Cos’è il videogame? Perché è così importante per la cultura popolare?
Quando si parla di videogiochi in genere ci si sofferma sull’oggetto che vediamo davanti allo schermo, parliamo delle storie che raccontano, delle avventure che abbiamo vissuto con essi e delle sfide affrontate. Il videogioco però va oltre ciò che c’è sullo schermo. È arte, è cultura, è sviluppo tecnologico, ma soprattutto, è intrattenimento. Ed è proprio su come il videogame ha ridefinito il concetto di intrattenimento che oggi ci soffermiamo, andando a prendere in analisi il testo “Videogame. Una piccola introduzione”, di Roberto Semprebene e Dario Edoardo Viganò, che in questo terzo appuntamento della rubrica, ci portano all’interno dell’industria del gioco, uno dei più importanti mercati del mondo. Il libro in questione è un piccolo volume di quasi duecento pagine, una piccola introduzione, per l’appunto, adatta tanto a chi conosce il mondo del videogioco quanto a chi non ne capisce nulla, grazie ai continui esempi e riferimenti. Forse però la prima categoria potrebbe trovare il testo troppo riduttivo e semplificato, ma per l’appunto vuole essere un’introduzione, sta voi in seguito approfondire ciò che andrete a leggere.
Il primo dei tre capitoli di cui è composto il libro si apre con una domanda: che cos’è un videogame? La prima risposta che ci viene data è che il videogame è un medium, un mezzo per veicolare contenuti. Ciò che lo differenzia però da altri medium come libri o cinema, è la necessità di interazione da parte dell’utente. In realtà ci viene fin subito chiarito che questa non è altro che una definizione semplificativa, perché quello del videogame è uno strumento versatile e mutevole, che in pochi anni dalla sua nascita ha vissuto e sta vivendo una continua evoluzione, per questo dare una sola definizione standard di videogame è pressoché impossibile. Semprebene allora cerca nuove domande a cui rispondere, e trova quella infine quella più complessa: perché giochiamo? A differenza della precedente, questa una risposta ce l’ha, seppur sfaccettata e molte volte soggettiva. Tramite il gioco possiamo vivere, in totale sicurezza, una moltitudine di emozioni, e per citare direttamente il libro: “giochiamo a nascondino per sentire la paura e l’ansia del rischio di essere trovati, o la tensione del cercare e trovare”. Giochiamo per metterci alla prova, per affrontare le nostre capacità mettendo alla prova riflessi, coordinazione, volontà e capacità di problem solving.
Si cambia quindi argomento, cosa che avviene spesso nel libro e molte volte in maniera eccessivamente brusca, e si parla delle storie, della narrativa all’interno di un videogioco e di come questa possa essere tanto il centro di un videogame, come in The Witcher o ancor di più, ad esempio, come Detroit: Become Human, quanto talmente superflua da essere omessa, come in Tetris. La narrazione ha portato quindi a distinguere un gioco dall’altro, e alcuni stili narrativi, che siano narrazioni attive o passive legate al gameplay, hanno spianato la strada per una analisi artistica del videogioco; questo può essere infatti analizzato artisticamente, sia come somma dei singoli elementi che dividendolo in più parti, come la grafica o la colonna sonora, e grazie a questa nuova consapevolezza del medium, oggi possiamo parlare di videogioco come opera autoriale, citando nomi come Kojima, David Cage o Shigeru Miyamoto.
Nuovo cambio di argomento che ci porta nel dettaglio sulla storia dell’industria videoludica, un mercato che come ci viene detto, al 2015 fatturava 74.2 miliardi di dollari, la cui fonte principale è il mercato mobile. È interessante osservare come questi dati si siano evoluti nel tempo e siano stati notati da grandi nomi che ora puntano molto su questa tipologia di mercato, basti pensare al recente annuncio di Diablo Immortal da parte di Blizzard, e alle recenti dichiarazioni di Shuntaro Furukawa, presidente di Nintendo, che punta molto sul mobile.
Dopo una breve panoramica sui dati di vendita e sul mercato, si passa a narrare la storia dei videogiochi, dai primi esperimenti creati a scopo accademico come Tennis For Two (1958) e Spacewar! (1961), fino all’attuale generazione di console – esclusa Switch dato che la pubblicazione del volume è antecedente a quella della console Nintendo. Tutto viene analizzato sotto un punto di vista economico, si parla di cifre, dati di vendita, e di come il mercato e l’evoluzione delle tecnologie abbiano spinto il gaming ad evolvere, ma anche di come questo in alcuni casi abbia contribuito all’evoluzione tecnologica.
