Robot, ibridi e intelligenza collettiva: le infinite declinazioni del’IA nei manga
na creatura dell’umanità, ma anche una potenziale rivale per il dominio sulla natura. Un’entità capace di trasformare l’uomo in dio o in vittima sacrificale. L’intelligenza artificiale affascina da sempre i narratori per la sua forte ambivalenza e le infinite forme che può assumere. Seguiteci alla scoperta di alcuni manga che l’hanno resa il centro delle proprie vicende. Partiremo dalle radici per poi giungere alle iterazioni più recenti, in un viaggio che ci porterà a fare riflessioni importanti.
In principio fu Tezuka, il pioniere
Parlare di narrazione giapponese senza menzionare Osamu Tezuka è davvero complicato. Nello sterminato repertorio del dio del manga, infatti, figura anche una delle prime trattazioni del tema dell’intelligenza artificiale. Stiamo parlando di Astro Boy, il famoso robot con i pantaloncini neri e gli stivali rossi a razzo che ha visto la luce nei primi anni Cinquanta. L’opera è molto più complessa di quanto possa sembrare e ribalta una delle convinzioni alla base della fantascienza: la mancanza di una coscienza sul modello di quella umana rende i robot delle spietate macchine assassine, avverse per natura alla nostra specie. Astro Boy, pur essendo superiore a un uomo normale per caratteristiche fisiche e intelligenza, difetta completamente della vanità tipica del genere umano e per questo si rivela più buono. Le sue sembianze di bambino riflettono un altro aspetto tipico dei più giovani: la possibilità di imparare e cambiare. Il robot, all’inizio dell’avventura, è una tabula rasa, un essere puro la cui intelligenza artificiale si adatta man mano alle situazioni, chiedendosi sempre cosa sarebbe più umano fare. In altre parole, un personaggio con le caratteristiche di un dio che vuole vivere come un uomo. Sullo sfondo, poi, c’è la società, in cui macchine e umani convivono a fatica secondo i dettami della legge robotica, la quale dona ai primi uguali diritti solamente se soddisfano le aspettative dei secondi.
I complessi rapporti tra robot e umani nella vita quotidiana sono al centro di Pluto, una rivisitazione delle vicende di Astro Boy secondo Naoki Urasawa. Qui l’accento si pone soprattutto sulla ricerca, da parte degli androidi, di un equilibrio tra la propria crescente consapevolezza e i limiti imposti dalla programmazione. Alcuni di loro cominciano addirittura a provare sentimenti, che però vengono puntualmente sminuiti: se i robot sono solo un prodotto, una creatura dell’uomo, allora lo stesso vale per le loro emozioni, artificiali (e quindi inferiori) così come il loro corpo.
Ghost in the Shell: il rapporto non binario tra umani e robot
Come se questo non fosse un argomento spinoso già così come l’abbiamo presentato nel paragrafo precedente, Shirow Masamune aggiunge al calderone le creature ibride tipiche del cyberpunk: umani con impianti meccanici e robot dal corpo umano. In Ghost in The Shell (1989) torna la questione della dignità della vita: in una società sempre più votata al consumismo estremo, in cui prodotti e persone diventano obsoleti molto in fretta, androidi e umani sono accomunati dalla voglia di sentirsi indispensabili. L’intelligenza artificiale sfida i limiti della propria programmazione fino alla perdita del senno, nel disperato tentativo di provare il proprio valore. La stessa Motoko Kusanagi, protagonista del manga, mette in discussione più volte il suo posto nel mondo e si interroga sul reale scopo della sua esistenza e di quella dei suoi simili. In Ghost in The Shell, inoltre, quella del singolo robot non è la sola intelligenza artificiale. Ne esistono altre più diffuse e nascoste, collettive, capaci di condizionare il mondo da dietro le quinte: si tratta della macchina sociale, di quella economica, politica e persino estetica.
Demokratia: un esperimento di democrazia diretta
L’idea di intelligenza collettiva torna prepotente in Demokratia, appena uscito in fumetteria nella nuova Complete Edition. Il manga di Motoro Mase non parla infatti di un’intelligenza artificiale in senso stretto, ma di una coscienza robotica che è il prodotto di numerose coscienze umane. Mei Tokunaga, il robot protagonista della storia, si muove secondo le direttive di un gruppo di utenti scelti a caso sul web, che si confrontano e poi votano ogni azione da far compiere alla macchina. Questo meccanismo narrativo ci permette di conoscere la vita personale di ogni partecipante e l’influenza che le esperienze personali hanno sul nostro giudizio, ma ci mostra anche chiaramente tutti i limiti della democrazia diretta. Il vero obiettivo degli inventori di Mei è quello di creare l’essere umano definitivo, ma la convinzione che molte teste diverse pensino meglio di una sola è continuamente smentita dalle dure prove che la vita ci propone ogni giorno.
Perché vivo? Qual è il mio scopo? Ergo Proxy
La domanda principale, quella che ci ha accompagnato per tutto questo breve viaggio, è sempre la stessa: “Qual è lo scopo della vita? Perché esisto?” Se lo chiede Astro Boy/Atom, ma anche Motoko Kusanagi e di certo tutti noi, che condividiamo molto con gli utenti di Demokratia. La stessa crisi esistenziale investe anche i protagonisti di Ergo Proxy, anime ambientato in un mondo in cui uomini e robot vivono in precaria armonia secondo il classico modello master-slave. All’occorrenza, con un comando vocale impartito dal padrone, le macchine possono attivare una modalità che conferisce loro caratteristiche più umane, come la parola o le emozioni. Ciò che mette in moto la storia è la scomparsa del Cogito Virus, un’entità che infetta gli androidi e sblocca permanentemente la loro coscienza. Essi, quindi, diventano una sorta di sintesi tra lo scopo per cui sono stati progettati e i sentimenti che ne derivano: per esempio Iggy, programmato per proteggere Re-i, una volta contagiato sviluppa una gelosia che sfocia nella violenza. Ergo Proxy traccia quindi un collegamento diretto tra i nostri obiettivi di vita, le azioni e i sentimenti. Ognuno condiziona gli altri e contribuisce in maniera decisiva a definirci.
L’intelligenza artificiale apre infinite possibilità per il presente e il futuro. I manga, nel loro piccolo, ci hanno già insegnato qualcosa sui pericoli e sui benefici che possono derivarne. Ora sta a noi (e ai mangaka!) imparare e fare i prossimi passi nella direzione giusta, o quantomeno in quella meno distruttiva!