La nuova serie TV di Refn è il perfetto risultato tra l’unione di apollineo e dionisiaco
Cinque minuti; bastano cinque semplicissimi minuti per capire che ci troviamo dinnanzi a qualcosa di totalmente diverso, qualcosa di nuovo e complesso.
L’estetica di Refn prende possesso di ogni singolo fotogramma della sua nuova serie tv. Ogni inquadratura è il massimo risultato dell’esaltazione dell’arte cinematografica del cineasta danese.
Musica in tensione con un esagerato utilizzo di sintetizzatori. Colori vapor e innumerevoli insegne al neon. Figure che si stagliano tra le ombre della notte e dialogano senza alcun trasporto emotivo, senza alcun segno di umanità, come se fossero degli automi costruiti direttamente dal regista per poter dar vita al suo pensiero.
Too Old to Die Young è qualcosa di forte, crudo, esagerato.
Pronto a spezzare le gambe a qualsiasi spettatore non avvezzo alla filmografia del regista di Copenaghen. Una riproposizione su pellicola de i Fiori del Male di Charles Baudelaire, dove satanismo, amore e orrore vengono sostituiti tramite droga, violenza, tensione e fotografia. Una folle danza macabra autoriale che spesso finisce con l’omaggiare direttamente sé stessa, donando allo spettatore uno spettacolo al limite dell’espressionismo più marcato.
La serie tv di Refn, che si compone di 10 episodi totali, tutti quanti trasmessi su Prime Video, è frammentata in puntate da poco più di ’90 minuti ciascuna, il ché è assolutamente singolare, per un regista che si è sempre contraddistinto per la brevità dei suoi lungometraggi.
Un minutaggio insolito per una serie tv e, soprattutto, per Refn, che infatti pesa molto, ci corrode, finendo per far appassire il nostro iniziale stupore, la nostra iniziale inconscia perversione visiva. Quasi 15 ore di proiezione che ci obbligano a prenderci il nostro tempo per poter metabolizzare per bene la stragrande quantità di spunti riflessivi che ci vengono centellinati nell’ampio lasso temporale.
Oltre ad una indescrivibile fotografia, realizzata dal maestro Darius Khondji (Civiltà perduta; Midnight in Paris; Irrational Man), e una colonna sonora curata da Cliff Martinez, fedelissimo collaboratore di Refn, l’opera ci offre anche sequenze action ricche di pathos, stracolme di tensione, al limite del cardiopalma e personaggi perfettamente caratterizzati e singolarmente accomunati dalla stesso identico contrasto con la realtà. Martin Jones (interpretato da Miles Teller), Viggo (John Hawks) e Jesus (Augusto Aguilera) sono freddi, spietati, dilaniati nell’animo da qualcosa, da un filo rosso che li unisce, un’insaziabile voglia di rivalsa in un mondo crudele e oscuro.
Sono uomini impassibili, ricchi di peccati, incapaci di mostrarci le proprie emozioni, perseguitati da un destino ineluttabile. Figure strappate dai quadri della Die Brücke tedesca, dove il marcio della società permea negli occhi spenti dei protagonisti, volti a riflettere una realtà apparentemente splendente, quasi sfolgorante.
“Lo show del regista danese è il regalo perfetto per tutti i cinefili stanchi del binge- watching”
Refn ci offre una serie tv totalmente anomala. Uno psico-thriller, un noir, un dramma, o forse niente di tutto ciò. Una serie che va a sgominare il mercato attuale, proponendoci qualcosa volto a squarciare il velo commerciale delle produzioni da binge watching che costantemente ci vengono propinate.
Una pietanza indigesta, di incredibile bellezza, condensatrice di tutte le regole che hanno permesso di plasmare la carriera del cineasta, ma forse troppo articolata per potersi far apprezzare realmente.
Refn ci propone una serie tv che, come d’altronde quasi tutti gli altri lavori da lui concepiti (The Neon Demon, Solo Dio perdona, Bronson, Valhalla Rising), è senza dubbio per pochi eletti, anzi, pochissimi, perché persino i suoi più fedeli estimatori si ritroveranno davanti ad una creatura altamente articolata e complessa, e difficilmente potranno decifrarla in poche battute.
Tolto l’impatto visivo, l’estetica, e la soundtrack, Too Old to Die Young necessita di essere sviscerata per poterci permettere di comprenderne realmente la sua natura senza dover incappare nel pericoloso pensiero che condurrebbe all’autoesaltazione dell’artista.
Perché, seppur possa sembrare qualcosa di esageratamente autoreferenziale, TOTD è l’esatto opposto di quello che ci è sempre stato proposto da HBO, Sky e Netflix negli ultimi tempi. Una creatura che, qualora fosse stata riassunta in un unico film, potrebbe tranquillamente concorrere a Cannes o Venezia, finendo per far sobbalzare dalla poltrona i palati più fini e le anime più pure.
In sostanza, Too Old to Die Young, ultima fatica del visionario Nicolas Widing Refn non sappiamo se lascerà di stucco il grande pubblico, anche solo perché sarà riuscita a stordirlo e sconvolgerlo, o forse non riuscirà ad intaccare la potente scorza di plastica che caratterizza la nostra sfera del gusto attuale, ma senza dubbio scolpirà la propria firma nella storia della TV, rimanendo impressa nella memoria come uno degli esperimenti d’autore più affascinanti della nostra epoca.