Il nuovo horror spagnolo dal regista di REC è più ambizioso ma decisamente meno efficace
A cinque anni di distanza dall’ultimo episodio di REC, saga che l’ha reso famoso nella scena horror, il regista spagnolo e sceneggiatore Paco Plaza torna con una nuova pellicola finalizzata a spaventare lo spettatore. Un film esclusivo per la sempre più lungimirante piattaforma di Netflix che potete comodamente gustarvi in salotto. Veronica (Sandra Escacena) parla delle vicende dell’omonima protagonista. Una quindicenne che vive con le due sorelle minori e il fratellino, accudendoli tutti i giorni in mancanza della madre single spesso assente per lavoro. Parallelamente ad una quotidianità domestica fatta di non poco stress e responsabilità, Veronica conduce la normale vita di una studentessa liceale. Nascosta nella cantina della scuola, durante un’eclissi solare seguita da professori e studenti nel tetto dell’edifico, Veronica, insieme a due sue amiche, mette in atto un macabro rituale. Cerca infatti di entrare in contatto con il defunto padre, una figura che chiaramente manca molto alla ragazza e di cui senza troppe esplicite manifestazioni, il regista ci fa capire l’importanza. Qualcosa però va storto e le ragazze non sono più sicure di cosa o chi sono riuscite ad evocare.
Paco Plaza mette in scena quindi un horror per certi versi pieno di cliché, a partire proprio dall’espediente che innesca tutte le vicende, la classica tavoletta Ouja usata a sproposito, ma per altri, più atipico e ricco di sfumature rispetto all’horror medio a base di fantasmi e presenze demoniache. L’occhio del regista infatti rimane sempre ben ancorato alla sua protagonista e sul lento degrado del suo stato emotivo. Manifestazioni paranormali si fondono alla luce del sole con patemi legati ad una crescita personale non sempre così soddisfacente. Ombre scure sotto i materassi e tra le pareti, porte che sbattono, oggetti inanimati che prendono il volo senza apparente motivo, sono tutti “drammi nel dramma” che fanno solo da cornice a molte cause di tensione ben più concrete e a misura di adolescente. Il tradimento di un’amica, la solitudine, un senso di inadeguatezza. Sono questo tipo di problemi i veri motivi di tensione per Veronica, che combatte una guerra totalmente isolata, potendo contare solo sui consigli di una inquietante suora cieca, unico personaggio veramente sopra le righe (anche troppo), e potenzialmente intrigante, del film. Figura che comunque ha davvero poco spazio nel film.
L’elemento paranormale in Veronica, purtroppo non convince mai fino in fondo. Un po’ perché rimane troppo ancorato ad una dimensione “onirica” che lo spettatore più smaliziato non potrà fare a meno di vedere come una cosa più simbolica che realmente pericolosa; in secondo luogo perché Paco Plaza semplicemente, forse per risorse limitate (gli effetti speciali sono pochi e poco elaborati), forse per visione autoriale, non riesce mai veramente a portare a casa un vero momento di terrore anche quando vuole essere più esplicito. Non c’è una vera scena al cardiopalma come gli ultimi minuti del primo REC, per capirci. Questo perché inquadrature, tempi, espedienti visivi e reazioni dei personaggi sono francamente troppo prevedibili e non supportati da una messa in scena di reale impatto. La presenza demoniaca di questo film è veramente anonima e poco incisiva, e ogni volta che fa capolino, nel suo essere un po’ patetica e un po’ mossa secondo schemi troppo insipidi e già visti, finisce per smorzare tutto quel crescendo di suspanse che, di tanto in tanto, è avvertibile, ma troppe volte fine a sé stesso. Peccato perché per il resto, non se la cava male il buon Paco, con una regia finalmente libera dalle briglie del mockumentary di esprimersi a dovere. Pacata ma lucida, con anche qualche guizzo, come la capacità di andare a ben descrivere gli anni ’90 in cui è ambientato il film, con scelte stilistiche altrettanto “vintage” (vedasi dissolvenze e sovrapposizioni di montaggio molto retro).
Verdetto
Veronica è un film anche intellettualmente più ambizioso di quello che ci si potrebbe pensare. Un’opera un po’ borderline che vuole tenersi a metà tra l’horror convenzionale soprannaturale e quello psicologico, per lasciare poi lo spettatore libero di interpretare i fatti (a quanto pare realmente accaduti) come vuole, cercando di dare la chiave di lettura che preferisce. Un modo di fare un po’ paraculo che spesso si trasforma in una lama a doppio taglio. Per un film che riesce in questo tipo di operazione con successo, come ad esempio Babadock, ce ne sono altri cento come Veronica che pur cercando di fare qualcosa in più, non sono né carne né pesce, diventano solo noiosi. Esatto, mi spiace, ma Veronica, pur essendo un film diretto dignitosamente, ben interpretato, con delle buone idee, diluisce veramente troppo la narrazione e si perde in un bicchiere ’acqua fatto di banalità proprio nel momento in cui dovrebbe destare maggiormente lo spettatore. Non è un brutto film. I brutti film sono altri. Una visione se la merita tutto sommato vista e considerata la comodità di fruizione per mezzo di Netflix. Chissà magari vi rapirà più di quanto sia riuscito a fare con me.