Piccoli “soldatini” crescono…
Ultimamente Ubisoft ha dovuto affrontare gli effetti di una campagna d’odio digitale di dimensioni cosmiche: buona parte dell’internet sembra avercela a morte con la società francese, definita essenzialmente “la nuova EA“. Alla testa dell’hate bandwagon troviamo probabilmente gli utenti PC, indispettiti a prescindere da anni di porting definiti “malfatti” e mal ottimizzati. Dopotutto, come dargli del tutto torto? Le versioni PC escono spesso e volentieri in ritardo anche di parecchi mesi, ed è una fortuna se non sono zeppe di bugs. “Su pc in genere l’ottimizzazione non è importante, perchè compri semplicemente una scheda grafica più potente” Dichiarò ai tempi un producer di Assassin’s Creed 4, rettificando rapidamente la dichiarazione – almeno, alla luce della rabbia espressa dalla folla inferocita generatasi da lì a poco. Oltre a ciò, è da un po’ che Ubisoft riesce in qualche modo a deludere enormi fette di fans (a prescindere dalla piattaforma) proprio quando si tratta di rilasciare titoli AAA dall’hype indubbio. Come dimenticare il downgrade di Watch Dogs nonché la controversia riguardante la versione PC? O gli innominabili problemi all’uscita di The Crew? Per non parlare poi dell’enorme shitstorm al lancio di Assassin’s Creed Unity. Ubisoft ha indubbiamente avuto i suoi grattacapi ultimamente; ma dopotutto, quale società altrettanto amplia in questo settore può non dire lo stesso? Ormai è praticamente la norma, che ci piaccia o no. E rimarrà tale finché i big money continueranno a derivare dai preordini e dal day one, rimuovendo qualunque stimolo nel partorire un prodotto pienamente funzionante fin dalla release.
Ma la massa dimentica in fretta, o fa finta di non notare quanto le politiche di Ubisoft siano differenti da quelle degli altri colossi dell’industria. In fondo, è facile scordarsi della ripresa contro ogni logica di marketing di Rayman (certo, molti chiedevano il ritorno di Rayman; ma con un nuovo platform 3D, non certo un meraviglioso ritorno alle origini 2D, tempi in cui era anche meno popolare). O del salvataggio in extremis di South Park: Stick of Truth. O dei progetti semi-indie come Grow Home. Insomma, Ubisoft è forse l’unica società a tal punto espansa che oltre al banale profitto economico prova ancora a sperimentare, dando spazio a piccoli progetti a basso budget (almeno, a differenza delle classiche produzioni filo-hollywoodiane) diretti da studi minori, mettendo in primo piano il lato artistico o/ed innovativo dei giochi da loro finanziati, piuttosto che il mero guadagno. Questa politica inusuale è riuscita presto a dare i propri frutti, come possono testimoniare prodotti del calibro di Child of Light. Ma non tutte le ciambelle escono col buco. Scopriamo perché.
Caricamento in corso
Toy Soldiers: War Chest inizia sbattendoci in faccia un filmato introduttivo animato oscenamente in flash, in un incipit tanto improbabile quanto brutto. Capiamo di trovarci in una stanza dei giochi non meglio precisata: “tutti” i giocattoli, anche se estremamente diversi, si ritrovano a combattere gli uni contro gli altri in una battaglia all’ultimo sangue (il che può ricordare un po’ i primi video introduttivi di Super Smash Bros, se non il vecchio film Small Soldiers). Soldati futuristici, della seconda guerra mondiale o di un qualche mondo fatato di un generico brand di giocattoli per bambine, non fa differenza: è come un Battle Royale del merchandise. Non facciamo in tempo a rimpiangere le animazioni dei titoli più squallidi di Cartoon Network che veniamo catapultati nel menù.
Anzi, in realtà facciamo in tempo eccome, perché prima della schermata iniziale siamo costretti ad assistere ad una quarantina di secondi di caricamento con il logo gigante del gioco in mezzo allo schermo e null’altro. Al termine del quale sarebbe naturale aspettarsi qualcosa di maestoso, o quantomeno elaborato: ci troviamo invece di fronte ad un piattissimo menù che tenta di scimmiottare le classiche vignette fumettose.
