L’anime Tower of God, su Crunchyroll, mette lo spettatore di fronte ad una domanda ben precisa: cosa si è disposti a fare per amore?
Cosa si è disposti a fare per amore? Fino a dove un essere umano sarebbe capace di spingersi per il bene e per l’affetto di una persona cara? Quale dolore si potrebbe sopportare pur di vedere il sorriso sul volto di chi si ama? Sono queste le domande che ci siamo posti durante la visione di Tower of God, adattamento animato dell’omonimo manhwa (manga sudcoreano), disponibile in formato webtoon a partire ormai dal lontano 2010.
L’opera di Siu, disponibile sul portale digitale Naver, è una delle più longeve ed apprezzate sul panorama locale che, lentamente, ha iniziato a riscontrare sempre più consensi, tanto da “meritarsi” la traduzione giapponese e inglese, necessaria per esterne una volta per tutte il proprio bacino d’utenza. La vera svolta, però, è arrivata grazie a Crunchyroll il quale, per arricchire ancora di più la propria offerta degli “Originals” ha deciso di scrivere la storia, facendo di Tower of God il primo manhwa sudcoreano a ricevere un adattamento animato.
Il successo dell’opera è dunque definitivamente esploso, tanto da rendere Tower of God uno degli anime più attesi di questa tormentata stagione primaverile, fatta di rinvii e cancellazioni varie a causa dell’emergenza COVID-19, ma più in generale uno dei più interessanti di tutto l’anno.
Tali enormi aspettative saranno state rispettate? Scopriamolo insieme, analizzando nel dettaglio i punti positivi e negativi della conversione animata del decennale successo di SIU, arrivato già a superare quota 500 capitoli distribuiti.
Voglio vedere… Le stelle!
L’incipit narrativo di Tower of God, a dirla tutta, non è esattamente così “speciale” come si potrebbe immaginare, ma fa comunque la sua parte. La storia infatti ruota intorno al protagonista, Bam, forse l’unica vera e propria nota dolente della produzione (ne riparleremo più avanti) e al suo rapporto con Rachel. I due sembrano i protagonisti solitari di un mondo spaventosamente vuoto, solitario, in cui la strada più facile per andare avanti sembra quella di affidarsi senza freni e senza timore l’uno all’altra. E forse è proprio questo aspetto che rende frustrante e incredibilmente dolorosa la separazione, una separazione improvvisa, inaspettata, quasi volutamente “aggressiva” nei tempi e nei modi, che come un fulmine al ciel sereno spezza in due la narrazione.
Rachel è stanca della sua vita. Per qualche ragione che a noi spettatori non viene veramente spiegata, la giovane dai capelli dorati vuole semplicemente andar via da quel mondo. Vuole di più, vuole osare, ma ha, e glielo si legge negli occhi, il sincero terrore di deludere il suo altrettanto giovane compagno di viaggio. Per tal motivo, ella sceglie un approccio incredibilmente duro e diretto: “Addio, Bam. Voglio vedere le stelle. E per questo ho deciso di scalare la Torre di Dio”.
Con queste poche parole, si mettono in moto gli eventi della vicenda o, almeno, queste fanno da climax per quella che sarà la storia da lì in avanti. E lo fanno, in realtà, nel modo più “semplice” e prevedibile possibile. Bam, terrorizzato e distrutto dall’essere rimasto solo, ma soprattutto dall’aver perso Rachel, plausibilmente per sempre, decide di seguirla, abbracciando così la “via della scalata”, un passaggio tremendamente irto di insidie e doloroso, ma necessario per giungere in cima alla Torre stessa.
Ai piedi di essa, a “difenderne” l’accesso, Bam incontra una misteriosa figura, una figura divina, appartenente ad una realtà ben diversa, una figura che getta letteralmente il protagonista in pasto a creature di ogni sorta per testarne il valore. Non tutti possono accedere alla Torre, non tutti sono degni e, la sopracitata scalata, è esattamente questo: un test continuo, un doloroso viaggio contro se stessi, certo, ma non soltanto.
I pericoli, per Bam, sono in realtà molteplici ma, dopo aver superato – con molti aiuti “esterni”- la prima prova, è più deciso che mai: “Scalerò la torre e troverò Rachel”. Queste sono le sue parole, prima di imbarcarsi in un viaggio in cui le realtà spazio temporali vengono messe a dura prova.
