Addio a Mia Ikumi: la co-creatrice di Tokyo Mew Mew ci lascia prematuramente
ancano pochi mesi all’uscita di Tokyo Mew Mew New – il remake dell’amatissimo anime delle Mew Mew – e i fan della serie di tutto il mondo non stanno nella pelle per rivedere nuovamente le eroine della propria infanzia sullo schermo. Purtroppo, giunge in questi giorni una triste notizia: Mia Ikumi, disegnatrice della serie, è venuta a mancare a causa di un’emorragia subaracnoidea. La sua carriera è stata lunga e i suoi progetti molteplici; in ogni cosa, spiccava la passione che metteva nelle proprie creazioni.
Natia di Osaka, Mia Ikumi riceve il suo primo trofeo ad appena 18 anni: il suo manga “Nakayoshi: è Il coniglio delle stelle” le valse il premio come miglior artista emergente. Nello stesso anno, scrisse un’altra storia breve, “La Bella Addormentata nel bosco di more”. A seguire, Ikumi pubblicò la sua prima opera opera lunga, ovvero “SuperDoll Rika-chan”, un majokko che raggiunse il successo e venne trasposto in anime dal celeberrimo studio Madhouse e venne trasmesso anche in Italia.
Quest’opera diede il via alla fiumana di lavori per cui la Ikumi rimane tutt’oggi particolarmente conosciuta e amata: l’universo della serie Mew Mew. Particolarmente amato e seguito in Italia grazie alla trasposizione animata che andava in onda su Italia 1, questo manga mahou shoujo nasce formalmente nel 2000 con la one-shot “La gattina nera di Tokyo”, che verrà poi rimaneggiata e raffinata fino a diventare la serie “Tokyo Mew Mew” (arrivato in Italia con il sottotitolo “Amiche vincenti”). Della sua versione beta vengono ereditati i personaggi – come la protagonista, Ichigo Momomiya (Strawberry in italiano) – e il tema dell’invasione aliena. Nonostante i 52 episodi dell’anime potrebbero far pensare il contrario, il manga di Tokyo Mew Mew conta solamente 7 volumetti.
Il successo di Tokyo Mew Mew e la sua reinterpretazione dei tropi majokko
All’apparenza, Tokyo Mew Mew non porta nulla di nuovo sul tavolo degli anime majokko. Presenta bene o male gli stessi tropi visti e rivisti in qualsiasi serie mahou shōjo con un gruppo di ragazze a fare da protagoniste – vedasi Sailor Moon, Pretty Cure, DoReMi e via discorrendo. Quello che ha portato successo alla serie è il trucco più vecchio del mondo, eppure il più efficace: la ricetta rimane la stessa, ma è l’esecuzione della stessa e gli ingredienti a cambiare. Tutte le protagoniste sono estremamente ben caratterizzate; e hanno peraltro un design impeccabile – opera della mano sapiente di Mia Ikumi.
Non mancano, inoltre, personaggi di contorno estremamente interessanti, momenti comici memorabili e romance polivalenti che ancora oggi fanno infiammare il fandom con discussioni su quale Mew sia la migliore, o quale interesse amoroso fosse più adatto alla protagonista.
Angeli protettori, della terra custodi!
Come non menzionare, poi, il tema ambientalista ed esistenzialista? Tokyo Mew Mew ha fatto di questi temi la sua caratteristica, dopotutto. Le protagoniste non traggono i propri poteri da un concetto astratto come profumi, elementi o il concetto di regalità – Pretty Cure, sto guardando voi. Non solo, perlomeno: perché sì, le Mew Mew utilizzano un oggetto come catalizzatore e ognuna di loro è legata ad un elemento in particolare. Tuttavia, la loro gimmick è legata agli animali. Come per sensibilizzare il suo giovane pubblico a questi problemi, Tokyo Mew Mew fonde il D.N.A. delle sue protagoniste con quello di alcune specie in via di estinzione: il gatto selvatico di Iriomote (nominato nel 1977 perfino Tesoro Nazionale Giapponese), il lorichetto blu, la neofocena, la scimmia leonina e il lupo grigio, donando loro i poteri e le caratteristiche di questi animali. Senza questa serie, probabilmente la maggior parte del pubblico non avrebbe mai sentito nominare la metà di queste specie animali – senza contare i personaggi degli spin-off: ognuno con un nuovo potere.
Nemmeno gli antagonisti sono da meno: gli avversari delle Mew Mew hanno delle motivazioni decisamente peculiari per volersi impadronire della Terra. Un tempo, infatti, erano loro ad abitare il nostro pianeta; ma, in seguito ai terribili cataclismi che scossero il globo in antichità, dovettero evacuare su un altro mondo per sopravvivere. Su quest’ultimo, per sopravvivere alle condizioni inospitali, furono costretti a vivere sottoterra. Sono quindi ritornati sulla Terra dopo millenni, scoprendo l’umanità e rimanendo orripilati dal suo orribile trattamento della natura. Il trio di alieni che conosceremo, in avanscoperta per il loro popolo, utilizzeranno dei parassiti simili a meduse chiamati Chimera per possedere umani e animali e renderli mostruosi, sguinzagliandoli contro l’umanità per accelerare il processo di estinzione della vita sul pianeta e poterlo riconquistare per la propria gente.