Non sprecando tempo ad esplorare le svariate opzioni secondarie (avrei avuto tutto il tempo più avanti), mi sono fiondato direttamente nell’azione più viva e pulsante del gioco. Che ad occhio pareva essere la campagna; escludendo il tutorial, è possibile notare fin da subito una dozzina di livelli da sbloccare procedendo col gioco. Ma proprio dal tutorial è saggio iniziare: il gameplay di questo titolo è talmente inusuale che si consiglia a chiunque (anche ai giocatori dei precedenti Toy Soldiers) di dare un’occhiata – o una ripassata – alle meccaniche, perchè il rischio di ritrovarsi alienati dalla logica di War Chest è alto.
Comparto grafico e tecnico
Ho così iniziato il tutorial, o almeno ci ho provato, solo per trovarmi di fronte ad un altro eterno caricamento. Ho cronometrato: in alcuni casi si tocca anche il minuto (se non il minuto e 10/20) di tempo da passare davanti ad un’immagine statica colorata probabilmente da un utente DeviantArt. E la situazione è particolarmente tragica considerando come la copia del gioco fosse installata sulla PS4 usata per recensire il titolo; è difficile immaginare le performance del gioco acquistato in forma fisica. Quantomeno, pare chiarissimo fin da subito quanto War Chest faccia il tutto e per tutto per non prendersi sul serio; basti guardare le scritte in basso che simulano quelle dei vecchi caricamenti degli RTS su PC, facendone invece ironia. Ma non sono certo le battute a poterci far passare sopra a quanto ci aspetta appena iniziata la partita. Bloodborne al lancio era in grado di regalarci, con 40 secondi di caricamento, un ambiente gigante dall’impatto grafico che pareva provenire tranquillamente da 10 anni più avanti rispetto al primo Dark Souls (il che non è nemmeno poi così lontano dalla realtà come paragone – seppur esagerato -, andando a vedere l’età dell’hardware su cui i due giochi girano).
Una patch li ha poi ridotti a 15 secondi circa, ma son dettagli. Nessuno si aspettava nulla del genere da Toy Soldiers, ma francamente, è probabilmente altrettanto difficile aspettarsi quanto ci si trova davanti una volta iniziata la partita, almeno dopo quel minuto di attesa che avrebbe spezzato del tutto il ritmo dell’azione, se ce ne fosse stata. Il principale problema che salta all’occhio nell’immediato, è come il gioco abbia poco da invidiare ai propri predecessori su Xbox 360 in termini di comparto grafico. Perché sì, Toy Soldiers non è nemmeno una IP originale, è stata semplicemente comprata da Ubisoft in seguito ad un paio di titoli apparsi su Xbox Live Arcade. È vero, notiamo dettagli come fili d’erba, particellari (neanche troppi e neanche troppo elaborati) ed un blur diffuso che farebbero scoppiare le vecchie console, ma nel complesso il tutto non appare eccezionale, anzi. Proprio la scelta di sfumare tutto ciò che si trova abbastanza lontano o al di fuori del tavolo sul quale si svolge l’intera partita non migliora particolarmente l’impatto visivo. Anche i modelli poligonali sono decisamente scarsi (al pari delle loro animazioni piuttosto legnose e limitate), ma francamente, i protagonisti del titolo sono di fatto economici giocattoli in plastica prodotti negli anni ’80, quindi è difficile non passar sopra a simili dettagli tecnici. In generale, il livello di dettaglio appare davvero altalenante, e non è difficile imbattersi in texture in bassa risoluzione, in un raro aliasing talvolta fastidioso o in qualche compenetrazione dei modelli. Sebbene risulti facile perdonare alcune di queste magagne trattandosi di un titolo arcade ed a basso budget, ovviamente. In breve, il comparto grafico di Toy Soldiers risulta uno dei tratti in cui il titolo brilla di meno in assoluto, ma non certo abbastanza per affossare il gioco, che ha ben altro da offrire.
