A metà degli anni ’70 il poliziottesco all’italiana virò verso sfumature più goliardiche, coniando di fatto il sottogenere del poliziottesco comico. Icona di questo cinema fu il mitico Tomas Milian
ono nato nell’86, per cui gli anni ottanta – purtroppo – non li ho praticamente vissuti. Gli anni ’90 invece me li ricordo piuttosto bene, e posso dire con fermezza che di quel periodo mi mancano, anzi ci mancano molte cose. Così come, a maggior ragione, sono convinto che ci manchino tantissime cose degli anni ’70 e ’80, anche se non li ho vissuti in prima persona.
Una di queste è senza alcun dubbio Tomas Milian.
L’attore cubano si è spento nel 2017 e aveva già smesso da un po’ di recitare, quantomeno da protagonista, ma quando pensiamo a lui inevitabilmente ci rivolgiamo a quegli anni, a quei film che l’hanno reso iconico, che l’hanno reso per tutti il Commissario Nico Giraldi, oppure Er Monnezza, ovvero Sergio Marazzi, un ladruncolo di periferia.
Dopo essersi fatto un nome nello Spaghetti-Western, con film come The Bounty Killer, La resa dei conti o Corri uomo corri, Tomas Milian raggiunse il vero successo a partire dagli anni ’70 in quello che è noto come il poliziottesco all’italiana, complice anche il perfetto asse con il doppiatore Ferruccio Amendola, che gli diede la voce praticamente in tutti i film.
All’epoca la critica bocciò queste pellicole, ma è vero pure che in Italia in quegli anni eravamo abituati bene, avevamo Mario Monicelli, Dino Risi, Ettore Scola, mentre adesso abbiamo – per dire – Fausto Brizzi o Paolo Genovese: con tutto il rispetto, credo che anche loro riconoscano l’abisso che li separa da questi grandi maestri.
- Leggi anche: Stay Trash – Grand Hotel Excelsior & Grandi Magazzini: il trionfo del “metodo Castellano e Pipolo”
Col tempo però, per fortuna, anche i critici italiani hanno iniziato a rivalutare quel genere che tanto andava negli anni ’70-80, anche nella differente declinazione che gli diedero Tomas Milian e i suoi registi, ovvero il poliziottesco comico.
Ad ogni modo, al pubblico questo tipo di film è sempre piaciuto molto, e ne è una prova la corposa mole di pellicole che uscivano in quel periodo. Registi un tempo votati a tutt’altro genere virarono sul poliziottesco, e ne nacquero interessanti sodalizi tra Tomas Milian e cineasti come Bruno Corbucci, al quale dobbiamo quasi tutta la serie dei film della “Squadra”, ovvero Squadra antiscippo, Squadra antifurto, Squadra antimafia e via dicendo, oltre alla saga dei “Delitti”, quindi Delitto sull’autostrada, Delitto a porta Romana, Delitto al ristorante cinese, eccetera. Sempre negli anni ’70 l’attore era molto attivo al fianco del regista Umberto Lenzi, che diresse ad esempio Il trucido e lo sbirro, La banda del gobbo, Roma a mano armata. Nel frattempo, Tomas Milian riciclava personaggi pressoché identici ma con un nome diverso per altri film altrettanto memorabili, come il bellissimo Il lupo e l’agnello, di Francesco Massaro, o il divertente Uno contro l’altro, praticamente amici, sempre di Corbucci.
Un po’ come per le commedie erotiche (alle quale peraltro prende pure parte, in rare occasioni), anche questi poliziotteschi all’italiana uscivano nelle sale con una velocità impressionante. Nell’arco di dieci anni, dal 1974 al 1984, in cui veniva distribuito di fatto l’ultimo film di questo filone – Delitto al blue gay – Tomas Milian recita nella bellezza di 34 film: se non è un record, credo ci sia davvero vicino.
Alla metà degli anni ’80 il cinema poliziesco iniziò un rapido e vertiginoso declino, che purtroppo coincise anche con quello della carriera dell’attore. Per tutti ormai Tomas Milian era Nico Girardi oppure Er Monnezza: non c’erano alternative. L’idea di vederlo recitare per Tony Scott, Oliver Stone, Steven Spielberg – come avvenne -, sebbene in ruoli minori, non influì in alcun modo sull’immagine che il nostro pubblico aveva di lui, e che probabilmente ormai anche lui aveva di sé, e così queste collaborazioni equivalsero a un lento ma inesorabile tramonto.
Quegli storici ruoli probabilmente erano cuciti su di lui, nessun altro avrebbe saputo renderli altrettanto incredibili ed iconici, e lui non avrebbe mai potuto vestire altri panni con i medesimi risultati.
Il poliziottesco prima di Tomas Milian
Ma il poliziottesco italiano, come abbiamo accennato, esisteva già prima dell’ingresso di Tomas Milian in questo filone, che seppe dargli un’impronta più leggera, inserendo forti elementi della commedia italiana.
Il poliziottesco nasce infatti negli anni ’60 e ’70, e racconta un contesto storico nostrano molto difficile, quello degli anni di piombo, un periodo ricco di disordini sociali e sconvolgimenti politici, dove la criminalità prendeva il sopravvento e il terrorismo politico mieteva numerose vittime.
Inizialmente questi film venivano bollati come un veicolo di messaggi reazionari, fascisti, di qualunquismo politico, persino di critica dell’ordinamento giuridico e di apologia della violenza, ma col tempo e una maggiore attenzione, ci si è ricreduti.
Il saggista Roberto Curti, nel suo Italia odia. Il cinema poliziesco italiano, sottolinea come i personaggi di questo genere spesso mostravano contemporaneamente opinioni sia di destra che di sinistra, ed anzi i protagonisti erano spesso proletari mentre i cattivi erano ricchi conservatori di destra. Porta anche qualche esempio, come il film del ’72 La polizia ringrazia, diretto da Steno, con Enrico Maria Salerno nei panni del commissario Bertone, ed evidenzia come qui i veri antagonisti del film sono ex poliziotti reazionari di estrema destra, piuttosto che i militanti di sinistra inizialmente sospettati.
Più in generale possiamo dire comunque che questo genere non abbia mai sostenuto il terrorismo o violenza, né alcun tipo di ideologia politica, verso cui ha mostrato più che altro una posizione ambigua e distaccata, volta all’intrattenimento del pubblico, come era giusto e doveroso che fosse.
Allo stesso modo penso siano sciocchezze quelle illazioni su una sorta di sabotaggio del genere poliziottesco da parte dello sceneggiatore Dardano Sacchetti, stanco delle sue sfumature violente o politiche, e ritengo invece che più semplicemente avesse fatto il suo corso e con i personaggi di Tomas Milian in primis i registi abbiano trovato una nuova identità, in grado di soddisfare il pubblico.
Perché agli spettatori Er Monnezza e l’ispettore Girardi, insieme al fedele Bombolo, sono sempre piaciuti e continueranno a piacere, e rivederli oggi dona quelle splendide sensazioni di nostalgia di un cinema e di un tempo che ormai non esiste più ed è impossibile da replicare, con un umorismo ormai ahinoi depennato e citazioni popolari di grande effetto.
Quanto ci manca il nostro Tomas Milian…