Benvenuti agli Hunger Games, o quasi
Scalare la Torre, per arrivare al cospetto del misterioso “Dio” non è un compito adatto a tutti e, come abbiamo detto anche poco fa, lo si capisce sin da subito. In tanti, però, ci hanno provato, riuscendoci, rimanendo così legati alla Torre e ai suoi molteplici segreti in qualche modo.
Il mondo “parallelo” in cui viene catapultato Bam è infatti un mondo incredibilmente ostile, ricco di pericoli e segreti, ma soprattutto è un mondo in cui il pericolo stesso è vissuto con una concezione fondamentalmente e radicalmente diversa rispetto alla “normalità”. E bastano pochi secondi per capirlo. La prima prova, infatti, consiste nella “semplice” sopravvivenza: vince, o meglio, va avanti chi riesce a rimanere vivo, cosa che chiaramente dà per scontato un altro fattore rilevante, ossia uccidere.
Ci ha ricordato un po’ Hunger Games, ci ha fatto rivivere quelle sensazioni, non soltanto in questo contesto, ma anche più in generale. Tutti i partecipanti, per ragioni diverse e motivazioni comunque fondamentalmente avvolte più o meno nel mistero, hanno come obiettivo quello di salire in cima alla torre, indipendentemente da cosa comporta.
Si assiste quindi a scene dure, crude, in cui nessuno (o quasi) sembra avere il minimo scrupolo, a cominciare dagli “esaminatori”, la cui caratterizzazione e contestualizzazione ci ha piacevolmente colpiti. Essi, infatti, sono uno degli esempi di come il mangaka abbia sapientemente lavorato sul cast, decisamente uno degli aspetti più riusciti di tutta la produzione, il che viene riportato allo stesso modo nella conversione animata.
Gli esaminatori sono persone che hanno trionfato nella loro missione di scalare la torre, e per questo hanno ottenuto dei poteri particolari, e questa sembra una piccola “bugia” rispetto al plot iniziale che man mano si “perde” in un oceano di nuove informazioni e verità anche scomode su quello che è il mondo in cui la storia è ambientata, insospettabilmente ricco sotto il profilo delle civiltà e delle culture presenti.
Ciò diventa un’importante spinta anche in favore della trama di fondo, che tra cospirazioni, tradimenti, giochi politici e quel pizzico di misticismo ed esoterismo che non manca mai, si mantiene discretamente interessante fino alla fine. Si respira un’aria pesante, si avverte, come dicevamo poc’anzi, che Tower of God ha fatto un ottimo lavoro dal punto di vista della gestione del cast, specialmente se contestualizzato ai tempi più stretti dettati dall’adattamento al piccolo schermo.
I primi episodi sono infatti una conversione quasi perfetta e completa dei primissimi volumi del manhwa, che servono appunto ad introdurre quelli che sono i volti più importanti della storia, ma anche in generale la nomenclatura che vige nello splendido ma allo stesso tempo terrificante mondo che fa da sfondo alle vicende. Ci ha colpito il cast di Tower of God per una ragione incredibilmente semplice: non lascia indietro nessuno. Ogni personaggio, anche quello più accessorio sulle prime ha in realtà una storia da raccontare, motivazioni precise per le quali compie le proprie azioni e ciò funziona ancora di più poiché esiste una sorta di equilibrio che raramente si riesce a percepire altrove tra i comprimari, il protagonista e il restante gruppone dei personaggi minori.
Nell’opera di SIU questi concetti sembrano quasi sparire, in favore di una fruizione nettamente più armoniosa ed equilibrata di quelli che sono i numerosi volti che si susseguono sulla scena in cui, paradossalmente, a stonare è proprio il protagonista, che rompe, con la sua figura, quella ventata di novità da cui è caratterizzato lo show. Bam è un personaggio di buon cuore, dotato di un potere sopito e innato che gli garantisce una posizione di rilievo quasi “senza meriti” tipica del suo ruolo.
Tower of God: un’anima da battle shonen, ma con stile
Se c’è un posto in cui la natura del protagonista può definitivamente “sbocciare” quello è certamente il campo di battaglia. Sia chiaro, Bam non ha alcun talento visibile, ma è pervaso da un misterioso potere sopito di cui, con poca originalità, s’intende, nemmeno lui è conoscenza. Ma le “similitudini” finiscono in buona sostanza qui, perché al netto di una vena da battle shonen piuttosto marcata l’anime mostra uno stile tutto suo nell’essere un prodotto fondamentalmente appartenente ad un settore saturo.