Il Gameplay
All’inizio di ogni partita ci ritroviamo con un’area di gioco – effettivamente utilizzabile – circostante al nostro baule dei giocattoli, di fatto la base/fortezza da difendere durante la partita. Ridotto ai minimi termini infatti, il titolo non è che un tower defense; sono le sue meccaniche completamente uniche a differenziarlo dal resto degli esponenti del genere. Come in tutti i titoli simili, il raggiungimento di un’unità nemica alla nostra base comporterà la perdita di una percentuale dell’energia della stessa; raggiungendo lo 0% si giunge ovviamente alla sconfitta. I nemici possono consistere in battaglioni di soldatini, tank ed aerei giocattolo, e l’approccio agli stessi non potrà che variare in relazione alla loro natura.
Particolare è come il gioco ci permetta di scegliete tra una visuale standard (zoommata sul campo di gioco), ed una strategica (dall’alto), utile ad avere un quadro completo della situazione (sebbene talvolta possa risultare persino più confusionaria, in determinate ambientazioni e con abbastanza nemici sul campo). Per proteggere il baule/fortezza sarà necessario erigere delle torrette in locazioni predeterminate, la cui natura potrà variare in base al nemico da abbattere e la quantità di unità spendibili. Già, perché l’intera partita verrà accompagnata e pesantemente influenzata dalla valuta in-game (e da come la si gestisce) ottenuta eliminando nemici e distruggendo elementi di sfondo. È possibile controllare direttamente le singole torrette, aumentando il loro impatto sul nemico: la necessità di entrare spesso nel vivo della battaglia (per non affidare tutto all’IA) abbandonando momentaneamente la componente gestionale del gameplay regala al titolo la dualità che rappresenta il cuore dell’esperienza. Controllando la torretta sarà possibile premere L2 per ottenere una mira di gran lunga più efficace sul nemico; le torrette risultano inoltre potenziabili con vari upgrade, sempre acquistabili con la valuta in-game. Eliminare personalmente nemici attraverso l’uso delle torretta aumenta l’indicatore Azione, che permette di richiamare l’eroe che abbiamo selezionato nel menù (o quello assegnato dalla missione in corso): si tratta della possibilità di controllare in terza persona, per un determinato periodo di tempo, una singola unità estremamente overpowered, affrontando frontalmente l’esercito nemico. Più l’indicatore azione verrà ricaricato, più devastante risulterà l’eroe richiamabile: potremo scegliere tra un singolo soldato iconico, un tank, od un dirigibile/velivolo. L’eroe, tuttavia, è controllabile solo per un tempo limitato: durerà infatti poco più che un minuto, alla fine del quale lo vedremo inesorabilmente esplodere. Sulla mappa sono comunque presenti batterie fluttuanti, utili per allungare brevemente la durata dell’unità. Durante questa fase del gioco i controlli cambiano notevolmente: avremo a nostra disposizione lo scatto, lo zoom dell’arma (che risulterà anche sostituibile con un’arma secondaria), un tipo di attacco in mischia, la schivata, la possibilità di lanciare granate e ricaricare le proprie armi da fuoco. Insomma, da strategico in tempo reale, il gioco si tramuta temporaneamente in un TPS sorprendentemente divertente. I nemici arriveranno ad ondate visualizzabili in un elenco di icone sulla destra dell’HUD, che oltre a raffigurarne il tipo di unità, esplicita il tempo mancante all’assalto (sempre che la battaglia non sia in corso). L’intera partita procede dunque sconfiggendo nemici, guadagnando valuta, creando sempre più torrette (sempre più potenti), e divertendosi con gli eroi. Non significa che sia tutto rose e fiori: sebbene nelle fasi iniziali il gioco non offra un gran livello di difficoltà, entro breve il titolo inizia a sfidare seriamente il giocatore e sarà sempre più raro completare i vari livelli senza rischiare almeno un po’ la sconfitta. I parametri della vittoria non dipendono solo dalla salvaguardia della base: verrà tenuto conto il tempo impiegato per completare la missione, i soldi spesi, nonché l’energia del forte alla fine della partita. In base al punteggio ottenuto sarà possibile aumentare di livello, spendere soldi nel negozio, nonché ottenere veri e propri pacchetti con randomici potenziamenti all’interno (in genere si tratta di armi con cui personalizzare il proprio esercito e le proprie unità). Oltre alla campagna, Toy Soldiers offre una serie di sfide settimanali con temi ed obiettivi ben specifici, che al prezzo di una certa ripetitività delle missioni garantiscono sempre materiale fresco con cui giocare. Nonostante questo, è la componente del multiplayer a risultare forse quella più riuscita ed in grado di regalare più ore di divertimento in assoluto: affrontare un avversario in carne ed ossa è estremamente differente che eseguire una serie di task contro ad un’intelligenza artificiale, e non fallisce nel donare tutt’altre soddisfazioni.
