L’ultimo mercenario, su Netflix, è il nuovo film di Charhon con protagonista Jean-Claude Van Damme. Ma è un vero disastro
Jean-Claude Van Damme torna sullo schermo, quello “piccolo” di Netflix, con L’ultimo mercenario, affidato alla direzione di David Charhon.
Il titolo è altisonante e il trailer uscito tempo fa ci aveva presentato il protagonista come il mercenario più famoso del mondo, sparito dai radar ormai da circa 25 anni ma comunque una leggenda, un grande pilota, un esperto d’armi, elusivo come il suo soprannome: “la Bruma”.
Combattimenti, fughe in auto, travestimenti e una velata ironia sembravano poi contribuire alla conferma di un action vecchio stile, con sfumature comedy, a cui si poteva aggiungere una sinossi interessante, dalla quale apprendiamo che il protagonista interpretato da Jean-Claude Van Damme è Richard Brumère, ex agente dei servizi segreti costretto a tornare in Francia quando viene a sapere che suo figlio è stato accusato ingiustamente dal governo come trafficante di armi e di droga, in seguito ad un errore commesso da un burocrate, ma dietro il quale si nasconde un’operazione mafiosa.
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Speriamo sia davvero l’ultimo
Bene, ora dimenticate tutto ciò e soprattutto i vecchi ruoli di JCVD, cancellando dalla vostra mente qualsiasi possibile connessione con gli Expendables, perché il nuovo film Netflix L’ultimo mercenario non è niente di questo e soprattutto non riesce a rispettare né i canoni della commedia, tantomeno quelli dell’action, portandoci in un limbo in cui non si ride, non ci si diverte e non c’è adrenalina.
Quel che è evidente è che David Charhon e soci puntino in particolare sugli aspetti comici, ma le gag continue a cui vengono sottoposti Van Damme e compagni non permettono nemmeno una risata a denti stretti e scadono ripetutamente nel demenziale, soprattutto quando osserviamo JCVD esibirsi in strampalati travestimenti o siamo costretti a sorbirci i deliri di un villain che crede che la sceneggiatura di Scarface sia stata scritta da Tony Montana.
Non sono peraltro le uniche citazioni cinematografiche presenti nel film, ma ogni volta che assistiamo a una di esse è un colpo al cuore, per come si sceglie di trattarle.
L’eventuale visione col doppiaggio italiano poi riesce a esacerbare ulteriormente tutti questi difetti, per cui se proprio volete dare una chance a L’ultimo mercenario il consiglio è di provarlo in lingua originale.
La trama, come avrete intuito, procede in modo estremamente lineare senza però poter contare sui punti di forza di un action, quindi un ritmo elevato, combattimenti continui, inseguimenti mozzafiato e tutti quegli strumenti che favoriscono la scorrevolezza. Le fughe in auto, o in monopattino (in mutande) sono rare e prive di mordente, mentre gli scontri fisici sono tutti più o meno uguali e non ci fanno certo sobbalzare dalla poltrona.
Anche quando JCVD è in azione il dinamismo è ai minimi storici e comunque affossato dalla sterile e sciocca comicità.
Persino l’aspetto relazionale tra padre e figlio, potenzialmente uno dei pochi punti degni di interesse, viene trattato con sufficienza e in modo marginale, finendo sempre a fare da contorto a quello che lo chef Charhon giudica come il piatto forte, ovvero le gag. Agli altri interpreti del film, da Eric Judor a Miou-Miou e via dicendo, lo script impietoso di David Charhon, Ismael Sy Savane non risparmia ruoli fortemente macchiettistici.
Vedere Jean-Claude Van Damme calarsi in osceni travestimenti, tra parrucconi da donna e baffi finti è una tortura che nessun utente Netflix meriterebbe nemmeno per pochi minuti, ma L’ultimo mercenario non ha neanche la decenza di regalarci un minutaggio scarso, andando quasi a sfiorare le due ore. Il punto più basso della carriera di JCVD, senza ombra di dubbio.