Un oscuro gioco di ruolo
Erano gli inizi degli anni ‘90 quando Mark Rein-Hagen – co-creatore del celebre GDR Ars Magica – Stewart Wieck e Lisa Stevens diedero vita all’universo di Vampire: The Masquerade (VtM) e del World of Darkness (WoD).
Oggi, a distanza di quasi trent’anni dalla prima edizione del gioco cartaceo, rieccoci a parlare di VtM, non tanto del gioco cartaceo in sé, ma dei due – ormai tre – titoli videoludici che ne sono derivati.
Ma andiamo con ordine e partiamo dall’inizio, ossia dalla semplice domanda: che cos’è Vampire the Masquerade?
Vivere nel Mondo di Tenebra
Come abbiamo appena visto, il franchise nasce come gdr cartaceo e solo successivamente viene proposto anche per il mercato videoludico grazie a due titoli: Vampire the Masquerade Redemption, sviluppato da Nihilistic Software e pubblicato da Activision nel 2000; e Vampire the Masquerade Bloodlines, sviluppato da Troika Games e pubblicato sempre da Activision nel 2004.
La mia esperienza personale con il WoD – o Mondo di Tenebra se preferite la traduzione italiana – inizia proprio con Redemption, un titolo provato quasi per caso, spinto dal fascino che da sempre i vampiri esercitano sul grande pubblico, che si proponeva come il più classico degli action rpg ma con una punta di… oscurità. Nei panni dell’impavido crociato Christof Romuald, classico eroe senza macchia e senza paura, pronto ad affrontare un’intera miniera infestata da vampiri e demoni pur di conquistare il cuore della bella fanciulla di turno e, con l’occasione, salvare anche la cittadina e i relativi abitanti, ci ritroveremo presto a scoprire un vero e proprio tessuto sociale avvolto dalle tenebre, fatto di sette, clan, magia oscura, lotte politiche e, soprattutto, sangue. Tanto sangue.
Ciò che faceva risplendere Redemption di luce propria non era sicuramente il comparto tecnico, né il gameplay in sé per sé – nonostante alcuni spunti fossero decisamente interessanti – ma il comparto narrativo. L’oscuro mondo che ci veniva illustrato era estremamente affascinante, soprattutto quando l’arco temporale si spostava nell’epoca moderna, un passaggio che rendeva il tutto molto più attuale e contemporaneo. Da un’epoca più legata all’immaginario fantasy, ci si ritrovava d’improvviso al giorno d’oggi e ci veniva dato un assaggio di quella che è l’attuale società vampirica di Vampire the Masquerade e del World of Darkness.
Nel WoD ogni vampiro – o Cainita, come vengono spesso definiti da coloro che sostengo esser discendenti di Caino, il primo vampiro, condannato alla non-vita dopo aver ucciso il fratello Abele – appartiene a un Clan, che ne definisce i poteri, le caratteristiche comportamentali e, talvolta, anche quelle fisiche. In tutto esistono 13 clan e, per i giocatori/videogiocatori, vi basti pensare ad essi come alle classi del gioco, tanto più che in Bloodlines sarà proprio una delle scelte che dovremo compiere nella creazione del nostro alter-ego vampiresco.
Al di là del Clan d’appartenenza, tutti i vampiri – o meglio quasi tutti – fanno parte di una delle Sette principali, che controllano ogni aspetto della società vampirica e, a conti fatti, rappresentano l’aspetto politico dell’intero franchise. Nonostante ve ne siano di più piccole e anche di non riconosciute ufficialmente, i due nomi che spiccano su tutti gli altri sono la Camarilla, la setta più grande, fondata nel 1480 e accanita sostenitrice della Masquerade – l’insieme di regole che permettono la coabitazione semi-pacifica con la razza mortale; e i Sabbat, setta fondata nel 1493 e in aperto contrasto con la Camarilla e le sue regole, non proprio i “villain” della situazione ma spesso i meno… equilibrati.
In questo contesto fatto di clan, sette e lotte politiche – che a quanto pare, con i benefici offerti dall’immortalità, non fanno che peggiorare – si svolgono le avventure narrate sia in Vampire the Masquerade: Redemption che in Bloodlines e mentre il primo, come abbiamo visto, si concentra più sulla non-vita di Christof, il secondo è molto più profondo e riesce a far immergere totalmente il giocatore all’interno del World of Darkness.
L’aspetto rpgistico di Bloodlines è la sua vera carta vincente. Avendo la possibilità di creare il nostro personaggio, scegliendo uno dei 13 clan nel quale farlo rinascere, assegnandogli le abilità che preferiamo e plasmandone il carattere grazie ai dialoghi a scelta multipla, si percepisce perfettamente cosa significa essere un vampiro nella società moderna, una società che offre infiniti spunti e occasioni per soddisfare i “particolari gusti alimentari” del nostro personaggio e nella quale ci si può confondere senza troppi problemi, a patto di rispettare le regole imposte dalla Masquerade.
Altro asso nella manica di Bloodlines è l’aspetto politico che, sin dalle prime sequenze, si mostra come uno dei cardini sul quale si fonda il tessuto sociale vampirico, governato da regole e leggi controllate dai più potenti, che cercano di farle rispettare e di raggirarle al tempo stesso, al fine di acquisire sempre più potere. Non molto differente dalla società moderna dunque, con l’aggiunta dei fattori immortalità e sovrannaturale che rendono tutto molto più… complicato, soprattutto per il nostro personaggio che si ritroverà a combattere una guerra fatta più di macchinazioni e complotti che di colpi sparati.
Non che nel titolo manchi la componente action, sia chiaro, si combatte e anche molto, ma non è la punta di diamante del gioco, che da il meglio di sé non solo sotto il profilo del comparto narrativo, ma anche nelle ambientazioni, alcune delle quali, ancora oggi, portano il pubblico ad applaudire e urlare in preda all’hype, dopo aver saputo che in Bloodlines 2 torneranno nuovamente le fogne – uno dei livelli più “entusiasmanti” e amati del gioco.
Giunti ormai alla fine del nostro viaggio alla scoperta del mondo di Vampire the Masquerade – della parte videoludica almeno – non ci resta che congedarci con una speranza, ossia che il team di sviluppo faccia bene il proprio lavoro e possa darci un degno erede di Bloodlines… da giocare, almeno una volta l’anno, per altri quindici anni.