Dovrei giocarci?
È ambiguo il target di Toy Soldier: War Chest. I puristi degli RTS ed in generale dei giochi strategici/gestionali (specie, se non esclusivamente, su PC) non ameranno l’impronta action del gioco, ed ameranno ancora meno la mancanza di profondità del lato manageriale del titolo. Risulta spaesante anche per gli amanti dei TPS: probabilmente, però, il gioco è pensato e può risultare allettante per coloro che si sono tenuti sempre distanti dai lenti e ragionati ritmi degli strategici, garantendo l’accesso ad un ibrido che permette di far sperimentare un genere sconosciuto ad una determinata fetta di pubblico (vengono in mente i più giovani).
E proprio per attirare i giovani, Toy Soldiers offre quella che per molti può risultare l’attrattiva principale del gioco, ovvero la presenza di celebri ed amate guest star in veste di Eroi controllabili. Assisteremo dunque ad Ezio Auditore, con tanto di esercito di assassini a tema, intento a sfidare l’esercito Austro-Ungarico in miniatura. Ma non solo: Ubisoft ha ottenuto due licenze davvero importanti (almeno, per i bambini – specialmente americani – degli anni ’80): il mitico He-Manfrom Masters of the Universe ed i G.I. Joe più old school, Duke ed il Comandante Cobra (con ovviamente i relativi eserciti). Insomma, qui non si pensa solo ai giovanissimi. Forse come marchi non hanno la stessa presa qui in Italia, ma bisogna ammettere che è una goduria portare alla battaglia He-Man. Il fanservice non termina con il banale reskin: avremo modo di ascoltare i temi che più caratterizzano le guest star (nel caso di Ezio, con tracce direttamente rubate da Assassin’s Creed 2); la strizzata d’occhio ai fans è palese. Peccato che il fanservice si faccia pagare. L’edizione standard, disponibile tramite download a 14,99 euro per tutti gli utenti PC, PS4 ed Xbox One, sarà sprovvista delle celebri guest star, acquistabili singolarmente da uno shop nel negozio a poco meno di 5 euro. Lo shop per qualche ragione appare anche nell’edizione Hall of Fame (quella retail, da 29,99 euro): sarà infatti sempre possibile accedere all’utilizzo di unità (conquistabili semplicemente giocando, nell’edizione completa) con una valuta acquisibile spendendo soldi reali. Esatto: si tratta a tutti gli effetti di microtransazioni, presentate in un modello estremamente simile a quello dei giochi per smartphone. Con una ventina di euro sarà comunque possibile acquistare tutto.
In conclusione…
Le diverse modalità di gioco possono intrattenere per un numero potenzialmente illimitato di ore, ma bisogna davvero amare il tipo di gameplay proposto per evitare di annoiarsi in seguito alla ripetitività e monotonia costante della sfida a cui si è sottoposti. In tal caso, sarà anche facile passar sopra alla grafica non certo eccellente, all’impianto tecnico altalenante ed ai lunghi caricamenti. È indubbiamente una ventata fresca su console (che non vedono spesso titoli di questo genere), ed il fanservice può arrivare a spingere un certo tipo di utenza a dare una chance al titolo.