare storie parallele dei personaggi e perché, in modo coerente con il punto precedente, si prendevano delle libertà a livello visivo a cui all’epoca davo poco peso ma che, con il senno di poi, aiutano a connotare il prodotto Disney in un modo che trascende quasi i confini del fumetto per i più piccoli.
Il tratto quasi da bozzetto di Silvia Ziche nella prima e quello pittorico e con echi che richiamano Bill Sienkiewicz di Fabio Celoni nella seconda si integrano tanto con la vena umoristica, quanto con quella più strettamente narrativa di Tito Faraci, dando un risultato che è forse qualcosina in più del semplice supplemento.
Faraci e la radio: Buio
Non fosse per Matteo Caccia, attore/doppiatore/scrittore piemontese, probabilmente lo storytelling in radio in Italia non esisterebbe. Quella pratica secondo la quale si ascolta qualcuno, in un programma o in un podcast, che ci racconta delle storie senza discriminare da chi sono state scritte o se sono vere o meno. È un filone radiofonico che accresce e amplifica il mai troppo rimpianto radio-sceneggiato a puntate, in buona sostanza.
Ero, nel 2015, tra i tanti che ascoltavano con piacere il format di storie e pillole di meteorologia Pascal e sapere che quel percorso sarebbe continuato nel periodo estivo in una forma sì ridotta ma continuativa nella narrazione, con mini-episodi di tre minuti di una storia che si sarebbe dipanata lungo tre mesi, mi rendeva l’attesa della stagione successiva della serie regolare meno dolorosa.
Buio, scritto interamente da Caccia e Faraci, raccontava dal punto di vista del protagonista di una prigionia senza luce, in brevissimi flussi di coscienza di centottanta secondi. Era una narrazione concitata, angosciante, tesissima e totalmente distante da quel che ricordavo dei punti cardine della scrittura del nostro Tito. È stato curiosissimo scoprire quasi per caso il suo intervento in qualcosa che era figlio di una cosa che seguivo al di fuori di lui, così come lo è stato sperimentare uno stile insolito rispetto a quello a cui ero abituato ad associare al suo nome.
Come dicevo in prima battuta, condensare la carriera fittissima di Tito Faraci è davvero difficile. Ho preferito, piuttosto che snocciolare collaborazioni con la Marvel (per cui ha sceneggiato la prima storia interamente pensata da un team creativo italiano de L’Uomo Ragno) o parlare del lavoro di direttore editoriale dell’etichetta dedicata al fumetto di Feltrinelli (Feltrinelli Comics), dedicare questo articolo a ricordi personali, sperando di incuriosire sul personaggio.