Come nasce la cultura Mod? Quale peso ha in tutto questo la “nostra” Vespa, protagonista nel corso degli anni anche nel cinema, dal cult Quadrophenia al recente Luca della Pixar?
Probabilmente avrete quantomeno sentito parlare di modernism, ovvero di cultura mod.
Moda, musica pop e britpop, ma anche soul afroamericano, ska giamaicano, beat e R&B britannica, e soprattutto l’ossessione per gli scooter italiani, vespe ma anche lambrette: in sostanza, se avete visto Quadrophenia, film del 1979 diretto da Franc Roddam e tratto dall’omonimo album degli Who, avete già una vaga idea di tutto ciò.
Vespa, simbolo di italianità
Facciamo tuttavia un passo indietro.
L’Inghilterra, lo sappiamo, ha sempre avuto un’attenzione particolare per musica e moda, dando vita a culture e sottoculture in grado di influenzare il mondo intero. Per una volta, però, lo stile italiano ha fatto il suo, contribuendo in maniera determinante allo sviluppo della cultura mod così in voga soprattutto nel decennio ’60-’80, ma che ancora oggi, o almeno fino a una decina di anni fa, aveva molti estimatori in tutta Europa.
A dirla tutta, questa sottocultura nasce in un contesto non semplicissimo, alla fine degli anni ’50 nelle zone di Stepney e Shepherd’s Bush a Londra, sulla spinta della ribellione giovanile che si manifestava nella società dell’epoca. I giovani di quel periodo furono sostanzialmente i primi a non dover contribuire alle finanze familiari coi loro soldi e questo senso di onnipotenza e di libertà causò paradossalmente un desiderio di ribellione aumentando spesso il divario tra adolescenti e genitori.
Le generazioni precedenti avevano sempre vissuto col culto della famiglia, del portare i soldi a casa, mentre i mod potevano finalmente usare il loro reddito per comprare vestiti di marca e alla moda e un mezzo di trasporto, identificato in maniera iconica in quelle lambrette o vespe, che iniziarono ad usare come una sorta di accessorio.
La Vespa entrò nel mercato britannico nel momento giusto.
Ben più facili da acquistare per gli adolescenti rispetto alle automobili, quegli scooter permettevano comunque loro una piena autonomia, la possibilità di girare in lungo e in largo e di tornare a casa dai concerti o dai pub anche dopo l’interruzione del servizio di mezzi pubblici, che in Inghilterra è sempre andato per la maggiore e continua ad essere così.
Quegli incantevoli mezzi a due ruote divennero quindi un accessorio nevralgico di un sottocultura e dell’appartenenza ad un macrogruppo, e i mod iniziarono a personalizzare le vespe e le lambrette con vernici cromate, specchietti retrovisori aggiuntivi e tante altre chincaglierie, tra cui chiaramente il logo identificativo del movimento, ovvero il simbolo della Royal Air Force (l’aeronautica militare del Regno Unito), spesso presente sui loro mezzi a due ruote ma anche sui giacconi Parka.
A partire dagli anni ’60, nel giro di poco tempo, quella sottocultura si trasformò in un fenomeno di massa, mainstream. Le star britanniche del cinema si aggrapparono all’immagine “alla moda” del modernism, e iniziarono anche loro a farsi vedere sulle Vespe, e in men che non si dica anche a Hollywood fecero lo stesso. Gregory Peck, Henry Fonda, Audrey Hepburn e tante altre altre stelle del cinema e dello star system di quel periodo contribuirono alla celebrità di quei mezzi italiani, esportando il brand in tutto il mondo senza tuttavia fargli perdere quel forte senso di italianità. E così, allo stesso modo possiamo vedere nel cinema quei mezzi a due ruote protagonisti di film con una importante brit base, come appunto il citato Quadrophenia, restando un simbolo identificativo del Belpaese invece in film come il recentissimo Luca della Pixar, in cui la Vespa è una vera protagonista.
Ad oggi infatti il più grande mercato della Vespa resta l’Italia, ma il Regno Unito è ben ancorato al secondo posto, e ad un certo punto negli anni ’60 ci avevano persino superato, per poi tornare nei ranghi (evidentemente, di pastasciutta ne devono mangiare ancora un bel po’ – cit.)
Col tempo, come spesso accade alle sottoculture e alle mode, il modernism perse i suoi poteri, ma non del tutto, vivendo alla fine degli anni ’70 un mod revival, chiamato anche mod 79, che si espanse dal Regno Unito in tutta Europa e in Nord America nei primi anni ottanta, per poi sopirsi di nuovo e rilanciarsi in una terza ondata mod, in particolare negli anni ’90.
Ancora oggi però non è così raro – in Inghilterra ma anche in Italia – imbattersi in convinti esponenti del genere, con quei look tipici e rigorosamente in sella alle due ruote.
Quello che probabilmente definiva il Modernism era il consumismo spasmodico, per cui ciò che era in poteva diventare out nel giro di poche settimane, o viceversa. Solo una cosa restò sempre un simbolo identificavo del movimento e non ci riferiamo al sovracitato logo della RAF ma proprio alla Vespa.
Il mercato del mezzo italiano non si è arrestato a prescindere dalla cultura del modernismo e ha proseguito a farsi strada anche nel cinema, in tantissimi film di produzione nostrana ma anche e soprattutto inglese e americana, fino al più recente Luca della Pixar, che certo non ha nulla a che vedere con la Mod culture però è un simbolo di italianità nel mondo e un forte punto di contatto tra la nostra cultura e le altre, nonché un modo per identificarci che può renderci orgogliosi. Di sicuro più dell’ormai inflazionato chef’s kiss.