Concluso il primo capitolo curato interamente da Roberto Semprebene, si entra nella sfera della psicologia e della sociologia, con Dario Edoardo Viganò che ci introduce uno dei discorsi più amati dal pubblico disinformato, ovvero quello sul videogioco come causa dei comportamenti violenti. A dirla tutta, questo è il capitolo più debole di tutto il libro. Viganò si limita a riportare una serie di studi di scienziati ed educatori che mettono in risalto gli aspetti positivi del videogiocare, vengono presentati ricerche ed esperimenti in molti casi interessanti, ma rimane comunque una lista, un punto di partenza su cui è necessario indagare oltre per approfondire il discorso, inoltre la lettura di un elenco di tesi su questo frangente risulta a tratti pesante ed eccessivamente didascalica.
Non tutto però viene per nuocere, infatti nella conclusione del capitolo Viganò arriva a porre un’interessante riflessione sulla situazione dell’Italia, in cui la cultura del videogioco è vista dalle masse, e soprattutto dalla politica, come qualcosa di banale se non addirittura nocivo, mentre nel resto del mondo un mercato tanto ricco e pieno di opportunità sta prendendo posizione e viene sempre più sfruttato.
Ritorna Semprebene per l’ultimo capitolo, che ci parla della cultura del videogioco e della crossmedialità. Il capitolo analizza come il videogioco abbia influenzato il cinema, i libri, la musica, e come a loro volta questi medium abbiano influenzato il videogioco. Per fare alcuni esempi possiamo prendere la serie dei libri di Tom Clancy, da cui è nato un vero e proprio brand videoludico, oppure i vari film derivati dai videogiochi come la saga cinematografica di Resident Evil, o ancora, World of Warcraft, da cui sono nati svariati libri e un film. Ci viene mostrato tramite i vari esempi come viviamo in un’era in cui la crossmedialità è fondamentale e influenza qualsiasi cosa, tanto che persino un’attrazione all’interno del parco divertimenti di Disney World ha influenzato il cinema dando vita alla saga dei Pirati dei Caraibi.
Nonostante qualsiasi cosa possa influenzarne un’altra ed essere presente all’interno della stessa, il medium videoludico resta un mezzo eccezionale, poiché è l’unico che attualmente racchiude in sé tutti gli altri medium e aggiunge il fattore dell’interazione, per cui lo spettatore non è più passivo, ma vive l’esperienza in prima persona. Citando nuovamente Semprebene: “Di un film o di uno spettacolo televisivo si parla necessariamente in terza persona, di un videogioco si parla come fosse, e di fatto lo è, un esperienza personale”.
Dopo una piccola parentesi sul videogioco entrato prepotentemente nella cultura pop, si cambia nuovamente e drasticamente argomento, concentrando l’attenzione sui videogiochi mobile, sulla realtà virtuale e sul futuro del gaming. Molto interessante in particolare è la parte relativa alla storia del videogioco su telefono, nato con Scramble sul Simon della IBM nel 1994. Quello del mobile gaming è sempre un argomento spinoso, per cui il “videogiocatore puro” spesso si sente addirittura offesa. Ormai però bisogna farsene una ragione, e di conseguenza bisogna ripercorrerne le origini ed inserirle all’interno della storia del videogioco, tanto più che un terzo del mercato videoludico è in mano a questo specifico settore.
Videogame. Una piccola introduzione è un testo con alti e bassi, e con una debolezza strutturale nella parte centrale curata da Dario Edoardo Viganò, allo stesso tempo però assolve al suo compito di fornire un’introduzione a quello che è il mondo videoludico al di là dello schermo. Peccato solo per la gestione dei capitoli, che rende la lettura un po’ troppo spezzata lì dove qualche capitolo in più avrebbe di certo guidato meglio il ritmo. Se comunque siete interessati ad un’infarinatura generale su temi quali storia del videogioco, studi vari sui suoi effetti positivi e soprattutto sul mercato videoludico, questo è sicuramente un ottimo punto di partenza.