Nuovi modi di sopravvivere
Warren Ellis costituisce per gli appassionati del genere una garanzia. Le opere da lui sceneggiate sono per i lettori sempre interessanti, qualcosa a cui approcciarsi sapendo già da principio come sia possibile aspettarsi di tutto. Anche che, un’idea sfruttata fino all’inverosimile, possa tradursi in qualcosa di nuovo e a tutti gli effetti innovativo.
Trees è esattamente il caso in questione. Si tratta di un fumetto che propone uno scenario visto molte volte: un’umanità sull’orlo dell’estinzione per colpa di una misteriosa razza aliena. Circa dieci anni prima degli eventi narrati nel fumetto, ci troviamo di fronte alla comparsi di misteriosi pilastri di provenienza ignota, chiamati Alberi. Non si sa di cosa siano fatti, non si conosce la loro utilità, solo che possono diventare improvvisamente molto pericolosi, emettendo un impulso elettromagnetico capace di incenerire ogni cosa nel raggio di diversi chilometri.
In questo scenario post apocalittico, Ellis è bravo a mostrarci solo quanto basta per incuriosirci, senza svelare niente di importante. Alla fine del primo volume ci vengono presentate diverse persone in diversi luoghi del mondo, tutte accomunate dalla paura, manifestatasi in forme differenti, e dalla stessa domanda: qual è lo scopo degli Alberi?
Da qui riprende il racconto di questa seconda parte di Trees. Stavolta a portare avanti la trama saranno due distinti filoni: da un lato quello delle Orcadi, dove la dottoressa Joanne Creasy indaga in prossimità di uno dei più antichi scavi archeologici dell’arcipelago britannico, accanto al quale è atterrato uno degli Alberi; dall’altro New York, dove l’arrivista Vincent è appena stato eletto sindaco della città, devastata dall’arrivo dell’Albero che ha affondato buona parte dell’isola di Manhattan.
La maestria di Ellis nel presentarci i due mondi agli antipodi è a dir poco incredibile.
Da un lato la Gran Bretagna, dove nonostante l’arrivo degli Alberi le cose hanno continuato a progredire come se niente fosse, pur prendendo una piega negativa, dovuta a fanatismo religioso e a un sempre maggiore disagio sociale. La vita di Joanne “Jo” Creasy, dopo l’incidente delle Svalbard, sembrerebbe sul punto di riprendere una parvenza di normalità, quando il governo britannico la contatta per chiederle di investigare sull’Albero giunto nelle Orcadi, unico dei suoi simili arrivato sul suolo della Gran Bretagna.
La prima preoccupazione di Jo è quella di trovare i “fiori neri”, piante particolari che si sviluppano in prossimità dell’Albero quando questo sta per emettere il proprio impulso, devastando l’area circostante. Nelle Orcadi dovrà quindi avere a che fare con la diffidenza degli archeologi del sito vicino a cui si trova l’Albero, rendendosi poco alla volta conto della necessità di gestire l’intera situazione in assoluta segretezza.
L’altro filone è quello di New York. Dopo la caduta dell’Albero la città è devastata. La maggior parte delle strade sono allagate e il NYPD, il Dipartimento di Polizia di New York, ha preso una deriva autoritaria, facendone una milizia violenta che, col pretesto di contenere l’ordine, spadroneggia sull’intera città, venendo a stento controllata dall’amministrazione. In questo scenario così grigio ci troviamo di fronte a vere e proprie scene di guerriglia urbana, in cui i cittadini si scontrano con la polizia, memori delle carneficina commessa undici anni prima dagli agenti al momento dell’arrivo dell’Albero e intenzionati a ribellarsi. Per questo scopo, alcune milizie armate hanno stretto un patto proprio con il neoeletto Vincent, il quale sembra avere parecchi motivi per vendicarsi della polizia, ma che pare anche essere intenzionato a non farsi mettere il giogo dalle bande armate della città.
Nella contrapposizione tra questi scenari troviamo tutta la forza dell’opera di Ellis. Al di là dell’arrivo dei manufatti alieni, siamo davanti a situazioni assolutamente plausibili nella nostra realtà e di un’attualità sconcertante.
A Londra è l’incapacità del governo di gestire la situazione interna, con una sempre maggiore tensione che si traduce in una serie di attentati terroristici a sfondo fondamentalista, col disperato tentativo di tenere sotto controllo la situazione degli Alberi per evitare che si scateni il panico tra la popolazione.
A New York è la polizia che, da strumento al servizio della popolazione, si è tramutata in una sorta di criminalità legalizzata, senza più la pretesa di difendere il cittadino. E, sullo sfondo, complotti politici e accordi siglati lontani dalle stanze del potere, con lo scopo dichiarato di mantenere un controllo assoluto sulla città.
A una sceneggiatura affascinante fanno da cornice gli ottimi disegni di Jason Howard, dove è possibile vedere l’alternarsi di una “gabbia” classica a quella più sperimentale utilizzata per sottolineare particolari situazioni, con una resa grafica capace di far convivere scene crude con un tratto raffinato, a modo suo innovativo.
Verdetto:
Il secondo volume di Trees prosegue sull’ottima scia del primo. Sopra uno scenario post apocalittico di matrice classica viene innestata una storia innovativa, capace di concentrarsi maggiormente sugli aspetti umani della vicenda. Lodevole il fatto di saper prendere a piene mani dall’attualità, estremizzando fatti di cronaca e portandoli alle loro peggiori conseguenze, quasi a costituire un monito.