Tower of God ha uno stile tutto suo, delicato ed elegante nella gestione dei poteri, che si manifestano con il concetto della padronanza di un’energia interiore chiamata “shinsu” la quale, dopo averne carpito i segreti, permette al suo utilizzatore di dare via a tecniche di combattimento letali e spettacolari. Ma i combattimenti non rappresentano mai il fulcro della storia, anzi, perché anche da questo punto di vista sono ben equilibrati rispetti alla componente narrativa e tematica. Il risultato è sicuramente molto valido: durante la visione degli episodi, infatti, non ci siamo quasi mai stufati e non ci siamo imbattuti in momenti “morti, grazie ad un ritmo deciso e soprattutto un altalenarsi di situazioni che non solo tengono alta l’asticella dell’interesse, ma aiutano anche nella resa scenica del prodotto.
Questo quadro all’apparenza “perfetto” viene però compromesso da un fastidioso effetto “smarrimento” che invade lo show intorno alla metà. Da un certo punto in poi, l’adattamento animato diretto da Takashi Sano (Lupin III: Part V, Vinland Saga, ecc…) inizia a smarrirsi, a perdere un po’ di interesse e soprattutto a portare su schermo troppi eventi, troppe situazioni che iniziano a rendere l’immaginario complessivo forse più complesso del necessario. Tale problema è chiaramente legata alla necessità di stringere i tempi dell’anime, ma abbiamo avvertito proprio chiaramente questo “taglio” netto, in cui anche le stesse parti in campo hanno iniziato ad assumere un ruolo se vogliamo diverso in maniera poco chiara e armoniosa.
La seconda metà di stagione diventa dunque non più lenta, ma purtroppo meno interessante. Man mano che ci si avvicina alla meta, diventa tutto più complesso e lo stesso ruolo dei personaggi comincia a cambiare parecchio, togliendo così ogni punto di riferimento allo spettatore.
Per fortuna, proprio la natura da “viaggio di formazione” contribuisce a rendere tutto, nonostante il problema di cui sopra, ancora più che valido, ma non vi nascondiamo che, dal nostro punto di vista, lo stacco tra la prima e la seconda metà della stagione è abbastanza evidente sotto questo aspetto.
Stile da vendere
L’aspetto sotto cui Tower of God non smette mai di stupire è quello tecnico ed estetico. Senza far gridare al miracolo, sia chiaro, l’adattamento animato curato dallo studio Telecom Animation Film (una “filiale” di TMS Enterteinment) risulta di pregevole livello nella sua totalità.
In primis spicca una realizzazione ottima dal punto di visto della conversione dei disegni su schermo, caratterizzati da un tratto incredibilmente pulito e deciso, ma allo stesso tempo armonioso e mai eccessivo. Ciò è impreziosito enormemente da una palette cromatica a tratti perfetta, che dona al terribile e minaccioso teatro delle avventure di Bam e di tutti gli altri candidati alla Torre uno splendido controsenso. I colori infatti sono quasi sempre vividi, accesi, portando su schermo una vera e propria festa di pigmenti, che colorano ogni angolo con un’armonia a tratti maniacale nella sua infinita semplicità, la quale si palesa in particolare osservando gli scorci, sempre “elementari” ma incredibilmente efficaci.
Molto buono è anche il comparto sonoro: partendo dalle due sigle di apertura “TOP” e quella di chiusura “SLUMP”, entrambe curate dalla band sudcoreana degli Stray Kids, fondatasi nel 2017, davvero molto belle e soprattutto in qualche modo calzanti, l’anime di Crunchyroll si rivela un prodotto di ottimo livello, a cui si aggiunge la “mano” sapiente di Kevin Penkin, compositore australiano famoso per aver lavorato già a progetti come Made in Abyss e The Rising of the Shield Hero. Molto buono è anche il doppiaggio originale giapponese: il cast ha saputo comportarsi molto bene e non abbiamo notato personaggi caratterizzati male o semplicemente non a fuoco.
L’adattamento animato di Tower of God ci ha quindi complessivamente soddisfatto. Complice una storia di fondo decisamente interessante e soprattutto una conversione sui piccoli schermi curata nei minimi dettagli, l‘anime Crunchyroll Originals si piazza tra i più interessanti di questo 2020, al netto di alcune mancanze, tra cui spicca senza dubbio il “calo” della seconda metà degli episodi e se vogliamo l’assenza di un vero antagonista forte. Nel complesso, comunque, ci siamo trovati di fronte ad un ottimo prodotto: se l’esperimento manhwa parte da questi presupposti, possiamo ben sperare per il futuro!