Nonostante la trama non sia nulla di trascendentale, è doveroso far notare che si tratta di una serie per ragazzine molto giovani, quasi ancora bambine; e, nonostante questo, viene data una certa profondità emotiva anche agli antagonisti. Si riesce ad empatizzare con loro e il loro passato tant’è che, quando riescono ad ottenere anche loro un “lieto fine”, non risulterà per nulla fuori luogo o forzato. Senza contare, poi, il legame che svilupperanno con le Mew Mew, che ricorda molto il tropo degli amanti sui lati opposti della guerra e che ha prodotto innumerevoli momenti angst e da batticuore. E poi è proprio difficile avercela seriamente con dei tizi che si chiamano Quiche, Pie e Tarte.
Eroine in tutto e per tutto: Tokyo Mew Mew, i modelli per le giovani ragazze
A proposito di dolci, le protagoniste della serie sono accattivanti anche per la loro doppia (se non tripla) vita. Non solo hanno la loro vita privata e combattono per difendere la Terra, ma lavorano anche in un maid cafè che funge da copertura per l’organizzazione che ha donato loro i poteri. Inoltre Mina/Minto ha un promettente futuro da ballerina; Pam/Zakuro fa addirittura la modella. Nonostante siano giovanissime, quindi, hanno molte responsabilità che riescono a gestire – sembrando così molto più adulte, indipendenti e, agli occhi di una giovane ragazzina, forti. E poi, il tropo della doppia identità, della vita segreta da tenere nascosta, è uno dei più adorati dall’alba dei tempi. Ci fa sentire speciali, ci fa avvicinare alle nostre eroine.
Le Mew Mew sono carine, ma sono anche forti. Sono l’emblema del kawaii femminile stereotipato – che non ha nulla di negativo in questo caso, sia ben chiaro – ma allo stesso tempo reggono il destino del mondo sulle loro spalle. Possono volare, respirare sott’acqua, fare acrobazie, imbrigliare gli elementi. C’è una Mew per ogni fascia d’età e carattere: Pudding per le più giovani, Pam/Zakuro per le più adulte, Mina/Minto per i caratterini più difficili dal cuore d’oro, Lory/Retsu per le più timide e studiose e infine Strawberry/Ichigo, la protagonista dal cuore grande e il batticuore facile. Questo elemento del vasto “menù” di protagoniste viene ripreso da quasi tutti i majokko proprio per l’elemento dell’immedesimazione, dopotutto.
La fascinazione per il genere majokko è qualcosa che ancora oggi rimane saldo nel cuore di ragazze di tutte le età. Forse perché è quel medium che insegna alle bambine vari messaggi, soprattutto quello banale – ma importantissimo – di credere in sé stesse e amarsi per come si è. Si può essere forti e combattive pur senza dover rinunciare alla propria femminilità, al proprio amore per le cose carine. Si può trarre forza in qualsiasi cosa ci stia a cuore, che siano le arti marziali, lo sport o cose molto più femminili, come animaletti, vestiti carini, nastri e profumi. Anche una ragazzina potrà sempre dare il proprio contributo al cambiamento, che questo porti un messaggio come l’amicizia o uno un po’ più impegnato come l’ambientalismo. Si può salvare il mondo anche essendo delle giovani donne. Le majokko sono importanti perché danno alle giovanissime eroine in cui specchiarsi, rivedersi e aspirare – e se, già che ci siamo, hanno un design particolarmente carino, ben venga!
Pioggia di sequel: il successo della serie e i suoi strascichi
Il franchise di Tokyo Mew Mew si espanderà notevolmente nel corso degli anni, accumulando varie serie sequel e spin-off. Ci furono i due volumi di “Tokyo Mew Mew à la Mode”, con la protagonista Berry Shirayuki, i cameo delle prime cinque Mew e i richiami alla prima serie. Questo sequel ebbe molto successo, forse anche per i peculiari poteri della protagonista; tuttavia, non fu mai trasposto in una serie animata.
Nel corso degli anni successivi alla serie che la rese famosa, Mia Ikumi trascorse un periodo produttivo che ebbe come risultato serie come Repure, Koikyū, Wish – Soltanto un desiderio e Koi Cupid. Nel 2012 si ritirò però a vita privata, non escludendo comunque di poter tornare sui propri passi… e così fu.
Nel 2020 la Ikumi ritornò alla scrivania per il ventennale della serie, disegnando due capitoli sequel della serie originale “Tokyo Mew Mew 2020 Re-Turn”. Nello stesso anno, venne iniziata la serializzazione di “Tokyo Mew Mew Au Lait“, uno spin-off avente protagonisti maschili – non un genderbend, ma con veri e propri personaggi nuovi di zecca. Questo manga non venne però curato da nessuna delle due autrici originali della serie.
L’eredità di Mia Ikumi
Negli ultimi due anni, Mia Ikumi era stata direttamente coinvolta nella produzione della nuova edizione della serie originale di Tokyo Mew Mew – per la quale ha già realizzato le copertine dei volumi che verranno messi in commercio a breve, nonchè una one-shot originale – e del remake anime “Tokyo Mew Mew New”, in cui si era gettata anima e corpo.
Era innegabile il suo amore per la serie che le aveva dato così tanto. Purtroppo, non è arrivata a cogliere i frutti dei suoi ultimi sforzi. È stato tuttavia dichiarato da Kodansha che il contributo di Mia Ikumi al remake anime è stato ingente e che gli ultimi lavori verranno ultimati tenendo a mente i desideri della compianta autrice.